La Casa Bianca annaspa, poi rilancia la «Road Map» di Paolo Mastrolilli

La Casa Bianca annaspa, poi rilancia la «Road Map» La Casa Bianca annaspa, poi rilancia la «Road Map» Un primo intervento molto laconico, poi in serata un generico impegno a insistere sulla strada della pace Paolo Mastrolilli NEW YORK Solo venerdì sera, parlando alla George Washington University, il segretario di Stato Colin Powell aveva esaltato Abu Mazen e criticato Arafat come un ostacolo per la pace. Questo non significa che le dimissioni del premier palestinese abbiano colto di sorpresa gh Usa, ma dimostra il colpo forse fatale dato alla Road Map del presidente Bush. Infatti il primo commento venuto dal dipartimento di Stato è stato molto laconico: «I nostri rappresentanti nella regione sono in contatto con le parti». Poi fonti della Casa Bianca hanno rivelato che lo stesso Powell e la consigliera Rice erano al telefono, per vedere se esistesse la possibilità di resuscitare la leadership di Abu Mazen. «Noi - ha detto poi il portavoce di Bush - speriamo che la legislatura palestinese continui ad agire in modo da dare al premier la forza per combattere il terrorismo e offrire una vita mighore alla gen¬ te. La creazione della carica di primo ministro era un punto di svolta per l'Autorità, nello sviluppo di nuove istituzioni che servano tutta la popolazione, non solo pochi corrotti macchiati dal terrore. Il premier deve essere sostenuto da un gabinetto impegnato a combattere il terrorismo, fare le riforme politiche e sradicare la corruzione. In questo momento critico tutte le parti devono considerare con attenzione le conseguenze delle loro azioni. Noi restiamo impegnati ad applicare la Road Map». Bush, marcando una differenza netta da Clinton, non ha mai incontrato Arafat, e nel giugno del 2002 aveva detto che non avrebbe più trattato con lui e che voleva un nuovo leader. Nell'aprile di quest' anno ha ottenuto il suo risultato con la nomina di Abu Mazen, che ha subito incontrato in Medio Oriente e poi il 25 luglio alla Casa Bianca. L'amministrazione aveva puntato tutto sul «Karzai palestinese», per isolare Arafat e far rinascere un processo di pace che dopo la caduta di Saddam doveva diventare più accettabile anche per il premier israeliano Sharon. In realtà, secondo l'ex inviato della Casa Bianca Dennis Ross, Washington non aveva offerto ad Abu Mazen tutte le risorse necessarie per fare la differenza sul terreno, ma il sostegno politico era indiscusso e lo aveva confermato Powell la sera prima delle dimissioni. «Questa - aveva detto il segretario commentando la leadership del premier - è la strada per ricostruire la società e l'economia palestinese su basi solide, dando beneficio a tutti. Questa è la via verso uno Stato palestinese». Quindi aveva puntato il dito contro gh ostacoh: «Purtroppo Arafat non ha svolto un ruolo utile. Non è stato un interlocutore per la pace negli anni. Le sue azioni non fanno progredire le parti sulla strada della pace. Hamas e la Jihad islamica devono essere isolate. Tutta la comunità intemazionale deve agire in questo senso, dichiararle organizzazioni terroristiche, e tagliare i finanziamenti». Poi aveva rilanciato la Road Map, richiamando entrambe le parli al suo rispetto: «Noi dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi. Debbiano premere su entrambe le parti affinché facciano tutto il possibile per arrivare al punto in cui israeliani e palestinesi possano vivere fianco a fianco. Servono due persone per fare la pace, ma ne basta una per impedir- la. Se una delle due parti volterà le spalle alle sue obbligazioni della Road Map, entrambe scivoleranno in una fossa o cadranno da un dimpo. Né i palestinesi, né gh israeliani condividono tutto della Road Map, ma nessuno ha un'alternativa praticabile e mighore. La Map è solida e noi la sosteniamo. Sappiamo che i viaggiatori raggiungeranno la destinazione comune della pace, se la seguiranno». Il problema di Washinton ora è come tenere accese queste speranze, dopo aver giocato tutte le sue carte su Abu Mazen. Il «New York Times» ha scritto che le dimissioni potrebbero essere una manovra per premere su Arafat, e quindi spingerlo a richiamare il premier o nominarne uno nuovo, dando però stavolta i poteri che finora ha tenuto per sé, a cominciare dal controllo completo delle forze di sicurezza. Tom Ridge, ministro della Homeland Security, ha detto che «le dimissioni di Abu Mazen provocheranno ritardi, ma non tratteremo con Arafat». Fonti palestinesi hanno rivelato al «Times» che gli americani avevano minacciato di abbandonare la Road Map se Abu Mazen fosse caduto, e la prima prova verrà dal viaggio che il vice segretario di Stato Armitage aveva in programma nella regione la settimana prossima, mentre l'assistente John Wolf è già sul terreno a mediare. Questa sera Bush parlerà in tv alla nazione, con l'obiettivo di difendere la hnea in Iraq e convincere gli altri Paesi a collaborare. Ma ora si ritrova tra le mani anche le dimissioni di Abu Mazen, su cui aveva investito tre anni di politica mediorientale, e molti temono proprio che l'Iraq e la campagna presidenziale lo distraggano dalla Road Map. «La creazione della carica di primo ministro era un punto di svolta. In questo momento critico tutte le parti devono considerare con grande attenzione le conseguenze delle loro azioni» Bush ha dovuto riscrivere il discorso di oggi dopo gli sviluppi in Medio Oriente

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