L'amore fraterno secondo Chéreau
L'amore fraterno secondo Chéreau PRIME CINEMA L'amore fraterno secondo Chéreau Alessandra Levantesì SE si pensa a «La regina Margot» (1994), che era ancora un sontuoso spettacolo di impianto teatrale, non si riesce a credere che il regista francese Patrice Chéreau sia potuto tanto rapidamente approdare a una forma di cinema matura ed essenziale come quella espressa da «Intimacy» (2001) e ora da questo «Son fiere», premiato con l'Orso d'argento alla scorsa Berlinale. Ispirato al romanzo di Philippe Besson, il film racchiude un breve arco di tempo, fra un rigido febbraio parigino e una grigia estate sulla costa del Nord, la cronaca di una tragedia familiare simile a tante altre. Il trentenne Lue (Eric Caravaca) si vede capitare una sera in casa il fratello maggiore Thomas (Bruno Todeschini), il quale gli rivela di essere stato colpito da una malattia rara e gravissima che gli distrugge le piastrine del sangue. E' molto tempo che i due, diversi per temperamento e divisi da differenti scelte di vita, non si frequentano: in particolare Thomas non ha mai accettato l'omosesssualità di Lue che, avendo risentito della sua incomprensione, sembra sulle prime riluttante a soccorrerlo nel doloroso frangente. Ma pian piano i fratelli, pur tra contrasti e risentimenti, si ritrovano. E' un processo di riawicinamen- to profondo, scandito dagli alti e bassi di un male che non lascia speranza e sconvolge ogni equilibrio, inclusi i rapporti affettivi con i genitori incapaci di fronteggiare la situazione e con i rispettivi partners. Ben coadiuvato da attori pronti ad annullarsi nei personaggi in un' interpretazione interiorizzata e antipsicologica, Chéreau narra l'inesorabile agonia di Thomas, che assistito da Lue passa dalle cure ospedaliere alle rive del mare dove si consuma l'atto finale, esplorando il lento degradarsi del suo corpo e nulla risparmiando allo spettatore dei tormenti di un fisico martoriato da tremori, sudori ed emorragie. Quello del regista è un approccio estremo e naturalista: si potrebbe definire impietoso se non fosse per l'alto livello di stile che, prosciugando la vicenda di facili patetismi, la risolve in una stoica parabola sulla dignità con cui si può affrontare quell'evento fondamentale della vita che é la morte. SONFRERE di Patrice Chéreau Con Bruno Todeschini, Eric Caravaca Drammatico Francia 2003 TORINO, cinema Nazionale. MILANO Eliseo. ROMA Eden Film Centre, Quattro Fontane
Persone citate: Bruno Todeschini, Eden Film Centre, Eric Caravaca, Milano Eliseo, Patrice Chéreau, Philippe Besson
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