Arso vìvo perché rifiuta 4 giovani

Arso vìvo perché rifiuta 4 giovani NAPOLI, SI ERA RIFIUTATO DI AVERE UNA PRESTAZIONE SESSUALE Arso vìvo perché rifiuta 4 giovani Transessuale muore per le ustioni, arrestati due operai Mariella Cirillo NAPOLI Una vendetta consumata da «bravi ragazzi», gente con una famiglia, un lavoro fisso e una fidanzata. Normali, «puliti», eppure con l'istinto feroce di chi disprezza la diversità, ma poi la va cercare. Sono stati loro, giovani operai, ad ammazzare il 19 agosto Enrico Taglialatela, 39 anni, transessuale finito a battere per colpa della droga. Non era voluto andare con quei due e con gli amici nella macchina ferma accanto al marciapiedi: troppo pericoloso anche per uno che vive di notte, in cerca di clienti tra le strade di periferia. Ma quel «no» è risuonato come uno schiaffo, un'offesa da punire subito. Sono ritornati, i due «bravi ragazzi»: lo hanno picchiato, gli hanno versato addosso una bottiglia di benzina e gli hanno dato fuoco con un accendino. Enrico è morto sabato, dopo undici giorni d'agonia in un letto dell'ospedale Cardarelli di Napoli, piagato dalle ustioni sul settanta per cento della superficie del corpo. E ieri, a 24 ore da una fine forse neppure messa in conto dai suoi assassini, la polizia ha arrestato chi lo ha bruciato vivo per vendetta: un'aggressione brutale nella desolata «Rotonda» di Melito, uno dei paesi a nord di Napoli uniti dalla Circonvallazione esterna. Luigi Sturace e Domenico Marino, di 22 e 23 anni, tutti e due incensurati, sono stati catturati dagli agenti della squadra mobile e del commissariato di Giugliano al termine di un'indagine serrata, con i tasselli che s'incastravano uno alla volta e lasciavano pochi dubbi. Non ne ha avuti il gip Nicola Quatrano che ha firmato l'ordinanza di custodia cautelare notificata ai due giovani, lucidi e impassibili, quasi stupiti: uno. Marino, che abita a Napoli e fa l'operaio nella ditta edile del padre, ritornava dal mare con la fidanzata; l'altro, Sturace, è stato preso nella sua casa a Reggio Emilia, dove lavora in una ditta di idraulica. Per loro nessuno sconto, nel provvedimento che li ha portati in carcere l'accusa è di omicidio premeditato. Hanno ucciso, dicono gli inquirenti, perché Enrico, parrucca bionda, tacchi e mini mozzafiato, aveva negato loro una prestazione sessuale. Ai due la polizia è arrivata grazie alle telecamere di alcune imprese della zona in cui il transessuale, catapultato sulla strada per procurarsi i soldi per la droga dopo aver fatto per anni l'aiuto-parrucchiere, era solito fermarsi ad aspettare i clienti. Dalle riprese risultavano visibili parti della targa dell'auto, una Fiat Bravo, utilizzata dai giovani. E non ha funzionato neppure il meccanismo dell'omertà: alcuni amici degli arrestati hanno confermato quanto accadde la notte del 19 agosto a Melito. Secondo la ricostruzione degli investigatori, Sturace e Marino, assieme ad altri due giovani, si avvicinarono al transessuale nei pressi del mercato ortofrutticolo, chiedendogli un rapporto sessuale che Enrico rifiutò, visto il numero delle persone a bor¬ do dell'auto. Li cacciò via, ma due dei quattro giovani invece di rientrare a casa meditarono la vendetta. Dopo aver riempito di benzina una bottiglia ritornarono, due ore e mezza più tardi, nel punto dove il transessuale era ancora fermo ad attendere clienti: lo pestarono e gli diedero fuoco. C'erano soltanto Sturace e Marino, gli altri due non vollero seguirli in quella «bravata», e dissero no anche altri amici che i killer avevano contattato, per farsi aiutare. Le telecamere fisse delle ditte della zona hanno registrato l'intera sequenza e, grazie a un lavoro di pulizia dell'immagine, gli investigatori sono riusciti a leggere tre numeri e una lettera della targa dell'auto. A quel punto i computer hanno fornito una serie di combinazioni possibili e dopo una scrematura, gli inquirenti si sono concentrati su Marino, proprietario della Bravo di colore scuro, identica all'auto che il transessuale, prima di entrare in coma, aveva detto di aver visto fuggire. La polizia è riuscita anche a risalire al distributore dove i ragazzi avevano riempito la bottiglia di benzina. Sono così stati ascoltati sia Marino sia Sturace, che hanno negato di essere stati a Melito la notte del 19 agosto: ma sono caduti in contraddizione.più volte e alla fine sono stati arrrestati. Ai responsabili la polizia è arrivata grazie alle telecamere di alcune imprese Nelle immagini era visibile un pezzo di targa dell'auto L'accusa è di omicidio premeditato Il gruppo dopo essersi allontanato era ritornato indietro con una tanica piena di benzina

Luoghi citati: Napoli, Reggio Emilia