LARTIGUE Il fotografo della velocità di Francesco Poli

LARTIGUE Il fotografo della velocità LARTIGUE Il fotografo della velocità LA MOSTRA DELLA SETTIMANA Francesco Poli NEL maggio 1962 Jacques Lartigue è a New York. Qui avviene l'incontro, che cambia la sua vita, con John Szarkowsld, direttore del dipartimento di fotografia del Museum of Modem Art, Szarkowski gh organizza al museo una mostra di quarantuno fotografie, scattate fra il 1905 e il 1912, che di colpo, all'età di sessantanove anni, lo rendono celebre. La rivista Li/e gh dedica un servizio di dieci pagine, nello stesso numero in cui appare il reportage sulla morte di Kennedy. Da quel momento, Jacques Lartigue aggiungerà al suo nome quello del padre, Henri, fotografo dilettante lui stesso che regalandogli un apparecchio quando era ancora un bambino, era stato la causa prima della sua carriera di enfant prodige. Queste foto sono istantanee di straordinaria qualità e freschezza. LA MODELLA SEFranP e sono giustamente considerate immagini eccezionali che anticipano certi risultati di Henri Cartier-Bresson e precorrono di molti decenni il modernismo fotografico di autori come Garry Winogrand e Lee Friedlander. Sono foto magiche che riescono a trasformare gh attimi fuggenti, bloccati dallo scatto deh obiettivo, in immagini emblematiche che colgono l'essenza dinamica dello spirito del tempo, lo Zeitgeist, della nascente modernità all'inizio del secolo XX, nella sua dimensione più affascinante (e meno socialmente problematica), quella della BeUe Epoque, della gioia di vivere delle classi agiate, di cui Lartigue faceva parte, e dell'entusiasmo per le innovazioni tecnologiche. Il giovane Jacques guarda U mondo dalla sua prospettiva di vita privilegiata: fotografa i suoi familiari sulle spiagge della Normandia e nel castello di Rouzat, le belle signore che passeg- STRA TIMANA sco i giano al Bois de Boulogne, i primi aerei che volano in Francia, le automobili e le moto da corsa, e poi anche suo fratello Zissou che salta in aria o che pratica in modo spericolato, su una strada sterrata in discesa, il bob con ruote. La sua appassionata ossessione, che rimarrà costante durame tutta la vita, è quella di riuscire a cogliere con la sua macchina fotografica la velocità, il movimento, lo slancio vitale, l'istante irripetibile, che sono alla base della sua filosofia dell' esistenza. E infatti le sue foto più celebri sono, oltre quelle di veicoh in moto, quehe di persone (e anche animali) che saltano, e che appaiono così sospese fra terra e cielo: sono foto che oggi appaiono enigmatiche, e in un certo senso esteticamente inquietanti, quasi metafisiche, perché, a differenza delle immagine cinematografiche, qui il movimento risulta come congelato. bloccato per sempre. Questo effetto si percepisce in modo ancora più evidente neUe foto stereoscopiche realizzate successivamente, utilizzando spesso gh stessi negativi. Ma bisogna ricordare un altro aspetto, straordinariamente anticipatore, della sua pratica fotografica, radicalmente opposta a quello della posa studiata e predeterminata. E' il metodo, elaborato forse all'inizio in modo istintivo, di cercare di coghere la realtà di sorpresa. Per esempio per fotografare le signore al passeggio, si appostava come un cacciatore per scattare il fotogramma senza che se ne accorgessero se non all'ultimo istante. È così che alcune istantanee sono diventate deUe vere e proprie icone, impregnate di energia vitale e allo stesso tempo modello di raffinatissima tensione estetica. Ed è proprio per questo aspetto che Richard Avedon adora Lartigue, a proposito del quale ha detto: «il fotografo più profondo è quello la cui apparente sempheità è la più ingannatrice». La grande esposizione che il Centre Pompidou dedica a Lartigue, la più completa mai realizzata sul fotografo, inizia giustamente con una ricostruzione completa della mostra del Moma, necessaria introduzione alla medita presentazione di tutti i centotrenta album di fotografie, la colonna vertebrale della sua opera, che Lartigue aveva donato allo stato francese già nel 1979, diciassette anni prima della sua morte. Questi album, costruiti con sistematica attenzione, e con precise annotazioni, dal fotografo (attraverso una selezione accurata e forse strategicamente censurata) rappresentano non solo una monumentale autobiografia per immagini, ma anche, per molti versi, una documentazione unica di quasi un secolo della nostra società, neUa sua dimensione forse più mondana, ma non per questo meno autentica e rivelatrice. Si può dire che Lartigue è rimasto sempre uguale a se stesso; in ogni fase della sua esistenza ha cercato di coghere e esprimere la vita nei suoi aspetti più belli e gioiosi. Data la sua ricchezza non ha mai avuto bisogno di lavorare, e pur impegnandosi in certi periodi (negh anni '20 e poi nel secondo dopoguerra) in lavori professionali, non ha mai smesso di considerarsi un fotografo «amateur». Per la verità, la sua ambizione vera era di aver successo come pittore, e in effetti nei decenni fra le due guerre aveva ricevuto qualche riconoscimento in questo senso, affermandosi come ritrattista mondano, con uno stile moderatamente moderno, un po' sulla scia dell'amico Kees Van Dongen. Ma fra i ritratti dipinti e quelli fotografici (in particolare quelli deUe sue bellissime mogli e amanti) c'è un abisso di qualità. E questo Lartigue forse Iha capito solo alla fine della sua vita. AL CENTRE POMPIDOU LA PIÙ GRANDE MOSTRA MAI REALIZZATA SUL MAGO DELL'IMMAGINE CHE RACCONTÒ IL MONDO DELLA BELLE EPOQUE Jacques Henri Lartigue Parigi, Centre Pompidou Orario 10-21, chiuso martedì Fino al 22 settembre Un'immagine scattata da Lartigue durante una corsa di automobili

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