Uno schianto sul pack

Uno schianto sul packUno schianto sul pack Andrea Vico L generale Umberto Nobile aveva già conquistato il Polo Nord con Roald Amundsen nel 1926; perché due anni dopo volle tornare a sfidare i ghiacci artici? Del secondo viaggio di Nobile al Polo, esattamente 75 anni fa, tra il maggio e il luglio 1928, tutti ricordano la tragedia che colpì il dirigibile «Italia»: raggiunta con difficoltà la latitudine zero assoluta (alle 0,20 del 24 maggio 1928), nel viaggio di ritorno l'aeronave incappò in una tremenda tempesta di ghiaccio e neve, con venti fortissimi, che la portò a schiantarsi sul pack. Nobile con nove membri del suo equipaggio si ritrovano nella neve. Gli altri sei, rimasti all'interno del dirigibile, vengono trascinati via e mai più trovati. Per Nobile e gli otto sopravvissuti (uno morì sul colpo) iniziò quella che è nota come l'epopea della Tenda Rossa, dal colore della tenda in cui trovarono rifugio per ben 48 giorni, fino a quando il rompighiaccio russo Krassin riuscì a salvarli. Quello che è poco ricordato sono i risvolti scientifici di quella spedizione e i primati tecnologici che furono stabiliti. La spedizione del 1928 nasce sugli allori di quella del 1926 quando Nobile e Roald Amundsen per primi raggiunsero il Polo Nord. Quella trasvolata tra Ny Alesund (Baia del Re - Svalbard) e Punta Barrow (Alaska) aveva avuto qualche merito geografico (esplorazione di terre e tratti di mare sconosciuti, alcune frettolose misurazioni della conduttività elettrica dell'atmosfera e apertura della rotta polare per raggiungere Tokyo o San Francisco dal nord Europa), ma nulla più. Tutte le energie e le risorse erano state concentrate sul gesto tecnico, mentre Umberto Nobile, in cui l'animo dello scienziato prevaleva su quello dell'esploratore, si rese subito conto di quali vantaggi avrebbero tratto le scienze dall'impiego dei dirigibili nell'Artico. Appena rientrato in Italia, nell'autunno del 1926 era già al lavoro per organizzare una nuova spedizione polare: oltre le coste di Groenlandia, Canada e Siberia c'erano ancora terre sconosciute? Inoltre, occorreva compiere precise misurazioni dell'elettricità atmosferica, bisognava approfondire la conoscenza del magnetismo terrestre e "inaugurare" l'oceanografia, la biologia marina e la biologia atmosferica in ambiente artico. E il dirigibile si era dimostrato il mezzo più affidabile per questo tipo di ricerche: aveva ampia possibilità di carico (anche 18-20 persone con abbondante equipaggiamento), una buona autonomia (fino a dieci giorni senza scali), margini di sicurezza più che accettabili (migliori, comunque, degli aerei e degli idrovolanti di quegl' anni) e ottima maneggevolezza, se le condizioni meteo erano favorevoli. Per questa nuova spedizione Nobile utilizzò un dirigibile gemello del «Norge» impiegato nel '26 (rN4, battezzato poi «Italia») attrezzandolo a dovere per il lavoro scientifico. Con molta cura, poi, individuò il gruppo di scienziati più adatti alla spedizione. Il primo nome era d'obbligo: Finn Malmgren, meteorologo, già a bordo del Norge. Trentatré anni, di nazionalità svedese, tarchiato, biondo e particolarmente a suo agio nelle spedizioni polari, Malmgren era un meteorologo di fama (docente all'Università di Uppsala) e anche uno studioso di oceanografia. Infatti Nobile e Malmgren per primi avevano intuito il ruolo del Polo Nord e del Mar Glaciale Artico come centro di termoregolazione che influiva sul clima e sugli ecosistemi di Siberia, Russia, Canada, Groenlandia, Gran Bretagna e Scandinavia. Allo svedese erano affidati i servizi meteo e tutta una serie di rilevazioni e di carotaggi con prelievi di acqua e ghiaccio, sia durante il volo sia durante la sosta che il Dirigibile Italia avrebbe fatto esattamente sul Polo Nord. A questo proposito Nobile aveva fatto costruire una speciale zattera in gomma da gonfiare al momento giusto e da calare sul pack tramite un verricello in modo da consentire a Malmgren e a un paio di aiutanti di scendere su ghiaccio per i suoi esperimenti. Il materiale che equipaggiava la zattera era stato pensato anche per un'eventuale emergenza, nel caso il dirigibile, per il troppo vento, dovesse abbandonare momentaneamente gli uomini sul pack per poi tornare a riprenderli. Per garantire la loro sopravvivenza. Nobile si era dotato di una tenda di colore rosso, una radio piccola, potente e resistente, scorte di equipaggiamento e viveri. Ovvero tutto ciò che consentì poi ai superstiti del disastro di sopravvivere per quarantotto giorni. Volendo studiare l'atmosfera e i fenomeni elettrici (specie quelli collegati alle onde radio; Nobile credeva moltissimo nel lavoro di Marconi) Nobile scelse un giovane e promettente fisico: Frantisek Behounek, dell'Università di Praga, che era direttore del locale Istituto del Radio. Per l'analisi della conduttivi¬ tà e della ionizzazione dell'aria Behounek si era costruito da sé alcuni strumenti specifici e, nonostante la sua corporatura fosse decisamente massiccia e poco atletica e non gli permettesse di trovarsi a suo agio negli angusti spazi offerti da un dirigibile, il suo incrollabile buonumore e la sua dedizione al lavoro ne facevano un ottimo compagno di viaggio. Il terzo membro scientifico della spedizione al Polo scelto da Nobile era Aldo Pontremoli, trentuno anni, docente di fisica all'Università di Milano e già conosciuto a livello internazionale. Ben dotato dal punto di vista fisico (alto, robusto, resistente), Pontremoli parlava correntemente quattro lingue, bravo teorico era anche un buon sperimentatore, capace di ingegnarsi a risolvere tutti quei problemi pratici che sono all'ordine del giorno in una spedizione polare. A lui erano affidati gli studi sul magnetismo terre¬ stre e si era per questo impegnato moltissimo nel progettare e costruire uno strumento per misurare la gravità direttamente a bordo dell'Italia. Pontremoli avrebbe poi anche gestito il misuratore d'aria costruito dall'Università di Padova per studiare (già allora!) l'inquinamento atmosferico nelle zone artiche. Così attrezzato e con questi sistematici progetti di ricerca, il Dirigibile Italia segnò una svolta nel modo di fare ricerca: per la prima volta così tanti strumenti uscivano tutti insieme dai laboratori delle università per operare sul campo; in condizioni estreme, per giunta. Tutto ciò non venne purtroppo realizzato, ma ci furono comunque alcuni primati scientifici e tecnici. Per poter mettere in condizione Malmgren di elaborare delle previsioni meteo sufficientemente affidabili. Nobile organizzò una rete di ben 300 stazioni radio che trasmettevano i dati meteo di tutta Europa. Attraverso alcuni centri di raccolta (Oslo, Tromsoe, Stoccolma e Roma) tutto raggiungeva la nave appoggio Città di Milano che a ore stabilite inviava le informazioni a bordo del dirigibile. Mai prima d'allora le telecomunicazioni furono così capillarmente impiegate a servizio della meteorologia e, nella sua architettura concettuale. Nobile anticipò di oltre quasi secolo quelle che fu poi gradualmente realizzato a partire dagli anni Sessanta. La stessa rete di ponti radio venne poi impiegata per le ricerche e per coordinare i soccorsi. Anzi, visto che si trattava di trasmissioni prevalentemente in chiaro, non codificate, molti giornali erano costantemente sintonizzati per seguire in diretta una vicenda che ormai aveva Appassionato tutta Europa e che teneva col fiato sospeso milioni di persone. Anche questo fu un primato tecnologico non indifferente. LA^SEGONDA SPEDIZIONE POLARE, QUELL'A!DEL11928, NON ERA1NEGESSARIA: HROLO NORD ERA GIÀ' STAIOIGONQUISTATO PER CONTO DELLA MARINA ITALIANA E POI. FENDUTO Al NORVEGESI) EFFETTUO'IL VOLO AL DI SOPRA DEL POLO. IMPRESA FORTEMENTE VOLUTA DA ROALD ^MUNDSEN, ESPLORATORE NORVEGESE CHE, DOPO AVER TENTATO PIÙ' VOLTEGONiVARl MEZZI DI RAGG UNGERE IL POLO NORDlSIiERA CONVINTO Ai^ÈSSiSfe DELLE POTENZIALITÀ' DE! 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