«Poteva capitare a chiunque di noi, non lasciava scampo» di Giovanna Trinchella

«Poteva capitare a chiunque di noi, non lasciava scampo» IL RACCONTO DI UN COLLEGA DI BIGNAMINI «Poteva capitare a chiunque di noi, non lasciava scampo» «Geoffroy ha mirato al suo terapeuta, Lorenzo era preoccupato, diventava molto difficile curarlo» intervista Giovanna Trinchella MILANO H A agito con lucida follia. Non ha lasciato scampo alla sua vittima. Geoffroy aveva subito un'aggressione con un coltello e lui ha ucciso con un coltello. Chissà se ha qualche significato, forse sì...». Lo psichiatra Carmine Pasquale Pismataro, 46 anni, da sei è il responsabile del centro psico sociale della zona 4 di Milano, la struttura che Lorenzo Bignamini aveva lasciato da pochi minuti prima di essere aggredito a morte dall'ex collega. Pismataro racconta i dubbi, le angosce e l'amarezza di tutti gli operatori del centro (quattro psichiatri, cinque infermieri, due psicologi e due assistenti sociali per oltre ottocento malati in carico) nei confronti di quel paziente sarticolare: uno psichiatra anche ui, malato di paranoia. Avevate paura? «Lorenzo era preoccupato, tutti noi eravamo preoccupati. Era molto difficile avere a che fare con Geoffroy, non ha mai veramente collaborato a un progetto terapeutico, era quasi impossibile agganciarlo. Non era mai stato violento, non aveva mai minacciato nessuno. Quelle degh screzi tra colleghi sono solo sciocchezze. Il fatto che fosse un medico rendeva tutto più complicato e Lorenzo, esperto e preparato, lo sapeva». Di cosa soffriva Geoffroy? «Si è parlato di schizofrenia, ma non è così. Geoffroy non soffriva di schizofrenia. In realtà aveva una sindrome delirante paranoide. Soffriva, insomma, di paranoia. Follia lucida. E infatti ha agito in questo modo. Non ha lasciato scampo alla sua vittima. Lo ha aspettato, lo ha seguito, lo ha colpito». Si è sentito nel bersaglio di un killer anche lei? «Lui ha mirato al suo terapeuta. Ma poteva capitare a chiunque di noi qui al centro, anche se non ho mai veramente temuto per gì altri medici. Tutti i paranoie hanno una "lista" nella testa, lu la sua se l'era scritta...». E in cima c'era Lorenzo Bignamini... «Lorenzo era squisito, un "fenomeno umano". Era vivace, entusiasta, sorridente. Lavorava qui da quattro anni, ma io Jo avevo conosciuto in un'altra struttura. Si era dedicato con professionalità, tenacia, massima abnegazione, per alleviare le sue sofferenze. L'assassino aveva in testa Lorenzo e basta, credo. Anche Geoffroy aveva subito un'aggressione, del resto, con un coltello. E ha ucciso con un coltello...». Vuole dire che la morte di Bignamini poteva essere evitata? «Geoffroy aveva fatto tante istanze al Tribunale. Aveva scritto a tutti e aveva perfino chiesto l'arresto di alcuni medici dell'ospedale San Paolo (dove Geoffroy era stato ricoverato obbligatoriamente nel marzo 2001) e questo fa pensare. Quelle erano le sue ri¬ chieste di aiuto. Forse se un giudice ne fosse stato informato... I due trattamenti sanitari obbligatori sono stati mutili. Dopo lui è sparito. E da due anni che non avevamo più notizie. Noi l'abbiamo cercato, l'abbiamo cercato tanto. Ma Geoffroy faceva tutto da solo, elaborava da solo. Si aspettava delle risposte dagli altri. E' ima storia di follia e solitudine. Ed è in una folle solitudine quella in cui è morto Lorenzo. Ci pensa, è rimasto solo davanti al suo carnefice in una piazza di Milano». Un'amarezza in più... «Siamo stati lasciati soli anche dopo il ricovero obbligatorio di Geoffroy. I trattamenti sanitari obbligatori, due, ripeto sono stati entrambi inutili. Bignamini è un caduto sul lavoro. I medici rischiano di perdere i pazienti, ma rischiamo anche di perderci noi medici. E lo psichiatra può cadere sotto i colpi di chi vuole ostinatamente aiutare». tf Tutti noi avevamo paura Era un uomo impossibile. Non ha mai collaborato al nostro progetto terapeutico Soffriva di paranoia 99

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