TRENTALANGE Un fischietto nel sacco a pelo di Roberto Pavanello

TRENTALANGE Un fischietto nel sacco a pelo L'ESTATE INDIMENTICABILE TRENTALANGE Un fischietto nel sacco a pelo la stòria Roberto Pavanello smmmmsm IL 24 maggio ha arbitrato InterPerugia la sua ultima partita di serie A, lasciando, da quel momento, spazio ai ricordi. E tra essi Alfredo Trentalange richiama alla memoria le sue vacanze di ventenne, quando ancora la carriera di arbitro era lontana. Ritorna a quel viaggio nel '77, nei paesi dell'Europa dell'Est e alla prima volta che portò Manuela, la ragazza che divenne sua moghe, a visitare il suo paese d'origine in Puglia. «Era la prima volta che andavo all'estero. Ero con Manuela e quattro amici dell'oratorio. Avevamo pochi soldi e i nostri mezzi di trasporto erano ima Giardinetta di proprietà dell'unico ricco di famiglia e una 500 tutta sgangherata, comprata per cinquantamila lire e rivenduta a fine viaggio per quarantottomila». Erano anni di netta contrapposizione politica tra Stati Uniti e Unione Sovietica, e quello dei cinque torinesi era il mitico viaggio «oltre cortina»: «Avevamo una cultura di impronta cattohca racconta Trentalange all'epoca studente di medicina - ed eravamo attratti dall'idea di vivere in comunione. Volevamo vedere personalmente com'era quel so- cialismo e come funzionava». Un mese in giro per i paesi dell'Est con un sacco a pelo per dormire dove capitava e poco altro: «Ma in fin dei conti là la vita costava poco, anche se più di una volta al momento di cambiare valuta siamo stati truffati. Una vacanza senza grandi comodità», ma la vita spartana non è per tutti: «e infatti a metà viaggio, dalle parti di Praga, litigammo forte. Tre di noi volevano andare a riposarsi in un posto di mare, mentre io, Manuela e un amico volevamo proseguire il viaggio nel socialismo reale. Ci separammo in malo modo e purtroppo si divisero anche i bagagli. Così, un gruppo aveva le pentole e l'altro i piatti, uno le posate e l'altro i bicchieri...». A fine vacanza i due gruppi fecero pace perché, si sa, durante un mese di viaggio e sei mila chilometri è facile incappare in qualche inconveniente. «Come quella volta che abbiamo voluto percorrere a piedi la porta di Brandeburgo lasciando le auto a Berlino Ovest. Purtroppo abbiamo passato la frontiera consegnando il visto per le auto. Le guardie non fecero ima piega, così ci trovammo dall'altra parte del Muro senza auto e impossibilitati a recuperarle. Il nostro viaggio poteva considerarsi chiuso. Fortunatamente, dopo molto tempo e una certa insistenza ne siamo usciti. Ma quanta paura». Ride, ripensando a quel viaggio affrontato anche con ingenuità, ma toma serio quando il racconto si sposta sul lager nazista di Auschwitz: «Ci passammo quasi casualmente e ritenemmo doveroso fermarci. Se posso dare un consiglio, invito tutti ad andare almeno una volta nella vita a visitare un campo di concentramento. E' un'esperienza drammatica, che rafforza». Uomo sensibile, Alfredo Trentalange, e impegnato nel sociale, sia professionalmente (è psichiatra nella clinica Villa Cristina dove opera come educatore e coordinatore delle attività riabilitative, ed è consulente del Torce nel settore sociale), che come volontario (è socio dell'Agape, organizzazione che aiuta le persone con disagi psichici). Esponente di quel cattolicesimo sociale che guarda prima alla sostanza dell'aiuto agli altri e poi alla forma e che da quel viaggio giovanile si è portato dietro un insegnamento che resiste nel tempo: «Sono credente, ma ho imparato che non bisogna sposare nessuna ideologia. Ed ho capi¬ to che si può vivere febei con pochissimo, anche senza il nostro sfrenato consumismo. Invece non siamo capaci di godere delle piccole cose ed è un grande limite». Anche le radici hanno una grande importanza: «Almeno una volta all'anno tomo nel paesino di origine dei miei genitori. San Paolo di Civitate in provincia di Foggia, di cui due anni fa ho anche avuto il piacere di diventare cittadino onorario». Così il buen retiro di Trentalange è una casa colonica pugliese, in mezzo alla campagna tra gb animali e i campi di pomodoro: «La prima volta che vi portai Manuela aveva diciott'anni. Lei, piemontese doc, si trovò immersa nella campagna pughese in anni in cui la regione era ancora piuttosto arretrata. Fu, per lei, un viaggio nello spazio e nel tempo e non fu esattamente un amore a prima vista». Poi anche la signora si fece ammaliare da quella terra «che è gioia e fatica spiega Trentalange - e in cui ci sono valori scomparsi nella società industriale: nella vita dell'aia gh anziani possono continuare a rendersi utili, neUe fabbriche, chi non produce viene accantonato e tanti saluti». Qfa Era ili 977, w" con quattro amici e la mia fidanzata partimmo verso i Paesi socialisti: viaggiammo in «500» e «Giardinetta» fino a Berlino Ovest: dopo aver superato il Muro rischiammo di restare A A senz'auto ^77 Éfeét Per un litigio ^" ci separammo: con un gruppo restarono le pentole, con l'altro le posate e i bicchieri La vita spartana non si addiceva proprio a tutti L'emozione più intensa la provammo visitando il lager nazista ad Auschwitz 99 Alfredo Trentalange in campo: da giovane venne scartato al provino del Torino per diventare calciatore

Persone citate: Alfredo Trentalange, Trentalange

Luoghi citati: Berlino Ovest, Brandeburgo, Europa Dell'est, Praga, Puglia, San Paolo Di Civitate, Stati Uniti, Unione Sovietica