Calcio caos, i «ribelli» pronti a due mesi di stop

Calcio caos, i «ribelli» pronti a due mesi di stop DOPO LO STORICO BLOCCO DELLA COPPA ITALIA OGGI VERTICE A MILANO DEI PRESIDENTI DELLA B Calcio caos, iy «ribelli» pronti a due mesi di stop E' scontro con le big della A che minacciano di «tagliare» i finanziamenti MILANO Se non si vedono, quantomeno si sentono tutti i giorni. Stanno diventando inseparabili, i presidenti «ribelli)) della serie B. Un contatto continuo per studiare strategie e rafforzare la protesta contro il loro campionato ingrassato a 24 squadre, contro le decisioni della Federcalcio che sconfessano quelle della Lega, contro le intrusioni dei politici. Oggi, a Milano, è in programma mia nuova riunione informale per preptirare l'assemblea di Lega di domani, che a sua volta precede quella decisiva di venerdì, nella quale verrà chiesta la testa di Franco Carraro, presidente federale, forse anche quella di Adriano Galliani, numero uno della Lega. «Sto passando le mie vacanze cosi - ci scherza su Ivan Ruggeri, presidente dell'Atalanta -. Ci stiamo conoscendo meglio, ormai siamo tutti amici». Pronti però a farsi la guerra quando (e se) il pallone tornerà a rotolare in campo. Al momento, il fronte comune dei 19 tiene. Il giorno dopo lo storico blocco della Coppa Italia, non c'è nessuno disposto ad abbassale la guai-dia. Anzi, il presidente del Livorno Aldo Spinelli si fa persino più duro: «Per quanto mi riguarda, finché non decade il decreto del governo, la serie B non deve scendere in campo. Quindi, se ne riparla tra 60 giorni. Non ci faremo comprare. Non è una questione di quattrini. I soldi li abbiamo anche rifiutati: vogliamo ritrovare lo spirito, i valori del calcio. Noi lavoriamo per una maglia, non vogbamo regali. Io, per esempio, la A la rifiuterei se mi fosse data a tavolino». A Spinelli toglie subito ogni illusione U viceministro Mario Pescante: «Tornare sul decreto è impensabile, non è un ascensore su cui si sale e si scende a piacere. Il provvedimento del governo è stato varato per evitare che ogni settimana le classifiche fossero riscritte dai Tar, e dunque a difesa dell'autonomia dello sport, checché ne dicano alcune forze politiche. Con la formula dei campionati non c'entra nulla: per qtiesto non posso esprimere pareri sull'ipotesi di A a 20 squadre e B a 22. Sia il calcio a decidere, ma nel più breve tempo possibile. Una previsione? Stilla partenza della A credo si possa stare tranquilli, quanto alla B mi auguro che i presidenti ritrovino buon senso». Massimo Cellino, presidente del Cagbari e capo della rivolta cadetta, annuncia intanto per oggi addirittura la presentazione di un «documento storico, da portare poi all'assemblea del 27: allora si saprà se il calcio italiano rivive o muore». Nessuna anticipazione. Di certo, però, i club di B non potranno più trascurare i minacciosi messaggi in arrivo dai fratelli maggiori, da chi viaggia a un'altra velocità e non ha più intenzione di aspettare chi frena il movimento. Le «grandi» di serie A cominciano a farsi sentire. insomma: si parla di richieste di danni, di rifiuto a versare le ultime due rate di mutuabtà (2003/4, 2004/5) che corrispondono a circa 200 milioni di euro, mica spiccioli. E anche le società di seconda fascia della A sarebbero vicine a perdere la pazienza a forza di sentir parlare di possibile partenza ritardata anche del massimo campionato. Scissione fra A e B, è il discorso che resta d'attualità. Giova ricordare che fra i primi a parlarne fu Gazzoni del Bologna, non una superpoten¬ za, quindi. ' Si rischia il muro contro muro, dappertutto. E fa discutere anche la proposta di Galliani, per provare a calmare le acque: serie A a 20 squrdre, B a 22. Una proposta che secondo alcuni anche il premier Berlusconi potrebbe aver discusso ieri quando a sorpresa è tornato a Roma per qualche ora. «L'idea è plausibile - dice Romero presidente del Toro - ma se ne può parlare per il 2004, adesso non ci sono i tempi per attuarla». Aggiunge Preziosi, padrone del Genoa che però non ha ancora venduto il Como: «Oltre al lodo GaUiani servono due condizioni: che la federazione si impegni con un contratto firmato col sangue che il format dei campionati scelto dalla Lega non può essere più cambiato; che le tv riconoscano a territorialità, l'importanza delle piazze». Cellino, invece, ci va giù pesantissimo: «Né Carraro né Galliani possono più proporre nulla. Sarebbe come chiedere a Saddam di ricostruire il mondo arabo. Questo lodo sarebbe solo un compromesso. Se dovessi perdere questa battaglia, mi dimetterò e venderò il Cagliari al migliore offerente». Cellino rivela anche una confidenza fattagli da Gianfranco Zola, la stella sarda tornata al Cagbari dopo una lunga parentesi nel Chelsea inglese : «Sono stato tanti anni fuori dall'Italia e non mi ero reso conto che il nostro calcio fosse finito così male». [r. s.] Il summit precede le assemblee di Lega di domani e venerdì Verrà chiesta la testa del presidente Carraro Bocciato il lodo Galliani (Aa 20 squadrerà 22) Romero e Preziosi «Idea buona per il 2004 adeSSO mancano Ì tempi» Adriano Galliani, presidente della Lega Calcio Massimo Cellino, presidente del Cagliari

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