La solitudine in mezzo a 30 famiglie

La solitudine in mezzo a 30 famiglie La solitudine in mezzo a 30 famiglie Solo la buca delle lettere stracolma ha suscitato sospetti La pizzeria cinese è aperta fin dal mattino. Tavoli apparecchiati nel dehors e porte spalancate sull'interno del locale. Dicono che a mezzogiorno ci sia già gente e che la sera sia un posto frequentatissimo: clienti che vanno e che vengono e qualche rara protesta della gente del palazzo di corso Regina Margherita 108. E' qui, in questo stabile a due passi da Porta Palazzo, che viveva Dina Polidori. Scala unica di marco chiaro, ascensore di venti, trenta anni fa e cassetta delle lettere in legno e vetro incorniciata da un'infilata di nomi scritti su targhette d'ottone. Dove c'è scritto «Polidori» adesso lo scomparto è vuoto. La posta l'hanno jresa via l'altra sera, quando lanno trovato Dina morta da due o tre settimane. Nelle altre c'è poco o niente: qualche lettera un po' di pubblicità, segno che la gente è già tornata dalle vacanze. Ma se suoni i campanelli di questo palazzo di nove piani, non risponde nessuno. Bussi alle porte e ricevi sempre il solito desolante silenzio. Dove sono finiti tutti quanti? Sono barricati in casa oppure sono al lavoro o ancora in vacanza? Mistero. Al sesto piano risponde una donna, ma non è giornata. Sembra irritata: «E' vero, l'hanno trovata. Conoscerla? No. Chiedete alla custode, è lei che si occupa di tutto...». Ma la signorina era sua vicina di casa. «Non so nulla...». Se c'è una cosa che angoscia in questo palazzone abitato da una trentina di famiglie sono le porte sprangate. Non apre nessuno. Sarà per diffidenza «perché di questi tempi non si sa mai, e poi in questa zona...» o sarà per altro ancora, ma sta di fatto che non c'è un solo uscio blindato non si spalanchi. Ma, insomma, Dina Polidori la la conosceva qualcuno? C'è stata una almeno persona che è andata a bussare alla sua porta in questi giorni? Non ci sarebbe nulla di strano in questo: è solidarietà tra vicini, verso i più deboli ed i più fragili? E poi l'ha suggerita anche l'assessore ai Servizi sociali Stefano Lepri, lanciando un appello proprio dalle colonne del giornale: «Andate a vedere come stanno i vostri vicini anziani; facendo così si può salvare una vita». Ancora campanelli che suonano a vuoto. Un cane che abbiaia dietro una porta e zampetta avanti e indietro. Si fidano e si affacciano sulla soglia soltanto tre famiglie di immigrati. Un ragazzo romeno racconta di aver sentito, nei giorni scorsi, una puzza incredibile sulle scale. Una famiglia di marocchini con i bambini che corrono tutt'intomo spiega che la signora del sesto piano non la conosceva. Una donna sola, già avanti negli anni, anche lei di origini slave allarga le braccia: «No parlo italiano...». Sulle scale c'è soltanto silenzio. Forse, adesso, da dietro una di queste porte chiuse, c'è qualcuno che sbircia. [l.pol.j

Persone citate: Dina Polidori, Polidori, Scala, Stefano Lepri