Il killer: mi sono difeso c'era un piano criminale di Fabio Pozzo

Il killer: mi sono difeso c'era un piano criminale LA CONFESSIONE DELL'ASSASSINO DELLO PSICHIATRA MILANESE Il killer: mi sono difeso c'era un piano criminale Fabio Pozzo GENOVA «Sono altri i responsabili di quanto è accaduto». Arturo Geoffiroy è cosciente di aver vibrato una coltellata al cuore dell'ex collega Lorenzo Bignamini, venerdì scorso a Milano, ma non si riconosce nei panni del colpevole. Al magistrato che lo ha interrogato per quattro ore ieri in carcere a Genova, dopo l'arresto di Camogli, ha detto di «essere vittima di un gravissimo piano criminoso progressivo». L'interrogatorio è cominciato intorno alle 14. Nella stanza c'erano cinque persone: il pm milanese Gianluca Prisco, il difensore d'ufficio Gabriele Leccisi del foro di Milano, un tenente dei carabinieri milanesi, due tecnici che registrano il colloquio. Geoffroy è calmo, dà l'impressione di sapere quel che dice. Indossa una blusa azzurrina dell'infermeria del carcere. Al magistrato si rivolge chiamandolo «dottore». «Hanno iniziato con piccole cose, piccoli reati a mio danno che poi sono diventati sempre più grandi. Mi volevano ridurre al silenzio, dottore... E io che cosa dovevo fare, secondo lei?». Insiste, sulla sua teoria del complotto. I suoi nemici - medici, magistrati, un poliziotto e un carabiniere, secondo i nomi che apparirebbero sulla lista trovata nello zainetto di Geoffroy - li identifica in una unica controparte. «Quei delinquenti», li chiama così. Anche la madre farebbe parte del complotto. «Anche mia madre è collusa con quei delinquenti. Dovrebbe costituirsi...», dirà al pm. L'ex medico ripete che è colpa della «denegata giustizia» se adesso si trova in queste condizioni. «A chi dovevo rivolgermi ancora? Che cos'altro dovevo fare?». Fa anche dei nomi, Geoffroy. Quello del presidente dell'Ordine dei medici di Milano, ad esempio. «Anzalone mi deve spiegare perché e quando sono stato radiato (dall'Albo, ndr.)». E quello di Bignamini, della vittima. «Mi ha imposto due ricoveri coatti per schizofrenia, senza conoscermi e senza avermi mai visitato». Il suo legale dice che per ora imposterà la difesa sulla linea seguita dal suo assistito. «Geoffroy cercherà di dimostrare le condizioni in cui si è venuto a trovare, quasi in una situazione di legittima difesa. E' un cittadino die è arrivato alla disperazione perché si è sentito abbandonato dalla giustizia, con l'archiviazione delle sue denunce». Il resto lo dice ancora l'avvocato Leccisi. La lista dei 13 nomi, con al primo posto quello della vittima. «Non si può parlare di bersagh. Non è vero che voleva uccidere anche le altre persone. Non esiste né un primo né un secondo. Quella di Bignamini è stata una scelta casuale». Casuale? «Stava rientrando a casa». Il legale allontana l'aggravante della premeditazione. «Il coltello si trovava già in macchina». Già, a proposito dell'arma. Potrebbe non essere stata la lama di un coltello da cucina ad uccidere Lorenzo Bignamini, ma quella di un coltello da sub. Si saprà oggi, quando i carabinieri del Bis apriranno la Passat di Geoffroy, spedita da Camogli a Panna sotto sigilli giudiziari. Oggi a Genova ci sarà anche la convalida del fermo da parte del gip Vincenzo Papillo, chiesta dal pm Sabina Monteverde. L'ex medico sarà sottoposto presumibilmente a perizia psichiatrica (ma la difesa finora non l'ha chiesto) e nel frattempo si tratterà in carcere a Genova. S'è parlato anche d'un possibile trasferimento al manicomio giudiziale di Montelupo Fiorentino. Un interrogatorio fiume, quello di ieri. Una liberazione, forse, per un uomo che non riusciva a farsi ascoltare. Aveva parlato a lungo anche domenica pomeriggio in caserma a S. Margherita. Un faccia a faccia col maggiore Giuseppe D'Agostino, il comandante degh uomini che lo avevano arrestato. Una lunga dichiarazione sponta¬ nea. «Non ho avuto una lira per quella violenza che ho subito in servizio (l'aggressione del '97 da parte di un paziente, ndr.)», ha detto Geoffroy all'ufficiale, tra un sorso di Coca Cola e il morso del rancore, secondo i presenti non affatto sopito. Un rancore che avrebbe serbato anche per il fratello, ma non per i carabinieri. L'ex medico sarebbe rimasto addirittura sorpreso per l'affabilità con la quale sarebbe stato accolto in caserma. «Si è anche scusato per lo stato in cui versava, giustificandosi con l'aver dormito le ultime notti in macchina - ricorda D'Agostino -. Mi è parso un uomo molto provato». E forse perseguitato dai suoi fantasmi. «Maggiore, adesso dove andrò? Che cosa mi faranno?». «I responsabili di quanto è accaduto sono coloro che volevano ridurmi al silenzio» Il suo avvocato: «Non c'erano bersagli La sua è stata una scelta casuale. Le condizioni in cui si è venuto a trovare sono quasi di legittima difesa» Arturo Geoffroy, l'ex medico che ha ucciso lo psichiatra milanese Lorenzo Bignamini (a destra)

Luoghi citati: Camogli, Genova, Milano, Montelupo Fiorentino