Sharon pronto alla ritorsione, Abu Mazen alla retata di Aldo Baquis

Sharon pronto alla ritorsione, Abu Mazen alla retata IL GOVERNO DI GERUSALEMME RIAPRE Al NON MUSULMANI LA SPIANATA DELLE MOSCHEE Sharon pronto alla ritorsione, Abu Mazen alla retata Ultimatum del leader palestinese ad Arafat: fermiamo gli ultra o mi dimetto Aldo Baquis TEL AVIV Il massacro degli innocenti a Gerusalemme non resterà impunito. Ma Israele limiterà la ritorsione per non far crollare il governo di Abu Mazen, a cui viene chiesto invece di fare la sua parte per smantellare le infrastrutture terroristiche. Ed il primo ministro palestinese ha deciso di lanciare un ultimatum al presidente Yasser Arafat affinché siano adottate misure repressive contro i movimenti integralisti Hamas e Jihad islamica. Il premier Ariel Sharon ha illustrato la sua posizione al presidente George Bush, mentre Israele è sotto shock per la straordinaria ferocia dell'attentato. Venti le vittime israeliane e statunitensi, fra cui sette bambini. Fra questi, un bebé di 11 mesi, i cui genitori sono gravemente feriti. Hamas ha ieri rivendicato l'attentato, concepito - è stato spiegato in un volantino - per punire Israele di ripetute infrazioni al cessate al fuoco, fra cui l'uccisione di militanti islamici. Ma l'attentato - rivendicato separatamente anche dalla Jihad islamica - è stato visto come un affronto personale da Abu Mazen, che nei mesi scorsi era ricorso a tutto il proprio prestigio personale per convincere israeliani e americani che era possibile arginare la furia degli islamici con un serrato e onesto dialogo politico. Ieri da Gaza e da Ramallah i dirigenti dell'Anp hanno detto senza mezzi termini all'opposizione islamica che la legalità palestinese sarà imposta anche con la forza a quanti danneggiano gli interessi nazionali con gli attacchi terroristici. Lo stato di massima allerta è stato dunque proclamato fra i servizi di sicurezza di Mohammad Dahlan, il braccio destro di Abu Mazen, che ieri si apprestavano a compiere le prime retate di integralisti islamici nel Nord della striscia di Gaza. «Non ci fanno paura» ha replicato Abdel Aziz Rantisi a nome di Hamas. «Sapremo bene come riceverli». La decisione ultima spetta a Yasser Arafat, che nella notte ha convocato a Ramallah i vertici operativi di al Fatah, nonché Abu Mazen, il quale gli porrà la questione in termini ultimativi. Abu Mazen dirà all'anziano leader che se non approverà l'azione con- tro i gruppi armati, il governo si dimetterà in massa. Nelle stesse ore - mentre gli Stati Uniti premevano su Abu Mazen perché sferrasse un primo energico colpo agli islamici, e su Israele perché si astenesse da operazioni militari eclatanti - Sharon esaminava nel proprio ufficio una serie di ritorsioni suggerite dai servizi di sicurezza. Il premier ha bocciato - non per la prima volta l'eventualità di espellere Arafat dai Territori. E non ha nemmeno preso in considerazione la provocatoria proposta di un suo ministro, Avigdor Liberman, di radere al suolo il quartier generale di Arafat, con dentro tutti i suoi inquilini, fra i quali, secondo Israele, una ventina di ricercati che fomentano nuovi attentati. «Arafat è il nostro Saddam. Che male ci sarebbe a eliminarlo?», si è retoricamente chiesto Lieberman in un'intervista alla radio militare. In serata, un ragazzo palestinese di 16 anni è morto per il fuoco israeliano durante un raid dell'esercito nel campo profughi di Tulkarem. Le forze israeliane hanno arrestato tre militanti di al-Fatha, la fazione palestinese che fa capo ad Arafat. Secondo fonti israeliane, che non hanno confermato la morte del giovane palestinese, sarebberop stati gli abitanti del campo profughi ad aprire il fuoco per primi. Ma testimoni palestinesi sostengono che a sparare sono stati unicamente gli israeliani, secondo alcune fonti un'unità speciale in abiti civili che è entrata nel campo profughi per seguire gli arresti appoggiata da ima dozzina di tank e mezzi blindati. Ci sarebbero anche dei feriti, tra i quali un ragazzino di 11 anni. Sarebbe l'inizio delle misure decise da Sharon, che comprenderebbero esecuzioni mirate, raid e arresti. Un'altra reazione, simbolica e politica al tempo stesso, è stata messa intanto in atto ieri a Gerusalemme quando, su ordine del ministro per la Sicurezza intema Zahi Hanegbi (Likud), decine di turisti israeliani sono tornati sulla Spianata delle Moschee, ossia sul Monte del Tempio. Malgrado la netta opposizione del Waqf, l'ente per la protezione dei beni islamici in Palestina, gli escursionisti israeliani accompagnati dalla polizia sono stati ben accolti dai guardiani musulmani e i temuti screzi non si sono verificati. Esclusa l'ipotesi di espellere il Raiss dai Territori e di radere al suolo il suo quartier generale, come chiesto da un ministro durante una riunione d'urgenza del gabinetto. Bush invita alla moderazione ., .