Najaf : fallisce attentato all'ayatollah degli sciiti di M. Mo.

Najaf : fallisce attentato all'ayatollah degli sciiti Najaf : fallisce attentato all'ayatollah degli sciiti dal corrispondente da NEW YORK Il grande ayatollah degli sciiti iracheni è sfuggito a Najaf a un attentato con alcune caratteristiche simili a quello compiuto la scorsa settimana a Baghdad contro la sede dell'Oi. i. Sayeed Mohammed Saeed al-Hakim era appena tornato a casa sua a Najaf, città santa sciita, dopo la preghiera di mezzogiorno nella moschea Imam ai-Ali quando una bombola di gas trasformata in potente ordigno è esplosa a ridosso del muro estemo dell'abitazione, molto vicino a dove lui si trovava in quel momento. La violenta detonazione ha distrutto parte dell'edificio e causato la morte di tye persone che si trovavano dentro - due guardie del corpo e l'autista - mentre altre dieci sono rimaste ferite: l'ayatollah ha subito diverse ferite da scheggie sul collo. Al-Hakim è uno dei tre leader sciiti che vennero minacciati di morte dai miliziani del Baath poco dopo la caduta del regime di Saddam e appartiene alla famiglia che nel dopoguerra ha preso le redini politiche e religiose degli sciiti, che costituiscono il 65 per cento della popolazione irachena. Il nipote, Abdel-Aziz al-Hakim, è il leader del Consiglio supremo della rivoluzione islamica in Iraq - la principale organizzazione militare sciita, sostenuta dall'Iran - e in questa veste è entrato a far parte del Consiglio governativo iracheno nominato dagli americani. «Questo attacco è stato compiuto da gruppi terroristi che appartengono al passato regime», ha dichiarato Abdel-Aziz al-Hakim poco dopo l'attentato. Se la potente bomba fosse riuscita ad eliminare l'ayatollah sciita l'opera di ricostruzione dell'Iraq avrebbe subito il secondo duro colpo in meno di una settimana dopo l'attacco alla sede dell'Onu di Baghdad nella quale sono morte 23 persone. Washington ritiene che dietro questa campagna di attentati - iniziati con l'assalto all'ambasciata giordana ad Amman vi siano infiltrati dai Paesi confinanti. «Un grande numero di terroristi stranieri, forse diverse centinaia, è entrato in Iraq e alcuni di quelli che vi si trovavano prima della guerra stanno tornando», ha dichiarato alla tv Abc il capo dell'amministrazione militare, Paul Bremer, ricordando che l'amministrazione Bush ha sempre sostenuto l'esistenza di un legame fra Al Qaeda ed il regime di Saddam. A confermarlo ora sarebbe anche il fatto che l'attentato all'Onu è stato rivendicato con la sigla «Esercito di Maometto», identica a quella usato da gruppi di Al Qaeda che operano in Pakistan e in Uzbekistan. «Per fare fronte alla caccia ai terroristi abbiamo bisogno di più cooperazione ed informazioni dalle popolazione irachena», ha ammesso Bremer. Sempre nella giornata di ieri Kirkuk, nel Nord, ha vissuto una nuova giornata di tensione dopo 48 ore di scontri interetnici fra curdi e turcbmanni, mentre a Ovest di Baghdad è fallito un agguato contro un mezzo americano. Due soldati Usa sono morti, ma non per fuoco nemico: il primo affogando nell'Eufrate, l'altro a causa di ferite provocate da «fuoco amico». Il bilancio delle vittime dalla fine della guerra sale così a 65. Intanto a Tikrit, roccaforte del clan di Saddam Hussein, da sabato ha aperto i battenti il primo intemet-cafè. Le casse dell'esercito americano hanno contribuito con 24 mila dollari e il locale è gestito da un trentenne iracheno che invita i clienti a navigare sul web assicurandoli che «a differenza di quanto avveniva prima» essi potranno visitare qualsiasi sito e non vi saranno censure di sorta. [m. mo.]

Persone citate: Bremer, Bush, Mohammed Saeed, Paul Bremer, Saddam Hussein