Moneta unica c'è del dubbio in Scandinavia

Moneta unica c'è del dubbio in Scandinavia OSSERVATORIO Moneta unica c'è del dubbio in Scandinavia Aido Rizzo ULTIME notizie dalla Scandinavia. Ma non si tratta di notizie locali, di scarso interesse per il resto d'Europa. Sono notizie che riguardano il prossimo futuro dell'euro e che potenzialmente vanno anche oltre, investendo la prospettiva generale dell'Ue. Vediamo. Tra venti giorni, gli elettori svedesi vanno alle urne, per dire sì o no all'ingresso della corona nella moneta comune europea, e la campagna elettorale è già accesa. Il referendum fu lanciato dal premier socialdemocratico Goran Persson alla fine dello scorso anno, nella scia della sua rielezione e di sondaggi favorevoli per la prima volta ai sostenitori dell'euro. Ma gli scandinavi, dice l'Economist, sono «contrary folk», dei bastian contrari, diremmo noi, e così nel frattempo l'elettorato svedese ha cambiato idea. Benché la campagna per il sì sia partita per tempo e si sia fatta sèmpre più insistente, con l'esplicito appoggio delle maggiori forze pohtiche, della comunità degli affari e dei media, il pronostico si è rovesciato, con dieci punti (49 a 39) ih favore del no. Resta tuttavia un venti per cento d'indecisi e quindi la corsa non è finita, anche se la strada per Persson e amici è tutta in salita. Il suo esito, quale che sia, è atteso con particolare attenzione in Danimarca, dove la situazione si è ribaltata in senso contrario a quella svedese. I danesi, che in un referendum tenuto nel settembre 2000 avevano detto no col 53 per cento, ora, secondo il più recente sondaggio, sarebbero pronti a dire sì col 54. Il primo ministro Anders Fogh Rasmussen, di centrodestra, a questo punto dice che un nuovo referendum sull'euro si terrà presto e comunque, ma a Copenaghen nessuno in realtà sottovaluta l'impatto del voto della Svezia. E non solo a Copenaghen, ma, uscendo dall'area scandinava, anche a Londra, che si troverebbe completamente isolata tra i Quindici, con grande irritazione della City, se la Svezia prima e la Danimarca dopo decidessero di porre fine alla loro autoesclusione dalla moneta comune. Il referendum svedese si terrà il 14 settembre, alla vigilia della Conferenza intergovernativa (Cig) che dovrà definitivamente varare il nuovo Trattato costituzionale europeo. E pertanto l'onda lunga del suo risultato potrà arrivare fin qui. Con un duplice, possibile effetto. Se fosse un sì (il che non si può ancora escludere), sarebbe non solo un buon auspi- ciò per la Cig, ma anche una conferma che in fondo, su un piano generale, la logica del passo dopo passo continua a funzionare. Se invece fosse un no, che inevitabilmente peserebbe anche su danesi e inglesi, la conferma sarebbe un'altra, e cioè che c'è ima parte di Europa (che diventerà molto più grande dopo l'ingresso effettivo di dieci altri nuovi soci) che non vede orizzonti dell'integrazione che vadano oltre una grande area di libero scambio. In tal caso, dovrebbe uscirne rafforzata la linea (se ancora esiste, dipende anche dalla presidenza di turno italiana), che punta a far uscire dalla Cig la possibilità esplicita per un gruppo di paesi di farsi avanguardia anche politica di un' Unione europea riconoscibile e influente su scala mondiale. I sei «paesi fondatori», ha suggerito più volte Ciampi, e qualunque altro che, senza limiti di tempo, volesse unirvisi. Tra venti giorni gli elettori svedesi votano al referendum per l'euro: l'esito è incerto, ma la decisione avrà un peso importante sul futuro politico e sulle prospettive generali dell'Unione

Persone citate: Aido, Anders Fogh Rasmussen, Ciampi, Goran Persson, Persson

Luoghi citati: Copenaghen, Danimarca, Europa, Londra, Svezia