UCCIDE LA QUALITÀ di Mario Fortunato
UCCIDE LA QUALITÀ IL DECRETO URBANI SUI FINANZIAMENTI AL CINEMA UCCIDE LA QUALITÀ Mario Fortunato IL ministro Urbani ha deciso di cambiare le regole che sovrintendono al finanziamento pubblico del nostro cinema e annuncia un apposito decreto. Urbani aveva due possibilità davanti a sé: optare per una totale deregulation, secondo il modello statunitense (nessun contributo dello Stato, il mercato che decide), oppure - ed è quello che ha fatto - ritoccare il sistema precedente, di tipo europeo, che prevedeva finanziamenti fino al 70-8096 del costo previsto, se il film veniva considerato di «interesse culturale nazionale» da un'apposita commissione. Per qualche anno, insieme a Dacia Marami, Gian Piero Brunetta, Mario Verdone, Oreste De Fornari, David Grieco e Giulio Bassi, ho fatto parte di quella commissione. Di sicuro avremo commesso degli sbagli ma direi che abbiamo cercato di dare un'interpretazione il più possibile attenta dei pur vaghi criteri di «artisticità» con cui ci siamo trovati a fare i conti. E col senno di poi, qualche merito della recente rinascita del nostro cinema ci andrebbe pur riconosciuto. Il primo cambiamento che il decreto Urbani introduce è il taglio al tetto del finanziamento. Dal 70-9096 di ieri al 50 di oggi. E' una buona cosa. Finora, non di rado i produttori finivano col gonfiare i loro preventivi, e il risultato era che lo Stato copriva l'intero budget del film. Il che significava una tale deresponsabilizzazione del produttore medesimo: il quale, non investendo un soldo in proprio, non investiva neppure nel prodotto finale. Tutto bene, quindi? No. Un secondo intervento del decreto Urbani fa sparire infatti ogni criterio (per quanto vago) di «culturalità» e ne introduce uno squisitamente economicistico. Il decreto parla di «reference system». Dietro l'espressione inglese, si cela un principio che, applicato a dei prodotti culturali, è - spiace dirlo - semplicemente insensato. In pratica si tratta di questo: i contributi statali d'ora in poi saranno attribuiti non in rapporto alle presunte qualità artistiche di un film ma in base alla solidità economica della produzione che gli sta dietro. Ora però il senso del finanziamento pubblico sta tutto nell'aiutare a far nascere e fiorire proprio quei prodotti che non hanno alle spalle budget miliardari. Per capirsi: i film di Aldo Giovanni e Giacomo o di Roberto Benigni non hanno bisogno di sostegni statali, perché trovano sul mercato e nel mercato i soldi che servono a realizzarli. E' il cinema indipendente, nuovo, non commerciale ad aver bisogno di aiuto. E questo il decreto Urbani lo condanna a morire d'asfissia, incoraggiando casomai una inondazione di commediacce facili facili. Ma allora, piuttosto che togliere ai poveri per dare ai ricchi, non sarebbe stato più coerente abolire ogni finanziamento?
Persone citate: Aldo Giovanni, David Grieco, Gian Piero Brunetta, Giulio Bassi, Mario Verdone, Oreste De Fornari, Roberto Benigni
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