Al summit dì Cernobbìo vìncoli europei sotto accusa di Francesco Manacorda

Al summit dì Cernobbìo vìncoli europei sotto accusa PREMIER, MINISTRI, GRANDI MANAGER E BANCHIERI A CONFRONTO AL WORKSHOP AMBROSETTI. RAFFARIN: VOGLIAMO UN PATTO PER LA CRESCITA Al summit dì Cernobbìo vìncoli europei sotto accusa Tremonti: troppe regole, Usa più flessibili Francesco Manacorda inviato a CERNOBBÌO' Molte paure, molti «motivi di forte allarme», come li definisce il Commissario europeo Mario Monti, e pochissime risposte rassicuranti. A Riva del Garda, 200 chilometri di distanza, si incontrano i ministri degliEsteri dei Quindiciper discutere della costituzione che l'Europa si dovrà dare. Qui al seminario Ambrosetti di Villa D'Este va invece in scena qualcosa di molto più concreto, una sorta di minivertice europeo all'insegna dello scontento e della paura, in certi casi anche del risentimento verso Bruxelles. Paura della «deindustrializzazione» del continente, come la mette giù piuttosto dura il primo ministro firancese Jean-Pierre Raffarin difendendo l'iniezione di capitah fatta dal suo governo alla Alstom; paura di un'Europa che legifera su colore e dimensione delle cipolle attacca sarcastico il ministro dell' Economia Giulio Tremonti - e che sembra lavorare a un'enonne «tela di Penelope. Di giorno si pensa alla competitività, (fi notte si tesse una coltre che soffoca l'economia del continente. E' diffìcile competere in questo contesto». Paura, in sintesi, di un'economia europea che appare sempre più staccata da quella statunitense, con una produttività del lavoro che come illustra Monti è inferiore del 2007o, e un quadro - il «contesto istituzionale» di cui parla Tremonti - concentrato su temi che ai governanti appaiono lontani dai problemi dei loro cittadini ed elettori. Primo fra tutti, naturalmente, quel Patto di stabilità che i grandi azionisti dell'Europa si avviano comunque a infrangere senza troppi patemi. In questo consesso che per avere conforto sulle sorti dell'Unione europea si rivolge non ai politici ma all'Arcivescovo di Parigi Jean-Marie Lustiger e per spiegare la «nuova era del capitalismo» interpella un giapponese come Yotaro Kobasyashi, a capo della Fuji Xerox, a un'americana come la mitica presidente della Hp Carly Fiorina e un solo europeo, quel Derek Higgs che consiglia il governo britannico sulla corporate govemance, l'unico portatore di certezze è il presidente spagnolo José Maria Aznar, sicuro delle sue riforme economiche così come della necessità - lo ribadisce ancora ieri parlando di fronte al premier turco Erdogan - di inserire il richiamo alle origini cristiane del continente nella Costituzione. Non a caso spetta a lui concludere il dibattito con un round di speranza intitolato «Stabilità e riforme per un'Europapiù forte». Per il resto è il vertice degli scontenti. Come Tremonti, che attacca le «due criticità» dell'Europa, cioè r«eccesso di welf arismo e quello di mercatismo», che porta i Quindici a perdere regolarmente la gara con un'economia più agile come quella Usa e allo stesso tempo a rifiutare misure come gli aiuti alle linee aeree che invece «negli Usa vengono accettati». Ma agli Usa, Tremonti invidia anche altro, ad esempio il biglietto da un dollaro. In serata, parlando a «Porta a Porta» il ministro rilancia a sua idea del biglietto da un euro «che non serve solo a pagare un caffè», ma è anche «la proiezione intemazionale di una moneta». Scontento anche il francese Raffarin, che arriva a Cernobbio preceduto dalle notizie dello sfondamento del 30Zo di deficit previsto dal Patto di stabilità. Qui i toni sono più bevi di quelli usati a Parigi, ma ia sostanza non cambia. «Non c'è alcuna ambiguità - dice - sulle scelte della Francia in materia di disciplina economica. Noi non mettiamo in discussione il Patto di stabilità e di crescita, ma vogliamo piuttosto un patto di crescita e stabilità». Sottigliezze semantiche che secondo il primo ministro si giustificano perché «la crescita porta la stabilità, ma la stabilità non sempre porta la crescita» e che tradotte in pratica significano che «siamo d'accordo sulla riduzione del deficit, ma del deficit strutturale. Questa è la prima tappa, poi grazie ai risultati della crescita arriveremo anche a ridurre il deficit nel suo complesso». Una scelta che Tremonti considera «discutibile», ma comunque «non da demonizzare» anche perché nel Patto «è previsto un caso di questo genere». Tocca a Monti gettare il seme dell'ottimismo. Certo, «in Europa è necessario essere lucidi e quando è necessario spietatamente autocritici, e le occasioni non mancano», certo il percorso delle riforme deciso a Lisbona oltre tre anni fa segnala «ritardi pericolosi», ma ricordano i quattro traguardi raggiunti dall'Europa - mercato e moneta unica, allargamento e Costituzione - il Commissario mette in guardia da scetticismi troppo faci¬ li: «Sarei molto sorpreso se nel medio termine tutto ciò che è stato fatto non portasse anche alla crescita economica». E l'eterno duello tra la crescita e il Patto di stabilità? Monti, si sa, non è un'estimatore degli automatismi che hanno spianato la strada verso l'euro e anche adesso ne parla già al passato. «D Patto ha adempiuto esattamente alla funzione per cui è stato creato, cioè dare fiducia alle opinioni pubbliche europee sull'ingresso nell'euro di paesi che non avevano una storia di stabihtà». «Uno strumento sempbce e un po' rudimentale - lo definisce - ma finché le regole esistono vanno applicate per tutti». Il responsabile dell'Economia rilancia la banconota da 1 euro: aiuterebbe a combattere meglio l'inflazione li ministro dell'Economia Giulio Tremonti ieri al workshop Ambrosetti di Cernobbio