Corea del Nord l'ultima sfida del satrapo rosso di Aldo Rizzo

Corea del Nord l'ultima sfida del satrapo rosso Corea del Nord l'ultima sfida del satrapo rosso Aldo Rizzo cinesi, padroni di casa del negoziato, ce l'avevano messa tutta. Avevano persino ottenuto che i sei capi-delegazione (quelli delle due Coree, del Giappone, della Russia e degli Stati Uniti, oltre che della Cina) si facessero fotografare come i componenti di una squadra sportiva votata alla vittoria, a semicerchio e con le mani congiunte al centro come una cosa sola. Ma, quando al tavolo esagonale si è cominciato a discutere, si è capito quasi subito che i nordcoreani, sotto pressione per il loro dichiarato programma militare nucleare, non intendevano fare concessioni. E le riunioni sono finite venerdì con un solo appiglio alla speranza, l'intesa di rivedersi e di tornare a parlare. Un appiglio durato meno di ventiquattr'ore, perché sabato il governo di Pyongyang ha dichiarato di non essere più interessato a nuove trattative e di voler proseguire comunque nel suo programma nucleare. E' possibile che i nordcoreani cambino di nuovo idea, è successo in passato, ma si fa strada ormai l'impressione che il contenzioso con l'ultimo regime stalinista al mondo sia davvero «intrattabile». E dunque la Corea del Nord come «l'altro Iraq»? E dire che doveva essere in realtà r«anti-Iraq», nel senso che l'America non ha mai pensato in questo caso a un attacco unilaterale, ma ha fin da principio messo in moto una pressione politica multilaterale, centrata sulla Cina. Però anche questa sembra ormai aver esaurito le sue «chances». Sull'ultimo numero àiForeign Ajfairs, due grandi esperti di problemi dell'Asia, i due ex amba- sciatori Abramowitz e Bosworth, hanno cercato di rispondere al perché un piccolo e poverissimo paese, forte solo di un avanzato programma nucleare e missilistico, intenda sfidare la superpotenza americana e le altre potenze del Pacifico. L'ipotesi principale è che Kim Jone II tema di fare appunto la fine di Saddam e che per questo punti in tempi stretti a un credibile deterrente nucleare: temendo, anche, i contraccolpi sul fatiscente regime intemo di un vero dialogo, politico ed economico, col mondo estemo. E tuttavia, dicono i due esperti, la risposta americana non può comunque essere la guerra, perché «i rischi di una risposta militare nordcoreana contro la Corea del Sud e il Giappone sono semplicemente troppo grandi». Corea del Sud e, più probabilmente, Giap- pone, e forse anche Taiwan, d'altra parte, non resterebbero indifferenti a un consolidato armamento nucleare della Corea del Nord, volgendosi anch'essi a un riarmo atomico. Tra la costernazione della Cina. L'analisi di un'«impasse», la cui pericolosità potenziale va ben oltre quella dell'Iraq. I cinesi, come anche i sudcoreani, si sono opposti finora all'unica soluzione alternativa, sanzioni economiche decise dall'Onu, temendo che il collasso che ne deriverebbe provocherebbe ondate bibliche di profughi oltre i loro confini. Ma pare che ora abbiano cambiato idea, acconciandosi a predisporre forti barriere di contenimento, e su questa base potrebbe riprendere forza la pressione multilaterale. Per fermare la foUia di Kim Jong II, anche se non la tragedia di 22 milioni di nordcoreani, ostaggi dell'ultima satrapia comunista. I negoziati sono falliti e il programma nucleare va avanti: solo le sanzioni dell'Orni possono fermare la follia di Kim Jong II e ora anche il governo cinese sembra essere d'accordo

Persone citate: Abramowitz, Bosworth, Kim Jone Ii, Kim Jong Ii