Rossellini: la Mostra, che paura preferirei il Festival di Sanremo
Rossellini: la Mostra, che paura preferirei il Festival di Sanremo PRESENTA LA COMMEDIA NERA DI GUY MADDIN «LA PIÙ TRISTE MUSICA DEL MONDO» Rossellini: la Mostra, che paura preferirei il Festival di Sanremo L'attrice: qui i critici mi hanno sempre scannato, fin dai tempi del «Prato» nel 1979 Sul palco dell'Ariston invece salirei volentieri, se ci fosse il mio amico Tony Renis Nel film ho la parte di una sorta di Crudelia De Mon della birra, ricca e manipolatrice Simonetta Robiony inviata a VENEZIA Ha scarpe da ballerina con stringhe sottili che s'intrecciano sulla caviglia e due grandi pendagli dorati alle orecchie Isabella Rossellini, sempre bella nel suo tuttonero tipico di chi ha frequentato il mondo della moda e non ne dimentica la lezione. In bianco, invece, con pancione, silenziosa e sorridente Maria De Medeiros, fresca interprete in Italia di «Il resto di niente» della De Lillo, disoccupata temporaneamente per via del secondo figlio in arrivo. Nel film assai sperimentale e tanto «altemativo« con cui è approdata alla Mostra, la Rossellini racconta che è coperta di pelli di volpe con tanto di musetto appuntito e occhietti di vetro mentre una cascata di oro e diamanti le inanellano collo e polsi. Niente gambe, nel film. Le sue, le sue eleganti e tornite gambe da signora di classe, sono state sostituite da un paio di protesi di cristallo nelle quali scorre il distillato doirato del luppolo perchè nel film «La più triste musica del mondo» di Guy Maddin, con Maria De Medeiros e Mark McKinney, Isabella Rossellini è la Regina della Birra, una Crudelia De Mon degli anni della Grande Depressione che lancia un concorso musicale al mondo intero con ricco premio per il vincitore. Come mai da qualche tempo la si vede solo in film ìndipendenti oppure in film per la tv? «Lo ignoro. Mi telefonano. Mi cercano. Mi fanno proposte solo gli autori più innovativi. Chissà. Forse pensano a mio padre. Guy Maddin non lo avevo neanche sentito nominare, ma per i miei amici che lavorano negli archivi del cinema era un mito. E' un appassionato di vecchie pellicole, un cultore del cinema in bianco e nero, un amante dei primordi. Come me che vado pazza per i film muti». E a che si deve questo amore? «Forse alla loro scomparsa. Non c'era bisogno che il sonoro li eliminasse: avrebbero dovuto coesistere perchè sono generi diversi». Le fa piacere essere diventata una icona del cinema spe¬ rimentale? «Non mi dispiace, soprattutto se mi chiama uno grande come Greenaway. Molte barriere ormai sono cadute e distinguere tra danza, teatro, piuttura e cinema, oggi, mi pare più difficile. Si fa quel che è nell'aria. Me lo diceva Bob Wilson con cui ho fatto uno spettacolo su un testo di Umberto Eco: per lui che non frequentava i palcoscenici far teatro era quello. Solo dopo ha capito che aveva proposto ima novità deflagrante». Nessun rimpanto per il cinema che racconta le storie? «No. In fondo poi di un film cosa resta? Una immagine. Una inquadratura. Una luce. Una emozione. Il racconto si dimentica». In Italia non le piacerebbe lavorare di nuovo? «Avrei dovuto girare con Roberto Andò. Ma poi è andato tutto a monte. Erano i giorni in cui New Yoprk viveva in stato d'assedio dopo l'I 1 settembre. Non me la sono sentita di lasciare soli i miei figli in quel momento». Le fa piacere tornare alla Mostra? «Ne ho un ricordo confuso e infelice. Ci sono venuta con "Il prato" dei fratelli Taviani. Era il mio primo film. Avevo paura. C'era una forte attenzione su di me che fino a quel momento avrevo solo fatto un pò di televisione con Arbore. "Il prato" non piacque. Molte critiche furono feroci. I Taviani erano dispiaciuti». Nessun altro ricordo legato alla Mostra? «Sì. Mi viene in mente che Rondi quando feci «Blue velvet» di Lynch non volle il film perchè sostenne che era un ruolo disdicevole. Se la mia mamma fosse stata viva, diceva, avrebbe avuto un dolore vedendomi discinta sullo schermo. E lui, da vecchio amico della mamma, non se la sentiva di acuire quel dispiacere». Ne avrà riso. «Sì, ma ai miei amici americani che contavano su di me per un lancio maggiore di questo loro film al Lido ho spiegato che con Venezia non posso sostenere di avere un rapporto ideale. Non contate su di me, ho chiarito subito». Isabella Rossellini e Stefania Sandrelli, bellezze mature al Festival
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