Quarant'anni le fughe impossibili dalla rocca di Alcatraz

Quarant'anni le fughe impossibili dalla rocca di Alcatraz NEL SUO PERIODO D'ORO IL CARCERE CONOBBE 36 TENTATIVI DI EVASIONE, SEI FUGGIASCHI SONO TUTT'ORA DISPERSI Quarant'anni le fughe impossibili dalla rocca di Alcatraz Un gruppo di ex detenuti è tornato tra le celle nell'ambito di una campagna per il restauro del carcere che ospitò Al Capone la storia Paolo Mastrolilli NEW YORK STAVOLTA sono venuti con le camicie a fiori dei turisti e qualcuno ha portato pure i figli, per insegnare una lezione indimenticabile. Quarant' anni fa, però, indossavano la monotona divisa da carcerato, e la libertà la sognavano guardando attraverso le finestre con le sbarre, quando il vento della baia portava gli odori e i rumori di San Francisco. Sono un gruppetto di ex inquilini del penitenziario di Alcatraz, che sabato il National Park Service ha riportato a «casa» per un giorno, per scambiare ricordi e sostenere il restauro della famigerata prigione. «Più stai lontano da un posto - ha dice John Banner più le memorie diventano tenui». Lui rapinava banche, e aveva goduto dell'ospitalità di Alcatraz dal 1954 al 1958. «La prima cosa che mi viene in mente sono le docce gelate. Poi le giornate monotone che non finivano mai, e quei dannati rasoi con cui ci facevano la barba: erano così affilati che ti tagliavano la faccia appena li appoggiavi sulla pelle». Anche George DeVincenzi, che in quegli anni faceva la guardia ai criminali come Banner, si ricorda i rasoi. Ma per un altro motivo: «Il primo giorno dì lavoro mi mandarono a controllare la stanza del barbiere. Ero arrivato da appena 45 minuti, quando un carcerato riuscì a mettere le mani sopra una di quelle lame, avventandosi contro un altro prigioniero. Gli tagliò la gola e lo ammazzò davanti ai miei occhi, senza che avessi il tempo di fermarlo». La vita passava così, nella prigione di massima sicurezza che aveva fatto da tetto a personaggi come Al Capone, George «Machine Gun» Kelly e Robert «Birdman» Stroud. «Ogni giorno - racconta Darwin Coon, 70 anni, finito ad Alcatraz per rapina - pensavamo solo ad una cosa: come scappare. Chi voleva scavare tunnel, chi prendere in ostag¬ gio guardie, chi travestirsi da poliziotto o buttarsi a mare. E a cosa dovevamo pensare, senno? Agli anni di galera che ci restavano per ammuffire là dentro?». Ma fuggire dalla «Rock», cioè lo Scoglio, come io chiamavano i detenuti, passava per impresa impossibile, per l'acqua gelida e le correnti che lo circondavano. «Perciò poco alla volta - continua Coon - mi rassegnai a concentrarmi su cosa avrei dovuto fare per non tornarci mai più, una volta liberato. Adesso, se volete saperlo, sono diventato così bravo che non sputo neppure più per terra». L'invincibilità di Alcatraz, in realtà, è un mito ancora in discussione. L'isoletta tutta sassi davanti a San Francisco era stata acquistata dal governo degli Stati Uniti nel 1846, e nel 1861 era stata designata prigione militare per i territori occidentali. Quando era abitata dai soldati galeotti almeno 80 persone cercarono di scappare, in 29 tentativi separati di fuga: 62 furono ripresi, uno dovrebbe essere affogato, e 17 non si è mai saputo che fine abbiano fatto. Nel 1934 lo «Scoglio» era diventato prigione federale di massima sicurezza per i peggiori criminali, fino alla chiusura nel 1963, cioè quarant'anni fa. In quel periodo, su un totale 1.033 detenuti ospitati, 36 avevano cercato la fuga in 14 tentativi diversi: 23 erano stati ripresi, 6 uccisi, 2 affogati, e 5 sono ancora oggi ufficialmente dispersi. Di questi cinque i più famosi sono Frank Lee Morris, e i fratelli John e Clarence Anglin, raccontati nel film del 1979 «Fuga da Alcatraz» con Glint Eastwood. Per sette mesi avevano scavato un tunnel nel sistema dell'areazione, con cucchiai e altri attrezzi improbabili, ricoprendo ogni sera i buchi con la cartapesta. Nel frattempo aveva usato gli impermeabili da carcerato per costruire salvagenti, e il sapone per scolpire teste false. La notte dell'I 1 giugno 1962 avevano deposto le teste finte sui cuscini, per far credere alle guardie che dormivano, ed erano scappati dai loro buchi sopra il tetto. Si erano calati a terra da una grondaia, e da allora nessuno li ha più visti. L'Fbi, che indagato su questa fuga fino al 1980 e ci ha scritto sopra 1757 pagine, crede che siano annegati, perché la seconda parte del loro piano, che prevedeva il furto di un'auto e di vestiti per sparire tra la gente, non è mai stata attuata. I corpi di Morris e dei fratelli Anglin, però, non sono stati ritrovati, e quindi la leggenda continua. Resta un mistero anche la fine di Theodore Cole e Ralph Roe, scappati il 16 December 1937. La prigione li dichiarò affogati, ma quattro anni dopo il San Francisco Chronicle scrisse che godevano di ottima salute in Sudamerica. Il 2 maggio 1946 scoppiò pure la «Battaglia di Alcatraz», quando Bernard Coy, Joe Cretzer, Marvin Hubbard, Sam Shockley, Miran Thompson e Clarence Carnes presero in ostaggio due guardie, si misero a sparare, e furono fermati solo due giorni dopo dall'intervento dei Marines. L'ultimo a fuggire, invece, fu John Paul Scott, il 16 dicembre 1962. Piegò le sbarre della cucina e si buttò in acqua. Lo ripescarono mezzo morto sopra uno scoglio sotto al Golden Gate Bridge, ma almeno si era tolto la soddisfazione di provare che era possibile sbracciarsi fino alla libertà. Oggi a San Francisco si tiene persino la gara di triathlon «Fuga da Alcatraz», che comincia proprio con la nuotata di un miglio e mezzo dall'isola alla città, e per il quarantesimo anniversario della chiusura il National Park Service ha varato un restauro da 7,7 milioni di dollari, finanziato anche vendendo pezzetti di muro sbriciolato a 4,95 dollari l'uno. Ma per John Banner, che ora ha 80 anni, la visita di sabato non è stata un gioco: «Sono venuto per mostrare a mio figlio le cicatrici della mia vita». ^^t*^^-^-- The Rock, la rocca su cui sorge Alcatraz. Sullo sfondo San Francisco. A sinistra, Il cunicolo scavato da un evaso

Luoghi citati: Alcatraz, New York, San Francisco, Stati Uniti, Sudamerica