Quei subdoli acidi omega

Quei subdoli acidi omega | CUORE E DIETA Quei subdoli acidi omega LE NUOVE VALUTAZIONI SUI RAPPORTI TRA SOSTANZE GRASSE E COLESTEROLO Antonio Tripodina UNA rivoluzione copernicana è in corso intomo aUe indicazioni dietetiche volte aUa protezione cardiovascolare. Finora le linee guida, approvate all'American Heart Association, la più alta autorità mondiale in campo cardiologico, erano incentrate essenzialmente sulla riduzione del livello del colesterolo secondo una ristrutturazione dietetica svUuppata daU'Ncep (National Cholesterol Education Program) che prevede due liveUi di intervento. Un primo liveUo, o Step I, rivolto alla popolazione generale, prescrive che l'assunzione di grassi alimentari non superi U 30 per cento delle calorie giornaliere totah (con un 10 per cento di grassi saturi e un 7-8 per cento di grassi insaturi) e che l'assunzione del colesterolo non superi i 300 mg al giomo. Un secondo livello, o Step H, rivolto a chi già presenta una patologia cardiovascolare, prevede un'ulteriore riduzione neh'assunzione di grassi saturi, non superiore al 7 per cento delle calorie giornaliere, e di colesterolo non superiore ai 200 mg al giorno, nel tentativo di raggiungere un tasso di colesterolo-LDL ematico soddisfacente, al di sotto dei 130 mg/di. E' evidente, già a prima vista, la difficoltà di impostare e di seguire, nell'ambito di una alimentazione di tipo occidentale, un simile regime alimentare, che infatti non ha mai goduto di grande adesione. A questa impostazione «colesterolo-centrica» se ne va contrapponendo un'altra più «umana», più facUe da comprendere e da attuare, che, per di più, ha dimostrato di ottenere mighori risultati nella prevenzione secondaria delle malattie cardiovascolari, cioè nel rallentare la progressione di una patologia già in atto. Questa la provocatoria evidenza che emerge in modo sorprendente dal Lyon Diet Heart Study, un'indagine programmata da ricercatori francesi (coordinati dal dottor De Longerin) aUo scopo di valutare se una dieta tipo mediterraneo sia in grado, o meno, di ridurre il ripetersi di un evento cardiaco. Tale studio ha coinvolto più di 600 soggetti, uomini e donne, che avevano già subito un infarto del miocardio nei sei mesi precedenti: una metà di questi ha continuato a seguire una dieta «prudente» di tipo occidentale, secondo quanto comunemente raccomandato ai cardiopatici negli ospedali; all'altra metà è stato suggerito di adottare un regime alimentare di tipo mediterraneo: mangiare più pane e altri tipi di cereali, più legumi e vegetali verdi, meno carne di bue, di agnello e di maiale e più carne di pollo e più pesce, frutta tutti i giorni, rimpiazzare U burro e la panna con una margarina ricca di acido linoleico o con l'olio di oliva, una modica quantità di vino rosso. Lo studio, inizialmente programmato della durata di 5 anni, è stato interrotto dopo 27 mesi per motivi etici, essendo apparsa già evidente una notevole differenza di risultati fra i due gruppi sotto controllo: in quello «mediterraneo» si sono verificati 14 nuovi infarti contro i 44 del gruppo di controllo e una riduzione di tutti gli eventi collegati ad una progressione della patologia cardiovascolare (angina instabUe, ictus, scompenso cardiaco, embolia polmonare e periferica) tra il 50 e 70 per cento. Risultati stupefacenti che è stato plausibile attribuire unicamente all'intervento dietetico, essendo i profili di rischio e le terapie farmacologiche del tutto simUi nei due gruppi. Gli autori del Lyon Diet Heart Study ritengono che uno dei motivi di questi risultati sia da ricercare nell'equilibrio fra gli acidi grassi omega-6 e omega-3, due categorie di acidi grassi polinsaturi «essenziali», così definiti in quanto l'uomo, non avendo la capacità di sintetizzarli, deve necessariamente assumerli daU'estemo, con l'alimentazione. La quantità di queste sostanze necessaria all'uomo è piuttosto modesta, circa 5 grammi al giorno, per cui una loro carenza è rara. Ma è l'equilibrio fra loro che ha importanti riflessi suUa salute. EquUibrio che manca nel regime dietetico occidentale che contiene troppi omega-6 rispetto agli omega-3. E' stato calcolato che la dieta di tipo mediterraneo contiene in media il 30 per cento di grassi (8 per cento saturi, 13 per cento mono-insaturi, 5 per cento poli-insaturi) e 203 milligrammi di colesterolo. Quindi una quantità di lipidi non è dissimUe da quella raccomandata dal secondo hveUo Ncep. QueUo che differisce sensibilmente è la qualità degli elementi introdotti. In particolare si ritiene che un ruolo preminente sia svolto dagli omega-3 sia per le importanti funzioni che hanno neU'organismo (entrano neUa composizione delle membrane cellulari e neUa sintesi degU ormoni eicosanoidi) sia per gli effetti cardio-protettivi che esercitano attraverso multipli meccanismi (prevengono le aritmie, hanno proprietà antinfiammatorie, diminuiscono la sintesi di citochine e di fitogeni, stimolano la produzione di ossido nitrico, sono antitrombotici). Ma un ruolo non trascurabile è certamente svolto anche dalle sostanze antiossidanti e dalle fibre alimentari di cui la dieta mediterranea è generosa apportatrice. Il colesterolo è certamente uno dei fattori associati con la patologia cardio-vascolare, ma la rivoluzione di cui si parla tenta di togliere tale elemento dal centro del sistema dietetico cardioprotettivo: più che la riduzione di un singolo elemento sembra essere l'apporto di altri elementi nutritivi, ad avere riflessi positivi suUa salute in generale e nel ritardare la progressione deUe patologie cardiovascolari in particolare. Elementi ancora non del tutto noti ma di cui è certamente ricca la dieta mediterranea, per cui se ancora non l'avete adottata, sembra proprio giunto U momento di incominciare. STUDIO IN FRANCIA SU 600 PERSONE GIÀ COLPITE DA UN INFARTO DEL MIOCARDIO STUDIO IN FRANCIA SU 600 PERSONE GIÀ COLPITE DA UN INFARTO DEL MIOCARDIO

Persone citate: Antonio Tripodina, De Longerin, Lyon

Luoghi citati: Francia