«In Iraq d serve un'altra divisione di soldati alleati»

«In Iraq d serve un'altra divisione di soldati alleati» IL CAPO DI STATO MAGGIORE SULLA RESISTENZA A BAGHDAD «In Iraq d serve un'altra divisione di soldati alleati» Dick Myers nega l'invio di più militari Usa: «Il generale Abizaid non chiede rinforzi». «Non è vero che reclutiamo ex spie di Saddam» intervista Bob Schieffer e Thomas Friedman GENERALE Myers, quasi tutti coloro che in queste settimane tornano dall'Iraq dicono che gli Stati Uniti dovrebbero schierare più uomini per fare il lavoro che dev'essere fatto, mentre quasi tutti al Pentagono dicono: «Non ci servono altre truppe». Chi ha ragione? «Innanzitutto, vorrei dire che c'è una sola persona il cui giudizio conta: per me, per il segretario alla Difesa Rumsfeld e per il presidente Bush. Quella persona è il comandante militare americano nella regione, il generale John Abizaid, che passa la maggior parte del tempo sul campo ed è in costante contatto con il comandante delle forze di terra Usa a Baghdad, il generale Ricardo Sanchez, e i comandanti di divisione. Finora il generale Abizaid non ha chiesto rinforzi statunitensi. Quando lo farà, prenderemo in considerazione la sua richiesta e gli forniremo le risorse di cui ha bisogno per completare il suo lavoro». Capisco che il generale Abizaid dica: «Non sevono più truppe, servono informazioni migliori». Ma lei che penserebbe se, in una città devastata da un'ondata di crimini, il capo della polizia dicesse: «Non servono più poliziotti, serve sapere dove si trovano i delinquenti»? Mi chiedo se il generale Abizaid non si astenga dal chiedere più truppe perché sa che la linea dell'Amministrazione Bush è quella di non allargarsi. «Assolutamente no. L'ha detto Rumsfeld e l'ho detto pure io: qualunque cosa il generale Abizaid - o la nostra gente in Iraq chieda, noi gliela daremo. Ora la situazione della sicurezza è molto complessa. Ci sono oltre 50 mila iracheni armati e addestrati da noi. E ogni giorno ne arrivano di nuovi. Daranno una mano anche loro. E' importante che in tutto quello che facciamo anche gli iracheni mettano la loro faccia. Così, quanto più il popolo iracheno si aiuterà da sé, tanto meglio staremo tutti. Sul campo c'è già un importante contingente internazionale. Ci piacerebbe avere una terza divisione multinazionale, accanto a quelle guidate da Gran Bretagna e Polonia», Uno dei problemi, con questi 50 mila soldati iracheni che stiamo addestrando, è che non hanno un governo cui fare riferimento. Così è difficile che diano sicurezza alla gente, quando loro stessi non sono motivati. A che punto siamo con l'insediamento di un governo iracheno che funzioni? «Questo esula dalle mie competenze, ma posso dire che il ConsigUo di governo transitorio iracheno tiene duro. Sappiamo che in alcune province e nelle principali città sono stati insediati Consigli locali, con l'aiuto dei nostri uomini. Questo lavoro continuerà, protetto dalle forze di sicurezza. Voglio solo ricordare che siamo qui da appena cinque mesi, e più di uno è passato in grosse operazioni militari. La situazione comunque non è uguale in tutto il Paese. Alcuni posti sono più pericolosi di altri. Va da sé che è un lavoro difficile». Certamente. Ma torniamo alle truppe. A me sembra che, più che nuove truppe, occorrano truppe giuste. Serve gente che parli l'arabo. Servono politici. Servono civili che aiutino e interagiscano con i Consigli cittadini. Quello che mi colpisce delle nostre forze armate è che siamo andati in guerra senza averne a sufficienza. «Se guardiamo a quanto è successo in Afghanistan nelle ultime settimane, vediamo che non abbiamo solo forze convenzionali che danno la caccia a ciò che resta di Al Qaeda e dei taleban, ma abbiamo anche una forte presenza di civili che aiutano la ricostruzione». Va bene. Ma abbiamo sufficienti forze in Iraq? «La stessa cosa vale per l'Iraq». Allora dovrete riconfigurare le forze armate per adattarle a questo compito di ricostruzione del Paese? «Questo é un punto importante, insieme alla domanda se abbiamo forze sufficienti. Oggi scarseggia la polizia militare, così come il personale civile. Stiamo analizzando la questione e speriamo di avere una risposta nel prossimo bilancio che verrà discusso al Congresso». Generale, che cosa pensa di quanto ha riportato il «Washington Times» di oggi, e cioè che, per prevenire l'onda di attentati, le forze di occupazione americane avrebbero iniziato una campagna per arruolare ex spie di Saddam Hussein? «Per quanto ne so, le cose non stanno così». Lei ritiene che questa notizia non sia vera? «Io non ne so nulla. Ma non credo che gli Stati Uniti utilizzeranno ex membri di quelle organizzazioni che, sotto il regime di Saddam Hussein, hanno torturato e ucciso migliaia di iracheni. Non saranno i nostri futuri alleati. Sono uomini finiti. Questo non significa che rifiutiamo l'aiuto del popolo iracheno. Voghamo però che ad aiutarci siano le persone giuste». Lei e gli altri comandanti continuate a parlare di «mettere una faccia irachena» sulle forze di sicurezza impegnate nel Paese. «E' vero». Ma oggi si dice che l'attacco al quartier generale dell'Onu è stato opera di informatori interni... «Beh...» Non sarà estremamente difficile distinguere tra spie di Saddam Hussein e iracheni di buona volontà? «Sono passati pochi giorni dall'attentato, ancora non sappiamo se sia stato opera di informatori intemi. Quando sapremo con certezza che cosa sia accaduto, affronteremo il problema». Generale Myers, un'ultima domanda sulla forza internazionale e su chi deve averne il coniando. In Bosnia abbiamo un comandante americano e un vicecomandante europeo e le cose sembrano andare bene. Si potrebbe immaginare ima soluzione analoga per l'Iraq? «Dovremo pensarci». Basterebbe che il presidente Bush decidesse in tal senso. «Sì. Un accordo per il comando e il controllo sarebbe tecnicamente possibile». Copyright 2003 «Face the Nation» - Cbs Broadcasting Inc. ^^ Non credo che "" gli Stati Uniti utilizzeranno ex membri di quelle organizzazioni che, sotto il regime del Rafss, hanno torturato e ucciso migliaia di iracheni. Non saranno i nostri futuri alleati, sono uomini finiti. Questo non significa che rifiutiamo l'aiuto della gente. Vogliamo però essere certi che sia A& la gente giusta 5^5 I generale Dick Myers durante l'intervista Un militare americano osservato da alcuni bambini iracheni: a Baghdad il compito dei soldati Usa è sempre più difficile