Viva la natura morta

Viva la natura morta Viva la natura morta LA MOSTRA Marco Rosei ^m passato più di mezzo m' secolo dalla pubblicazione sul numero 1 di m Paragone nel 1950 del saggio di Roberto Longhi Un momento importante nella storia della natura morta in cui, nel nome della Canestra di frutta del Caravaggio all'Ambrosiana, dono del Cardinal del Monte a Federico Borromeo, venne presentata la natura morta italiana come fenomeno fondamentale sulla ribalta europea. Nella prima metà del secolo ottimi studiosi come Marangoni e De Logu avevano già tracciato ima prima mappa essenziale, da Roma a NapoU, da Firenze all'Emilia Romagna, ma negli studi intemazionah sul '600 e '700 fiammingo, olandese e propaggini tedesche, spagnolo, francese, l'Italia era latitante. Il segnale di Longhi fu immediatamente captato da Charles Sterling in ima glande mostra parigina e nel libro connesso. La Nature Morte de l'antiquité à nosjours. In effetti oggi le opere d'esordio di questa trionfale rassegna proveniente dalla Kunsthalle di Monaco (la cura Mina Gregori) due affreschi di natura morta e viva del Museo Archeologico di Napoli daDa Casa dei Cervi di Ercolano, suonano esplicito omaggio a Sterling. Ho usato il termine di trionfale perché è molto evidente che le più di 200 opere in mostra sono da un lato il frutto lussureggiante e lussuoso di mezzo secolo di studi specialistici, ma vogliono anche costituire la definitiva affermazione europea di quel primato di «pittura della realtà» rivendicato da Longhi nel suo saggio di fondazione. L'avvio della mostra certifica con flagrante evidenza quel primato. Esso presenta, accanto alle opere di preannuncio di Vincenzo Campi - la Fruttivendola commissionata dal banchiere Hans Fugger per la sala da pranzo del castello di Kirchheim e ivi sempre rimasta, prima affermazione fra sociale e gastronomica della nuova tematica - e di Bartolomeo Passerotti, la verità arcaica lombarda del Pigino, maestro del Caravaggio, di Fede Galizia e Panfilo Nuvolone, la piemontese con un belhssimo «Ipomee e boul inedito di Orsola Maddalena Caccia e la folgorante sequenza di Caravaggio e dei suoi esiti romani fino a Cerquozzi. E' assente purtroppo la Canestra, ma sopperiscono splendidamente le canestre di frutta del Fruttaiolo della Galleria Borghese e del Bacco degli Uffizi e la caraffa di fiori del Ragazzo morso dal ramarro. La finestra e la figura riflesse nella caraffa ricompaiono nel colpo d'ala della mostra, la versione inedita del Suonatore di liuto identificata da Sir Denis Mahon presso il Duca di Beaufort, dove era rimasta invisibile fin dall'inizio del '700. Fanno loro corona i risultati di decenni di studi e di attribuzioni di scuola longhiana, dal «Maestro di Hartford» a Salini, dal Crescenzi al Bonzi, il Gobbo dei Carracci, da Cecco del Cara¬ vaggio al Verrocchi al «Maestro deUa natura morta Acquavella», forse identificabile con Bartolomeo Cavarozzi. Nel gruppo viene anche presentata un'attribuzione al «Maestro di Palazzo San Gervasio», grande pittore nel dipinto da cui trae il nome, discusso fra Napoli, Roma e la Lucca di Piero Paolini. Essa stabilisce la connessione con la successiva ondata napoletana e con la sua realtà densa e «golosa», grondante e madida di argenti e di rossi ittici, di pampini e di meloni spaccati, delle grandi famiglie dei Pecco e dei Ruoppolo, indici di un alto e ricco livello mercantile e collezionistico. Il viaggio inverso da Napoli a Roma di Paolo Porpora dà origine alla pullulante misteriosa densità barocca dei suoi Sottoboschi, frutto dell'incontro romano con l'olandese Marsaeus van Schrieck. A questo punto, ad un terzo della mostra e dopo la parentesi di quattro Baschenis ottimamente ed equanimamente scelti fra cucine e strumenti musicali, la mostra cavalca fondamentalmente la linea della sontuosità floreale barocca romana e dell'onnivalente collezionismo mediceo, perfettamente esemplato dalla disponibilità totale del Bimbi, dall'immagine didattica di scienze naturali alla cascate ornamentali di conchiglie e di armi turchesche «nello stile di...». La sequenza per scuole locali fa riemergere talora, con qualche confusione, la lucida linea originaria della realtà, dalle pergamene della Garzoni a Simone del Tintore, dal fratello del Guercino al «pittore di Rodolfo Lodi», alla magìa misteriosa delle caraffe di fiori del teatrante napoletano Andrea Belvedere, ma quasi sommersa dal passaporto barocco europeo dei trionfi floreali. FU ROBERTO LONGHI NEL 1950 A RIDESTARE L'ATTENZIONE SUGLI ARTISTI CHE ISPIRANDOSI IN MOLTI CASI A ESPERIENZE NORDICHE PORTAVANO SULLA TELA FIORI. FRUTTA CONCHIGLIE CACCIAGIONE O TESCHI DA CARAVAGGIO AL SETTECENTO: UNA GRANDE MOSTRA A PALAZZO STROZZI DI FIRENZE RIPERCORRE UN GENERE DELLA PITTURA ITALIANA FONDAMENTALE SULLA RIBALTA EUROPEA La natura morta italiana dal Caravaggio al Settecento Firenze, Palazzo Strozzi Tutti ìgiomì 10-21 Fino al 12 ottobre ■/.•s •■".'-'. .■'-'.,V''"^ ■ - ■** : ll^^^l ...t -■'*.■-' ■• ■ ■V'^^mI SbIP' «Giovane con canestro di frutti» ossia il celebre «Fruttaiolo» dipinto da Caravaggio intorno al 1593 «Ipomee e boules de neige» di Andrea Belvedere «Conchiglie» (particolare) di Bartolomeo Bimbi «Vanitas» di Salvator Rosa si rifa alla tradizione olandese delle allegorie