Manfredi, l'arci-italiano di Gianni Rondolino

Manfredi, l'arci-italiano il RICONOSCIMENTO DELLA CRITICA Manfredi, l'arci-italiano La forza dell'animo contro le avversità personaggio Gianni Rondolino VENEZIA U' N riconoscimento doveroso e ben meritato il premio «Pietro Bianchi» del Sindacato Giornalisti Cinematografici Italiani che gh verrà conferito il 29 agosto al Lido di Venezia nell'ambito della Mostra d'arte cinematografica e che l'attore, ricoverato in gravi condizioni all'ospedale Santo Spirito di Roma, non potrà ritirare di persona. Un premio alla carriera che Nino Manfredi, ancora attivo in cinema e in televisione, pur avendo ridotto le sue apparizioni sul grande e sul piccolo schermo, si merita come pochi altri attori italiani. Perché egh ha saputo rappresentare, nei molti film da lui interpretati, nelle trasmissioni e persino negh spot di una famosa marca di caffè, il tipo di italiano medio, discreto, appartato, a volte solitario, a volte timido, sorretto sempre da una forza interiore che gh fa superare le difficoltà e le disavventure della vita. Un personaggio diverso da quelli creati, negh anni d'oro della commedia all'itahana, da Alberto Sordi e da Vittorio Gassman, e tuttavia complementare ad essi, nel senso che tutti e tre hanno saputo coghere taluni aspetti del carattere degh italiani: la furbizia e un certo cinismo, la tracotanza e il menefreghismo, ma anche, appunto, la discrezione e l'individualismo. E tuttavia Manfredi, come d'altronde Sordi e Gassman e altri attori comici e brillanti, non si è rinchiuso entro i confini di un modello drammatico ripetuto all'infinito. Ha di volta in volta approfondito e modificato i suoi personaggi, toccando un'ampia gamma di aspetti, sentimenti, caratteri, atteggiamenti, in situazioni storiche e ambientali diverse, sino a giungere a tratteggiare, da par suo, il personaggio ripugnante del capofamiglia in «Brutti, sporchi e cattivi» (1976) di Ettore Scola, ovvero a creare, nel trittico di Luigi Magni «Nell'anno del Signore» (1969), «In nome del Papa Re» (1977) e «In nome del popolo italiano» (1990), tre diversi tipi di romani dell'Ottocento, il carbonaro Cornacchia, l'ecclesiastico Don Colombo e Ciceruacchio, con uno stile di recitazione fra il comico e il beffardo, l'ironico e il grottesco. D'altronde Nino Manfredi, che è nato a Castro dei Volsci (Prosinone) nel 1921 e si è laureato in giurisprudenza all'Università di Roma, ha percorso le varie tappe di una tradizionale carriera d'atto¬ mdut re, dall'Accademia d'Arte Drammatica al palcoscenico, dalla radio al cinema alla televisione, in un lungo tragitto di avvicinamento alla notorietà e al successo di pubblico e di critica, che egh raggiungerà solo alla fine degh anni 50 e nei primi 60, dopo una ventina di film in cui interpretò parti secondarie dimostrando soprattutto la sua vena popolaresca e la sua comicità macchiettistica. Sarà «L'impiegato» (1959) di Gianni Puccini, che lo vede protagonista e cosceneggiatore, a imporlo, proprio per quel suo umorismo contenuto, per quella finezza e riservatezza di tratto, che sarà una delle caratteristiche peculiari della sua recitazione di quegli anni. Ed è nell'episodio «L'avventura di un soldato» da lui diretto e interpretato per il film «L'amore difficile» (1962), un breve racconto muto, fatto di sguardi, di piccoli gesti, di un erotismo inespresso, che Manfredi esprime al megho le sue doti di attore e di regista. Un regista acuto nel coghere le diverse sfaccettature di una storia, di un ambiente, di un personaggio; un attore altrettanto acuto nel rappresentare quella storia, quel¬ l'ambiente, quel personaggio. Come s'è visto in «Per grazia ricevuta» (1970), forse il suo capolavoro, quasi un ritratto idealmente autobiografico, premiato al Festival di Cannes, in cui racconta la piccola odissea di un orfanello oppresso dal senso del peccato, che fa il venditore ambulante di articoli femminili e in qualche modo si riscatta dal passato seguendo gh insegnamenti del suocero anarchico. Più che nell'altro film da lui diretto dieci anni dopo, «Nudo di donna», in cui non sempre riesce a coniugare comicità e fantasia, erotismo e drammaticità. Ma come dimenticare i personaggi da lui creati in decine di film, dall'emigrante di «Pane e cioccolata» (1974) di Franco Brusati al trafficone di «La mazzetta» (1978) di Sergio Corbucci; dal ruolo drammatico di «Il giocattolo» (1979) di Giuliano Montaldo a quello comico-grottesco di «Café Express» (1980) di Nanni Loy, per citare soltanto alcuni dei suoi maggiori successi? A cui va almeno aggiunto il ritratto dell'innocente accusato di omicidio di «Girolimoni il mostro di Roma» ( 1972) di Damiano Damiani. Nino Manfredi è ancora ricoverato in ospedale dopo la crisi cardiaca di luglio. Il premio sarà ritirato dalla moglie

Luoghi citati: Cannes, Castro Dei Volsci, Lido Di Venezia, Prosinone, Roma, Venezia