Contrattate contrattate, qualcosa resterà di Giuseppe Berta

Contrattate contrattate, qualcosa resterà LA STORIA SINDACALE DELLA FIAT ATTRAVERSO 589 ACCORDI SIGLATI DAL 1921 A OGGI Contrattate contrattate, qualcosa resterà Giuseppe Berta LA storia sindacale della Fiat ricostruita attraverso 600 accordi (per l'esattezza 589), siglati fra l'azienda e le organizzazioni dei lavoratori dal 1921 al 2003: è questo il tentativo che compiono Cesare Damiano e Piero Fessa con un libro (Dopo lunghe e cordiali discussioni, Ediesse, pp. 414, C 20) che si distacca dalla pubblicistica corrente sulle relazioni industriali nel settore dell'automobile. La ricostruzione della vicenda sindacale alla Fiat che propongono Damiano e Fessa si differenzia anzitutto perché poggia su una base empirica cospicua e, forse ancor più, perché fa della contrattazione collettiva la chiave di volta per ripercorrere e interpretare la dinamica dei rapporti fra l'impresa e i lavoratori. È una scelta di metodo che dipende dalla posizione particolare dei due autori: Damiano e Fessa non sono studiosi professionali, ma vengono da una lunga esperienza nella Fiom e nella Cgil. Damiano, che ha guidato a lungo i metalmeccanici della Cgil in Fiemonte, è stato anche segretario generale aggiunto della Fiom, nel periodo in cui la federazione è stata diretta da un esponente della sinistra sindacale come Claudio Sabattini. A lui è toccato allora di impersonare l'anima meno movimentista e più contrattuaUsta della Fiom, ciò che l'ha portato a rimarcare progressivamente le distanze dalla politica di Sergio Cofferati, fino a lasciare la Cgil per assumere la responsabilità dei problemi del lavoro nella segreteria dei Ds, a fianco di Fiero Fassino. Anche Fessa viene dalla Fiom e anche lui, come riferiscono le cronache sindacali, ha dovuto affrontare delle polemiche nel proprio mondo di appartenenza, man mano che la politica della Cgil si è venuta radicalizzando nel corso degli ultimi anni. Ora fa parte della segreteria della Camera del lavoro di Torino. Il richiamo ai dati biografici degli autori non è estrinseco perché al conoscitore del movimento sindacale non può sfuggire l'intenzione precisa che è all'origine di una storia condotta attraverso gli accordi collettivi. Di fatto, si tratta di un richiamo a quella che Damiano e Fessa ritengono sia la funzione cruciale del sindacato e che si esprime mediante la contrattazione. Il negoziato rappresenta per loro il fulcro effettivo dell'attività sindacale e non è improprio scorgere in quest'impostazione una nota critica verso chi ha sposato un'accezione diversa del ruolo del sindacato, tutta giocata sui diritti e sulla sua capacità di animare e mobilitare i movimenti sociaU. Al contrario, Damiano e Fessa sembrano voler rivalutare quella che è a loro giudizio la parte più viva della tradizione del movimento operaio torinese, vale a dire la capacità di incalzare la trasformazione del sistema di fabbrica mediante una continua e meticolosa attività contrattuale, così da rendere la condizione dei lavoratori un parametro del processo di cangiamento dell'organizzazione produttiva. Certo, Damiano e Fessa tendono a relegare un po' ai margini il fatto che la cultura sindacale torinese è stata caratterizzata da un'intonazione radicale e antagonistica, mentre paiono attenti soprattutto a recuperare la sua valenza contrattualistica. Ma il contrattualismo non è affatto indifferente all'involucro politico e ideologico in cui è racchiuso e c'è da ritenere che, nel tempo, l'efficacia dell'azione sindacale sia stata limitata dalla sua forte matrice anticapitalistica e antagonistica. Non c'è dubbio, da questo punto di vista, che il sindacato italiano e per prima la componente cui Damiano e Fessa appartengono siano stati penalizzati, nel lungo periodo, da una cornice ideologica inadeguata a misurarsi con i mutamenti della società contemporanea (e non soltanto della fabbrica). Un eccesso di cauteloso rispetto verso il passato induce forse Damiano e Fessa a spingere meno in fondo di quanto potrebbero la loro necessaria opera di rivisitazione della storia sindacale della Fiat. Ma va riconosciuto loro il merito di aver svolto un lavoro paziente di recupero e di classificazione degli accordi sindacali, che possono essere utilmente consultati grazie al Cd-rom allegato al volume. Il buono della ricerca sta proprio nell'aver predisposto una base di documenti che potrà essere utilizzata autonomamente, anche da coloro che non sottoscrivono i giudizi e le opinioni degli autori. Onesti seicento accordi dimostrano l'ampiezza e l'estensione che ha avuto la contrattazione collettiva alla Fiat. Rivelano nettamente i periodi in cui il sindacato era debole ed era l'azienda a esercitare il primato anche nelle relazioni industriali (come avvenne durante gli anni Cinquanta) e quelli invece in cui all'offensiva sono state le organizzazioni dei lavoratori, con una dilatazione della sfera del negoziato a tutti gli ambiti della vita dell'azienda (come successe dopo l'Autunno caldo e per tutti gli anni Settanta). Si potrà discutere circa gli effetti e i risultati reali di queste diverse stagioni della nostra storia sindacale. Quanto esce prepotentemente dalla ricerca di Fessa e Damiano è l'importanza del processo negoziale nel sistema dell' industria e, quindi, della figura e del ruolo dei negoziatori. In un libro che ha il proprio retroterra naturale nella Cgil è ovvio che siano ricordati soprattutto i negoziatori di parte sindacale. Ma di sicuro non sono stati meno significativi i negoziatori emersi nel mondo delle imprese che, attraverso il processo di contrattazione, si sono impossessati di una procedura per conoscere l'azienda e per regolare il suo funzionamento. La figura di chi è stato preposto a trovare e definire un assetto di regole capaci di assicurare la continuità della produzione è stata centrale in alcune epoche della storia dell'industria. Oggi non lo è più, dopo lo snellimento che hanno subito gli impianti manifatturieri e la radicale metamorfosi della prestazione di lavoro. E tuttavia costituirebbe un errore ritenere che il patrimonio di esperienze e di conoscenze codificato nella contrattazione collettiva sia diventato inutile e che il negoziato non sia più uno strumento efficace per regolare i sistemi aziendali e ta volta anche per rafforzare il loro grado di tenuta interna. Anche per questo vale la pena che tutto il sindacato riscopra la propria capacità di essere soggetto contrattuale. Al termine di una trattativa nel 1973, Umberto Agnelli stringe la mano a Camiti. Sulla destra si riconoscono Benvenuto e Trentin

Persone citate: Cesare Damiano, Claudio Sabattini, Fassino, Piero Fessa, Sergio Cofferati, Trentin, Umberto Agnelli

Luoghi citati: Torino