«Non credo che vedrò mai la pace in Medio Oriente»

«Non credo che vedrò mai la pace in Medio Oriente» «HO ACCETTATO IL FILM PERCHE' LA PARTE ERA PERFETTA PER ME: SE L'AVESSERO OFFERTA A BANDERAS MI SAREI OFFESO» «Non credo che vedrò mai la pace in Medio Oriente» L'attore, Leone alla carriera: forse ci riusciranno mio figlio o i miei nipoti, sono pessimista intervista Simonetta Robiony inviata a VENEZIA HA la faccia strapazzata dagli anni e dalle serate al tavolo del poker, capelli e baffi bianchi, sorriso spento ma occhi che brillano sotto le sopracciglia nere e gesti da principe delle «Mille e una notte». Omar Sharif, Leone d'oro alla carriera per meriti artistici ma anche come testimone della possibile integrazione tra i valori del mondo arabo e dell'occidente, accompagna «Ibrahim e i fiori del corano», suo unico film degli ultimi anni, con il regista Francois Dupeyron, il ragazzino Pierre Boulanger ed Eric-Emmanuel Schmitt, l'autore del libro cui è ispirato. Da star intemazionale qual'è stata, passa indifferentemente dal francese all'inglese, dall'italiano allo spagnolo ma come dice lui, sempre con l'accento di uno che non è nato là e non ha mai appreso la pronuncia giusta. La voce, però, è bellissima: calda e cantilenante, dolce come quelle arabe quando sono educate. E' una storia sulla trasmissione dei valori, i valori che un vecchio musulmano di fede sufista passa a un ragazzino ebreo nella Parigi Anni 60: sarebbe possibile anche oggi? «Io non l'ho letto come un film politico. Il vecchio è solo: non ha né amici né famiglia. Il ragazzo è solo: la madre l'ha abbandonato e il padre non lo capisce. E' naturale che si incontrino. Religione, nazionalità, lin¬ gua non c'entrano. Si vogliono bene». E' anche il suo modo dì vedere questo? «Io divido le persone in due categorie: quelle gentili di cuore e quelle cattive di cuore. Con le prime cerco di avere un rapporto, le altre non voglio vederle. Non metto etichette e non ho pregiudizi. Bianchi, neri, gialli, cristiani, musulmani, buddisti, ebrei: per me non conta. Guardo e giudico». Come mai recita tanto poco in questi ultimi tempi? «Per me é stato sempre un problema trovare ruoli adatti. E adesso che sono vecchio il problema è diventato senza soluzione. Sono un egiziano che lavora in produzioni intemazionali. Un caso unico. Quando ero giovane, dal momento che il mio nome faceva cassetta, i produt¬ tori adattavano a me i loro copioni, ma oggi che sono vecchio perchè dovrebbero fare altrettanto? Ci sono tanti attori anziani in ogni paese: uno straniero non serve». Allora perchè ha accettato questo film? «Era perfetto per me: un vecchio musulmano che sembra dire cose profonde ma forse non le capisce neppure lui. Cita apprendimenti misteriosi legati ai ricordi della sua infanzia ma se ne sta dietro la cassa di una drogheria di Parigi. Se l'avessero offerto a Banderas mi sarei offeso». Sembra che con questo film avrà anche l'Oscar alla carriera. «Può darsi. Non so. La vera vittoria per me è essere arrivato a lavorare per 50 anni. Nelle mie condizioni non era facile». Come si sente? «Mi sento un sopravvissuto. Ho lavorato molto ma negli ultimi 25 anni al cinema non ho fatto niente di buono. O molto poco. Questo film, forse, è l'ultima occasione che il mestiere mi offre. Un bellissimo copione scritto con parole giuste e intelligenti e uno straordinario ragazzino che ogni mattina, sul set, mi diceva come dovevo recitare. Spero che il pubblico, vedendolo, capisca che per vivere bene gli uomini devono dialogare tra loro. Anche gli israeliani e i palestinesi». Crede di riuscire a vedere la fine di quel conflitto? «No. Sono pessimista. Forse la vedrà mio fighe o i figli di mio figlio». A peggiorare le cose c'è oggi anche l'incomprensione totale tra mondo islami¬ co e occidente. «Il terrorismo ha generato l'intolleranza. Ma dietro a tutto ciò credo ci sia, prima di tutto, l'eccessiva differenza tra poveri e ricchi. La ricchezza di pochi genera l'invidia di molti. E se in una paese povero come l'Egitto della mia infanzia si sopporta la miseria, é inaccetabile che in una nazione come gli Usa ci siano tanti cittadini senza un dollaro in tasca. E s: no quasi tutti neri. Non sono comunista, ma disparità tanto gravi vanno sanate dallo stato». Lei è entrato nella storia del cinema con due titoli: «Lawrence d'Arabia» e «Il dottor Zivago»: quale preferisce? «Credo che "Lawrence" meriti di esser considerato una pellicola importante. L'altro no. Lo so, "Zivago" piace alle donne. Per il mio gusto, però, è troppo sentimentale».

Persone citate: Arabia, Banderas, Francois Dupeyron, Omar Sharif, Pierre Boulanger, Schmitt, Simonetta Robiony

Luoghi citati: Egitto, Medio Oriente, Parigi, Usa, Venezia