«Rischiamo la pelle e non riceviamo un euro» di Marco Neirotti

«Rischiamo la pelle e non riceviamo un euro» LE SOVVENZIONI VANNO Al GRUPPI E VENGONO UTILIZZATE PER COMPRARE MEZZI, TUTE E SCARPONI «Rischiamo la pelle e non riceviamo un euro» I volontari: basta con assurdi sospetti, ogni giorno facciamo miracoli reportage Marco Neirotti inviato a SAVONA OGNI volta è adrenalina, spesso paura, sempre è fare qualcosa per tutti». Puliti, ordinati, sorridenti. La retorica li vorrebbe dipinti di cenere e sudore, abiti lacerati, occhi stravolti. Invece i volontari antincendio, finiti giorni e notti contro il fuoco, si presentano con il volto di ogni mattina, quando vanno al lavoro che mantiene le loro famiglie. Ma li abbiamo visti nell'altra immagine, nella lotta per un disastro in corso e per l'imprevedibile. Di questa scelta parlano nella sede del Corpo Forestale. Portano sulla giacca la scritta Aib, Anti Incendio Boschivo. Si chiamano Franco Canuti, 46 anni, di Noli, moglie e due figli, knpiegato; Lorenzo Bavano, 35 anni, di Varazze, scapolo, dipendente pubblico; Sergio Bruzzone, 30 anni, di Quiliano, sposato, guardia giurata. Con loro c'è Sergio Brusin, 40 anni, da 11 nella Forestale. Ci sono per caso loro, potrebbero esserci gli amici che a loro hanno dato il cambio. La gente sente parlare di volontari e pensa a persone colme di generosità oppure a invasati, oppure ancora a coraggiosi che arrotondano lo stipendio e, chissà?, per arrotondare meglio appiccano il fuoco. E questa immagine distorta e crudele per loro è più pesante della fatica, del rischio di quando si infilano tra i pini in fiamme. «Non riceviamo un euro. Le sovvenzioni vanno ai gruppi che si impegnano a spenderle in mezzi, tute, scarponi. Al volontario non va nulla. Quindi, giacché lasciamo a casa una famiglia e. dopo il lavoro, si va a spegnere il fuoco, salvo l'indomani tornare al lavoro senza aver dormito, a noi conviene che gli incendi siano il meno possibile e durino il meno possibile». Un tempo le cose erano diverse. L'Aib nasce con la legge 47 del l0 marzo 1975, che toglie la responsabilità ai Vigili del Fuoco e l'affida agli enti locali sotto il coordinamento del Corpo Forestale. Da quel momento esistono generosi «mercenari» pagati per le ore di intervento. Proprio in Liguria, sulla spinta di uno dei comandanti dei Vigili del Fuoco, Michele Costantini, una legge regionale di inizio Anni 90 rivede il tutto: «I volontari sono preziosi e preparati - dice Costantini - e meritano grande rispetto. Questa legge locale ha rivoluzionato il sistema». Mezzi, tute, scarponi, tutto è pronto. Si vive normalmente, a cena con la famiglia dopo la giornata in ufficio, al cinema con la fidanzata. Poi squilla il cellulare del responsabile del gruppo. Da quel momento è lui a far squillare gli altri. Nella sola provincia di Savona sono più di mille. Ci si riunisce e si parte, «con la moglie che ti guarda come a dire: cerca di tornare e tornare intero. Le leggi in faccia una domanda muta: chi te lo fa fare?». Già, chi ve lo fa fare? «Da ragazzo vedevo passare i mezzi e sognavo di aiutare», «Sono nato qui, amo questa terra, ogni bosco è anche un po' mio», «E' riconoscersi parte della società: quando tomi sei cresciuto moralmente». Crescita che corre sul filo fra decisioni improvvise e il vento che cambia, un albero che ti crolla addosso e un automezzo bloccato, il compagno in pericolo e l'istintivo gesto di buttarti in soccorso, tra vita e morte dunque: «Ogni volta non sai che cosa trovi. Ogni volta è un miracolo». Vanno in faccia alle fiamme e con ima motosega, in quel calore, creano una strada spartifuoco. Fondamentale è conoscere i venti: «Libeccio, maestrale, grecale. Il libeccio, caldo, soffia dal mare e porta il rogo verso l'alto. Il grecale è l'unico vento che fa pausa pranzo: dalle 11,30 alle 14, poi toma a farsi vivo». A volte devono ammetterlo: «Fuoco, ora sei più forte tu, ma ti batterò in altro modo». Intanto passano i Canadair e gli elicotteri: «Prendi lavate che ti buttano a terra. In quel calore possono anche avere un lato gradevole, ma poi la tuta pesa dieci volte di più». E' gioco di squadra: ((A un collega è caduto un albero addosso, per fortuna senza schiacciarlo. Lì non pensi né a sicurezza né ad altro. Vai e lo tiri fuori». C'è la vecchietta che non vuol lasciare la casa e ti prende a schiaffi. C'è l'uomo in divisa che ti guarda «come fossi un ragazzino che gioca», ci sono i mass media che incensano le istituzioni. L'amarezza è meno forte dell'entusiasmo. Dice Costantini: «Loro sono pazienti e tenaci e coraggiosi, poi il merito va tutto alle istituzioni. La mentalità sta per fortuna cambiando». E loro la fanno cambiare: «Abbiamo ragazzi di 16 anni motivati, le nuove leve. Sensibilizziamo i bambini degli asili simulando interventi con la Forestale». E poi la routine: pulire boschi, fare bonifica dopo spento l'incendio («un lavoro da formiche»). Senza ricevere una lira. Un'ora di volo di un Canadair costa quattromila euro. Per loro, almeno qui, nessun compenso. Il problema rimane gestire una forza straordinaria. Costantini: «Ci sono tempi organizzativi inevitabili. Si dovrebbe trattare il bosco come un appartamento, per il quale noi dobbiamo partire entro trenta secondi dalla chiamata. Forse in questo modo si eviterebbe che incendi crescessero. Noi per l'immediatezza e loro a sostituirci per il lavoro egregio che sanno fare». E i piromani? «Alcuni sono malati, poi c'è il resto», dicono i volontari. Che sarebbe? Brusin, della Forestale: «C'è l'incendiario motivato». La legge dice che non si può costmire per 15 anni dopo un rogo. «Appunto, non brucio per costruire, brucio per impedire a te di costruire. Oppure brucio perché la legge dice che per 10 anni li non si va a caccia, i cinghiali verranno da me. Ci sono mille motivi per bruciare un bosco». Solo nella provincia di Savona sono più di un migliaio «Trascuriamo le famiglie e dopo il lavoro andiamo a combattere contro il fuoco» fm Il fuoco che ha devastato il Savonese

Luoghi citati: Liguria, Noli, Quiliano, Savona, Varazze