Henze racconta la magia dell'upupa dorata di Giangiorgio Satragni

Henze racconta la magia dell'upupa dorata IN PRIMA MONDIALE A SALISBURGO L'OPERA DEL MAESTRO TEDESCO: LIBRETTO AFFASCINANTE Henze racconta la magia dell'upupa dorata Uno spettacolo pieno di colori, protagonisti i Wiener Philharmoniker diretti da Stenz Giangiorgio Satragni SALISBURGO A nessun altro forse, se non a Hans Werner Henze, poteva venire in mente un'opera dal titolo «L'upupa e il trionfo dell'amor filiale», proprio a lui che dalla sua casa a Marino sente le voci degli uccelli e il canto primaverile dell'upupa: tanto che sbatter d'ali e canti d'upupa circolano per la sala con mezzi elettronici e risuonano in orchestra. Forse nessun altro oggi, lasciatosi alle spalle decenni di battaglie musicali e ideologiche e rotture con l'avanguardia radicale, dopo l'approdo al mito classico con «Venus und Adonis» poteva concedersi il lusso di scrivere una fiaba, l'astrazione dal reale che al reale allude in forma simbolica, data ieri sera in prima mondiale nella sala piccola del Festival di Salisburgo con un successo intenso e commosso. Con la maestria e anche il distacco del quasi ottua- genario che molto ha dato al teatro musicale, Henze veste di straordinario fascino sonoro il libretto, da lui stesso ricavato da fonti arabo-siriache, con la storia dell'upupa dalle penne d'oro che il vecchio visir dell'isola di Manda Al Raschid (il potente basso Alfred Muffì ha percosso, causandone la fuga. L'upupa è simbolo di felicità e per recuperarla il visir manderà per il mondo i tre figli, ma la felicità non può essere trattenuta e si ottiene lasciandola libera, per cui Al Raschid, tornato in possesso dell'upupa, le darà libero volo. Fra le peripezie, magiche eppure intrecciate con imo spirito di commedia, s'avventura soltanto il protagonista e migliore dei tre figli. Al Kasim, colui che condivide, esempio alto di amor filiale del quale l'upupa è ulterio¬ re simbolo. Interpretato da un gran baritono come Matthias Goeme, Kasim riesce nelle imprese grazie a una figura alata che diviene il suo doppio, il Demone, in realtà nella tradizione siriana un angelo (il valente tenore John Mark Ainsley, al posto di lan Bostridge in origine previsto). Assieme a lui l'upupa viene recuperata presso il vecchissimo sultano Malik (parte grottesca affidata a un contralto, la sempre brava Hanna Schwarz), a patto che venga recuperata altrove la sua amata Bad'iat, che si trova presso il tiranno Dijab. Questa, l'incantevole soprano Laura Aikin, verrà lasciata libera purché si porti a Dijab una misteriosa cesta. Ma i due protagonisti tratterrannù ogni cosa nel tornare a casa: qui saranno gettati in un pozzo dai fratelb di Kasim e da b salvati dal Demone. Il lieto fine viene però eluso, il matrimonio è rimandato perché Kasim vuole sdebitarsi e va in cerca della mela dell'albero della vita che il Demone gli ha chiesto. Alla ricerca di questo sferico simbolo di compiutezza Kasim parte mentre annotta, né sappiamo quando ritornerà mentre l'orchestra intona un epilogo di struggente nostalgia, che sgorga direttamente dalla grande lezione di Mahler e di Berg. A tale cuore compositivo Henze annette molti altri elementi, dalla do¬ decafonia liberamente trattata a combinazioni ritmiche, macchie di timbro e suggestioni notturne, dal rispetto della naturalezza del canto (a volte in alternanza col parlato) al recupero in partitura delle storiche forme dell'opera italiana. Fra allusioni testuali e musicali, sulla scorta di una forte volontà narrativa, tutti gli elementi pervengono alla coesione sotto il segno trasfigurante di un decantato stile della vecchiaia. Il reticolo strumentale è ancor più fascinoso in quanto Henze ha pensato l'opera per i Wiener Philharmoniker, guidati dal bravo Markus Stenz in sostituzione di Christian Thielemann, e bisogna solo sentirli per capire il fascino che può avere la musica contemporanea quand'è suonata con tale dolcezza, anche nella miriade di percussioni lievi. A tale bellezza si è associata quello dello spettacolo di Dieter Dom con le scene e i costumi di Jùrgen Rose: fiabesca con pochi elementi, l'arcuata porta di Manda in legno, la torre al sommo, il pozzo sotto, le gabbie, l'upupa che muove le ah, soprattutto piena di colori anche grazie alle luci di Tobias Lòffler. Tramontata la coproduzione col Maggio Musicale Fiorentino, si dovrebbe vedere da noi forse al Teatro Massimo di Palermo; intanto tre repliche fino al 26 agosto qui, il 27 via sateUitesuArte. Una complicata fiaba ricavata da fonti arabo-siriache Un visir manda . i suoi tre figli a recuperare il simbolo della felicità Ascoltando l'orchestra si può capire quanto anche la musica contemporanea possa essere gradevole quand'è suonata così Un momento di «L'upupa e II trionfo dell'amor filiale» dì Hans Werner Henze in scena a Salisburgo fino al 26 agosto

Luoghi citati: Salisburgo