Telekom Serbia: faccia a faccia Marini-Paoletti

Telekom Serbia: faccia a faccia Marini-Paoletti IL CONFRONTO TRA IL FACCENDIERE E L'AVVOCATO ROMANO, DURATO PIÙ DI DIECI ORE, RIPRENDERÀ OGGI Telekom Serbia: faccia a faccia Marini-Paoletti Alberto Caino TORINO Soddisfatto? «Sì». Tranquillo? ((No». Fabrizio Paoletti cammina svelto alle otto della sera dopo dieci ore di confronto fra lui e Igor Marini sulle truffe intemazionali in cui il secondo ha inserito il suo racconto sulla tangentona a Prodi, Fassino e Dini per l'acquisto del 29 per cento di Telekom Serbia da parte di Telecom Italia al tempo (giugno 1997) ancora controllata dal Tesoro. Sul viale di campagna che conduce dagli ultimi palazzi al carcere delle Vallette è appena sfrecciata l'auto di servizio in cui sedeva, sorridente, il procuratore capo torinese Marcello Maddalena che quest'inchiesta ha preso in mano dall'ingresso sulla scena di Marini e conduce in prima persona. L'impressione che il primo tempo della partita giocata ieri per metà nella «sala magistrati» del carcere delle Vallette e slittata ad oggi per la conclusione sia stato vinto proprio da lui, supportato dai pm Roberto Furlan e Paolo Storari, esperti, di criminalità finanziaria. Apochi metri da Paoletti camminano gli avvocati: Titta Castagnino (difensore del civilista romano agli arresti domiciliari con licenza di spostarsi senza i carabinieri al fianco) e Luciano Randazzo (legale di Marini, detenuto nel carcere torinese). Entrambi si trincerano dietro la secretazione del verbale imposta da Maddalena. Tutt'al più aggiungono qualche frase di segno compiuto rispetto ai monosillabi di Paoletti. Randazzo se ne esce con un laconico «è stato terribile» che sembra evocare tanto la dura prova psicofisica per tutti nelle dieci ore di doppio interrogatorio quanto nuovi e più complicati scenari di una storia che si è via via avvitata su se stessa ballando su cascate di titoh per centinaia di milioni di dollari, al novantanove per cento falsi. Più tardi, al telefono, sibila un ((Marini ha fatto nuovi nomi» che fa ripensare all'audizione-bis del faccendiere dell'8 agosto da parte della Commissione parlamentare d'inchiesta su Telekom Serbia (orfana dei rappresentanti dell'opposizione). Più chiaro il collega Castagnino: ((Non c'è stato il muro contro muro previsto da tanti. Le posizioni collimano fino a un certo punto, poi divergono». Allusione più che trasparente al «cappello» di Marmi sulle tangenti ai tre leader dell'Ulivo. E' un fatto che il «super-accusatore», dopo aver parlato agli inquirenti romani nel 2002 di «garanzie bancarie» false, ha cambiato versione prima a Palazzo San Macuto, di fronte alla commissione parlamentare, poi negli interrogatori in Svizzera. E una volta estradato in Italia, a fine luglio, con il gip Francesco Gianfrotta ha spolverato la tesi dei titoh falsi che, però, sarebbero serviti, compiacenti molte banche inter¬ nazionali, a mascherare il riciclaggio dei 225 milioni di dollari destinati a Prodi, Fassino (J&J secondo Marini che identifica così i due notissimi politici fra i destinatari di una rata di una linea di credito mai attivata dallo lor presso ima banca di San Marino) e Dini. Oltre che a Milosevic (100 milioni) e a tanti comprimari (per quasi 150 milioni di dollari). Avvocato Castagnino, l'imprevista prosecuzione del confronto Marini-Paoletti potrebbe rivelarsi decisiva? «La situazione è compheata, ma stiamo chiarendo ogni cosa. Spero che per la serata si finisca». Il procuratore capo ha riconvocato le parti per le 11 di stamane. La traccia investigativa della Procura è ricostruibile dai capi di imputazione (associazione per delinquere, truffa, falso e ricettazio¬ ne) per cui aveva ottenuto gli arresti domiciliari di Paoletti e l'estradizione del suo ex ((postino» Marini, che però ha sempre scelto per sé il ruolo di «stratega» dellVoperazione mischia le carte», in parole semplici una vorticosa movimentazione di contibancari all'estero ((per impedire che si potesse risalire alle fonti della maxi tangente» di cui Paoletti sarebbe stato lo smistatore. Il civilista romano ha sempre negato di averne neppure sentito parlare. Marini non vi aveva accennato nei 14 interrogatori sostenuti a Roma prima delle sue rivelazioni alla Commissione parlamentare d'inchiesta del 7 maggio. «D pm romano Maria Bice Barborini mi ha stoppato non appena ho attaccato l'argomento, dicendomi "Ci vuole fare ammazzare tutti?"». E anche il magistrato l'ha querelato. L'avvocato romano Fabrizio Paoletti

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