Spataro: sul terrorismo rosso non è necessario un atto di pacificazione

Spataro: sul terrorismo rosso non è necessario un atto di pacificazione PROSEGUE IL DIBATTITO SULLA CLEMENZA DOPO IL DISCORSO DEL MINISTRO DELL'INTERNO PISANU A BOLOGNA Spataro: sul terrorismo rosso non è necessario un atto di pacificazione Per il procuratore ormai il fascicolo è chiuso: «Non esistono misteri da dover risolvere né gialli dietro il memoriale di Aldo Moro» Guido Runtolo inviato a Milano Dunque, il ministro di Giustizia, Roberto Castelli, ha preso atto che la proposta di «pacificazione è prematura». G i amici di Adriano Sofri sospettano che «l'obiettivo che voleva raggiungere Castelli, quando ha lanciato la sua proposta, era quello di bloccare le aspettative, anche del Quirinale, sulla grazia per Sofri». Gli stessi Francesca Mambro e Giusva Fioravanti, trascinati nella polemica sulla grazia collettiva, nei giorni scorsi, l'avevano previsto, criticando la posizione di chiusura del ministro dell'Interno, Beppe Pisanu, sul provvedimento di clemenza generalizzato: «Non ha fatto certo un favore ad Adriano - spiegava la coppia terribile dell'eversione nera -, noi alla grazia non ci abbiamo mai pensato». Ma ora che il Guardasigilli ha preso atto della diffusa indisponibilità ad affrontare il problema, davvero il dibattito di questi giorni lo si può archiviare come un piccolo temporale d'agosto, oppure è soltanto un appuntamento rimandato? Dall'osservatorio del Tribunale di Milano, il discorso della «pacificazione collettiva» sembra davvero chiuso, mentre rimane un caso a parte la vicenda della grazia ad Adria¬ no Sofri. Intendiamoci, chiuso, anzi inspiegabilmente aperto, se ci riferiamo ai protagonisti della stagione delle stragi e del terrorismo rosso e nero che è iniziata proprio a Milano. E' in questa città, infatti, che è nata la cosiddetta «strategia della tensione», inaugurata con la bomba esplosa il 12 dicembre del 1969 alla Banca dell'Agricoltura di piazza Fontana (16 morti e 87 feriti). Ed è sempre a Milano che il 17 settembre del 1970 comparve per la prima volta, sulla scena nazionale, la sigla Brigate Rosse, che rivendicò l'attentato incendiario contro la macchina di un capo del personale della Siemens. Poi la prima azione di una certa rilevanza: il sequestro lampo dell'ingegnere della Siemens, Idalgo Macchiarmi. Il procuratore aggiunto di Milano, Armando Spataro, pm di punta del pool antiterrorismo dal giugno del 77 all'SS, si è occupato di Brigate Rosse, di Prima linea, del terrorismo e dell'eversione di sinistra. Di quella stagione Spataro ricorda: «Milano era la piazza ideale per il terrorismo di matrice di sinistra. Era una città carica di tensioni sociali, di militanza politica, di contraddizioni nel mondo del lavoro. A sinistra vi era una ambiguità insopportabile nei confronti del terrorismo. Ricordo anche la diffiden¬ za di alcuni magistrati nei confronti di quelli che come me si occupavano delle indagini. Anche dopo gli omicidi dei nostri colleghi Emilio Alessandrini e Guido Galli, si teorizzava che i magistrati democratici non potessero occuparsi di terrorismo, che i giudici istruttori non potessero specializzarsi in quelle indagini perché sarebbero diventati "giudici speciali"». Nel suo messaggio per la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, il capo dello Stato ha rivendicato «il dovere» di non dimenticare, il diritto alla «memoria». Le stragi e il terrorismo rosso e nero se non hanno provocato quella che il giudice milanese Guido Salvini, il magistrato che ha squarciato il velo dei misteri sulla «strategia della tensione», ha definito «una guerra civile di bassa intensità», hanno sicuramente lasciato sul campo una scia di morti e di violenze che neppure il tempo riuscirà a cancellare. Secondo le statistiche ufficiali del Viminale, nel periodo che va dal 1969 al 1987 «si sono registrati 14.591 atti di violenza politica» contro persone e cose, i morti sono stati complessivamente 419 (di cui 149 conseguenti alle otto stragi) e i feriti 1.181. Storia antica, già conosciuta che è inutile rispolverare ancora oggi, secondo i critici. Ma che il dibattito di questi giorni, invece, ha dimostrato essere ancora attuale perché, almeno per quanto riguarda la strage di Bologna, la «verità processuale» è piena di «vuoti» sui mandanti e gli esecutori, e potrebbe essere «piena» anche di «errori giudiziari», a voler sentire le ragioni dei due imputati condannati all'ergastolo, Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, che si proclamano innocenti. La storia iniziata a Milano il 12 dicembre 1969 è davvero una storia di «misteri» insoluti? «Se ci riferiamo al terrorismo e all'eversione di sinistra afferma Armando Spataro non c'è nessun mistero da dover ancora risolvere. C'è solo da capire perché qualcuno, ancora oggi, pensa di essere l'erede di quella stagione. Anzi no, c'è solo da assicurare alla giustizia quel nucleo di brigatisti assassini che è tornato a sparare». Il dibattito che si è aperto sulla pacificazione, a sentire Spataro, «è stato imbastito sul nulla». E nessun «giallo», secondo il procuratore aggiunto, è ancora da scoprire dietro il ritrovamento del covo brigatista di via Montenevoso, come non c'è nessun giallo da svelare - insiste Spataro - «dietro il memoriale Moro», «dietro il rapimento di via Fani»: «Il grande vecchio è soltanto una invenzione. Dei brigatisti e di quella stagione dell'eversione di sinistra sappiamo tutto. La tesi dell'inquinamento delle Brigate rosse può essere soltanto a trama di un libro giallo di serie b». Seguendo il filo della memoria. Armando Spataro ricorda la trincea dello Stato, l'impegno delle forze di polizia, la nascita dei pool antiterrorismo nelle procure delle città più esposte, l'autunno del 1978 con il generale Dalla Chiesa in prima linea: «Semmai, mentre lo Stato reagiva all'offensiva terroristica - riflette Spataro -, tardava la reazione della società, la presa di coscienza della gravità del fenomeno, la constatazione che quel terrorismo nasceva dentro la sinistra». E oggi, pensando al nuovo brigatismo eversivo, Spataro sostiene: «A quasi tutti i protagonisti della stagione che fu, siano essi terroristi rossi che neri, il sistema penitenziario ha riconosciuto spazi e strumenti di risocializzazione e la possibilità del ritomo a una vita quasi normale. Chi resta dentro sono i cosiddetti irriducibili. Ed è un bene, perché se fuori abbraccerebbero di nuovo la lotta armata».. Il magistrato ricordando gli anni di piombo «C'era anche la diffidenza di alcuni colleghi nei confronti di quelli che come me si occupavano delle indagini anche dopo gli omicidi dei giudici Alessandrini e Galli» Idalgo Macchiarini dirigente della Sit-Siemens, sequestrato dalle Br a Milano il 3 marzo 1972 NIEN'