Per 13 cavalli lipizzani un destino da clandestini

Per 13 cavalli lipizzani un destino da clandestini LE DISAVVENTURE DI UN GRUPPO DI ANIMALI AFFITTATI A CIRCHI CELEBRI Per 13 cavalli lipizzani un destino da clandestini Mancano i certificati sanitari, bloccati a Trieste dopo una tournée in Turchia Elena Marco TRIESTE Non hanno documenti d'identità, sono rimasti a cuocere per settimane sotto il sole dentro un Tir e da qualche giorno tirano a campare nel Porto Vecchio di Trieste. Stufi, stanchi, accaldati. È la vita da cani di 13 cavalli lipizzani. Da blasonati equini a poveracci guardati a vista come potenziali «lebbrosi». Tredici animali da spettacolo che di professione fanno i mercenari per i circhi d'Italia e oltre e che sono finiti in disgrazia per essere usciti dall'Italia come clandestini. Da Ancona, gli sventurati, in compagnia di sei tigri e di un elefante, se ne sono andati alla chetichella. E in Turchia, una volta messe le zampe a terra, nessuno ha battuto ciglio. Là sono rima¬ sti per sei mesi, passando da città a città senza che qualcuno chiedesse loro i documenti. I problemi li hanno scontati tutti al ritomo, subito dopo essere sbarcati dal traghetto che ogni settimana collega Trieste con la Mezzaluna. I sei mesi vissuti da nababbi in giro per la Turchia con il proprio manager. Marco Alessandrini, titolare di una società di servizio che affitta animali ai circhi, sono finiti in fumo, beffa del destino, proprio a Trieste, la città dell'ex impero austroungarico che si trova a due passi da Lipizza, il paesetto sloveno che fornisce i cavalli dal sangue blu all'imperiai casa austriaca. «In Turchia ci sono molte malattie, focolai di malattie infettive da far impallidre, non possiamo correre rischi: i cavalli restano qui», ha imposto il responsabile dell'ufficio veterinario del porto giuliano. Poco importa che i cavalli sono delle star reduci da una tournée con il circo «Atlantis». Con i certificati di buona salute non si scherza. Mentre le sei tigri e l'elefante Pippo sono riusciti a strappare il nullaosta per andarsene, gli altri compagni di palcoscenico sono stati costretti a restare in isolamento. Non più su un Tir, non più dentro un hangar, ma finalmente in una scuderia a cinque stelle e due piani nel porto vecchio di Trieste, finalmente sei-viti di barba e capelli. A loro ci pensa adesso una delle società di import-export più importanti della città. «Hanno acqua corrente e mangiatoie piene di fieno - dice Stefano Skerk, uno dei responsabili della società -. Altro? E che altro serve a un cavallo?». Chi non si dà pace sotto il solleone è invece Marco Alessandrini, che con quei cavalli ci vive. «Li avevo promessi al Circo di Mosca, che adesso è costretto a farne a meno». Già, ma fino a quando? «Aspetto i risultati degli esami di sangue - dice -. Ma si vede a occhio nudo che stanno bene». Così li vede lui, ma i veterinari del porto dove transitano 90 mila capi di bovini, non animali da spettacolo, ma bestie da macello che fruttano cifre da capogiro, non la pensano allo stesso modo. Se gli esami dei lipizzani risultassero positivi, il loro destino sarebbe segnato: abbattimento immediato. Ma quel che è peggio è tutto il traffico di bestie che passa per Trieste finirebbe per venir congelato.

Persone citate: Marco Alessandrini, Mezzaluna, Stefano Skerk