Effetto Francia per Eurolandia «ll deficit è oltre il 3% del Pil»
Effetto Francia per Eurolandia «ll deficit è oltre il 3% del Pil» PER LA PRIMA VOLTA, LA MEDIA DEI PAESI EURO VIOLA IL PATTO DI STABILITÀ Effetto Francia per Eurolandia «ll deficit è oltre il 3% del Pil» Clima sempre più teso alla vigilia del referendum svedese sull'euro Parigi precisa: «Rispetteremo le regole, ma lo sviluppo viene prima» Enrico Singer Inviato a STRASBURGO Il 2003 si annuncia anno nero per i conti pubblici di Eurolandia. Per la prima volta da quando esiste il Patto di stabilità e di crescita, il tetto del 3 per cento di deficit potrebbe essere superato dalla media di tutti i dodici Paesi della zona euro. L'allarme è ufficiale. Lo ha lanciato ieri il portavoce del commissario agli Affari economici, Fedro Solbes, mentre a Strasburgo si riuniva la Commissione in contemporanea con la ripresa dei lavori dell'Europarlamento e il rischio di un profondo rosso nei bilanci ha reso subito cupo il clima del rientro. Anche perché tra meno di due settimane - domenica 14 settembre - gli svedesi voteranno per il referendum sull'ingresso del loro Paese nell'euro e le previsioni di ieri hanno avuto l'effetto di una doccia fredda aumentando le possibilità di una vittoria del «no» alla moneta comune. All'origine di tutte queste preoccupazioni c'è il dato diffuso a Parigi sul deficit pubblico francese che potrebbe raggiungere quest'anno il 4 per cento. Un record negativo senza precedenti. «La Commissione non ha ancora ricevuto una comunicazione delle autorità francesi - ha detto il portavoce, Gherassimos Thomas - ma abbiamo preso nota delle stime del ministro delle Finanze secondo cui il deficit nel 2003 sarà pari al 4 per cento del Pil. Se questa cifia si rivelerà esatta, rappresenterà un aumento importante rispetto al 3,4 per cento che era stato indicato nel programma di stabilità». Al dato francese, poi, si aggiunge quello tedesco: anche la Germania prevede un deficit che potrebbe toccare il 3,8 per cento che è superiore a quello indicato nel programma di stabilità. Le due maggiori economie europee, insomma, sono in gravi difficoltà. La somma di questi due sferamenti del tetto eh Maastricht e il peggioramento dei conti pubblici in altri Paesi avrà l'effetto di portare la media del deficit di Eurolandia sopra il 3 per cento. Le ultime stime della Commissione avevano fissato la media del deficit al 2,5 per cento: già preoccupante, ma comunque all' intemo dei limiti del Patto. Tra i Paesi che prevedono un peggioramento dei loro conti c'è il Portogallo che ha appena rivisto le sue stime attorno al 2,8 per cento. Proprio ieri a Bruxelles sono arrivate da Roma le tabelle sui conti pubblici italiani che fissano il deficit al 2,3 per cento sia per il 2002 che per il 2003. Il dato del 2003 è lo stesso contenuto nel Dpef, ma le stime-obiettivo sono già in via di revisione da parte del ministero dell'Economia perché il dato era fondato sull'ipotesi di una crescita del pil dello 0,8 per cento che ormai viene valutata non oltre lo 0,4 0,5. Su tale base, il deficit nominale salirebbe a circa il 2,7 per cento. Il deficit italiano, quindi, rimarrebbe all'interno dei parametri di Maastricht anche nel caso di revisione. Ma l'impennata francese e il non miglioramento dei conti tedeschi sono un colpo troppo forte per il complesso di Eurolandia. Entro il 3 ottobre le autorità di Bruxelles si attendono da Parigi l'elenco degli impegni per ridurre il deficit. Il ministro francese per gli Affari europei, Noelle Lenoir, tuttavia, ha già tenuto a precisare che «sarà diffìcile» riportare il livello del deficit della seconda economia d'Europa entro i parametri Uè. E il ministro delle Finanze di Parigi, Alain Lambert, ha sottolineato che la Francia «tiene in gran¬ de considerazione il Patto di stabilità», ma che la priorità del governo è di «promuovere il rilancio della crescita, confermando un taglio delle tasse nella Finanziaria 2004». «Quello che era un problema francese o tedesco è diventato un problema europeo» è stato il commento del presidente del gruppo liberale dell'Europarlamento, Graham Watson, che ha segnalato come questa situazione pesi sulla campagna elettorale per il referendum in Svezia sull'adozione dell'euro. Lo ha ammesso anche il primo ministro svedese, Goran Persson che, in un'intervista al «Financial Times», ha accusato Francia, Germania e Italia di «non avere fatto abbastanza» per mettere ordine nelle proprie finanze. «Se questi Paesi si fossero comportati come la Svezia, la Finlandia e la Gran Bretagna nel corso degli anni '90 - osserva il premier di Stoccolma - non ci troveremmo nella situazione attuale». Persson insiste comunque sulla necessità di convincere gli svedesi a votare «sì» all'euro il prossimo 14 settembre: «Sappiamo dall'esperienza del referendum del 1994 sull'adesione alla Uè che il 32 per cento degli svedesi ha deciso nell'ultima settimana». Oggi le stime assegnano il 43 per cento ai «no», il 36 per cento ai «si» e il resto agli indecisi. Il risultato di questo referendum arriverà il giomo dopo la conclusione del vertice Ecofin informale che si terrà a Riva del Garda il 12 e il 13 ed avrà un peso sul dibattito sul futuro del Patto di stabilità che pur tra tante smentite ufficiah continua nella Uè. Con la voce, sempre più insistente, di un asse franco-tedesco per allentarne i vincoli. Il premier di Stoccolma accusa Italia e Germania «Se questi paesi si fossero comportati come noi e la Finlandia negli Anni Novanta non saremmo oggi in queste condizioni» I commissario europeo agli Affari Monetari Fedro Solbes e Romano Prodi
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