vory fa ramericano a Parigi di Simonetta Robiony

vory fa ramericano a Parigi vory fa ramericano a Parigi E Sofia COPPOla SÌ perde nell'Ordilie implacabile di TokyO B Simonetta Robiony inviata a VENEZIA James Ivory, grande raccontare sullo schermo di storie tratte da libri come «Camera con vista», «Quel che resta del giomo» «Casa Howard», con «Il divorzio» dal romanzo di Diane Johnson parla della Parigi di oggi, vista da una ragazza americana, l'attrice Kate Hudson. Sofia Coppola, esordiente di lusso con «D giardino delle vergini suicide», su soggetto e sceneggiatura assolutamente suoi, nel film «Lost in traslation» racconta Tokyo vista da due americani: Scarlett Johansson e Bill Murray. Entrambi hanno fatto commedie. Lui è un signore anziano molto chic che con l'amico di sempre, l'indiano Ismail Merchant, pare uscito fresco fresco da un romanzo di Forrester. Lei, figlia del grande Francis Ford Coppola, è una bruna formosa che si occupa anche di disegnare borse, vestiti, top e quant'alb u. Ivory a Parigi ci va da quand'era ragazzo essendo stato suo padre un cultore della grandezza francese. Lei a Tokyo c'è andata solo per lanciare la sua linea di moda. Lui ha fatto un film tradizionale, anche se di grande attualità dopo che francesi e americani, per la guerra in Iraq, sono arrivati ai ferri corti e gli americani hanno buttato nei fiumi gli stupendi vini francesi sentendosi traditi. Lei ha fatto un film accolto con una ovazione alla Mostra da cinefili appassionati che l'hanno giudicato perfetto. Lui arriva con il folto contorno dei suoi interpreti tra cui Thierry Lermitte, Naomi Watts, Lesile Caron, la mitica «Gigi)) di un tempo, e Kate Hudson, la figlia di Goldie Hawn cui somiglia molto. Lei arriva con gli interpreti della sua storia. Parlano tutti, in questa Mostra affollata di divi e autori, funestata da un doppio concorso, «Venezia 60» e «Controccorente» che addensa film e titoli, per non dire dei corti, i medi, i fuori-poco, i super-filmoni piazzati qua e là, in ogni ora del giomo e della notte. Ivory ama la Francia. E lo dichiara. «Questa presunta tensione tra i due paesi per ragioni politiche mi auguro finisca presto. Del resto la politica occupa solo una parte e non la maggiore dei nostri pensieri. Quando si toma da un viaggio a Parigi si parla più di cibo, alberghi, clima che della posizione del governo». Lui, in Francia, non ha mai avuto spiacevoli incidenti, fastidiosi equivoci, incontri rovinosi. «Certo i francesi sono orgogliosi della loro cultura, della loro cucina, del loro buon gusto, ma tanto gli americani come i francesi, oggi, al primo posto, mettono la voglia di far soldi. E questo li rende più uguali come racconto nel mio Anche Kate Hudson e Lesile Caron hanno qualcosa da dire. La Hudson, bionda e con un gran pancione segno di prossima maternità, dabrava americana, nonostante sia mattino, è vestita in un lungo color pesca, con pendagli di madreperla alle caviglie e infiniti anelli alle dita. Lesile Caron, quintessenza dello stile francese, è in lino bianco senza fronzoli. In questa estate che non finisce mai, la Hudson ha caldo e si sventola con l'abito tra le gambe. Anche Caron ha caldo ma resta immobile a soffrire detergendosi, appena, la fronte con un fazzolettino. «Per me - dice Hudson - girare a Parigi, questa città piena di bellezza e di arte, avendo a fianco mio marito che mi faceva sentire tutto il suo amore è stato terribilmente romantico». «Vorrei ricordare a Kate e a tutte le ragazze americane come lei - dice invece Caron - che è vero che Parigi è ricca di arte e bellezza. Una città romantica. Ma i parigini non sono romantici. Pensano al denaro e a come fame di più. A essere alla moda e a svagarsi. Alla scalata sociale. A divertirsi con donne giovani e belle». Fine della lezione. Sofia Coppola racconta invece di aver scelto il Giappone per la sua estraneità totale con l'occidente, forse perchè occidente non è. «Dopo l'atmosfera tragica del mio primo film avevo vogha di una commedia, amara ma divertente e il Giappone con quel ritmo di vita accelerato m'è parso il posto migliore per ambientara. Ci si può sentire soli e smarriti in un grande albergo di Tokyo, annegati in una cortesia squisita che non comprendiamo». Anche Bill Murray prova a spiegare il Giappone: «E' diverso, incomprensibile, lontano. Come il sakè è diverso dal whisky: col whisky senti che stai ubriacandoti, col sakè vai vanti finche non ragioni più. Nessuno di noi può capire una parola. Con l'italiano ci si arrangia: c'è il latino, c'è il greco, c'è almeno l'alfabeto. Là niente. Sorridono ma non è mai chiaro se lo fanno per gentilezza o se stanno preparandoti un tiro mancino. E poi le strade non hanno nomi. Dico, 10 milioni di abitanti in una città senza indirizzi! Come si fa? Devi solo aver fede, in Giappone, e sperare che la comune umanità ti preservi da ogni pericolo».