Delle «grandi orme» dei Patagones non è rimasta nemmeno la memoria di Claudio Gorlier

Delle «grandi orme» dei Patagones non è rimasta nemmeno la memoria UN LIBRO AL GIORNO Delle «grandi orme» dei Patagones non è rimasta nemmeno la memoria Claudio Gorlier CALFUCURÀ, Namuncurà: nomi che suonano familiari soltanto agh speciahsti o, direttamente e indirettamente, ai lettori appassionati di Brace Chatwin. Cacicchi degli indios della Patagonia, eroi sfortunati nelle guerre che, dalla metà Ottocento fino al 1880, l'Argentina scatenò contro di loro fino, virtualmente, a distruggerli. Quanto appropriato risulta dunque il titolo del rigoroso e avvincente libro di Sonia Piloto di Castri, La memoria negata. I dati ufficiali riportati nel libro parlano di «12.650 indigeni tolti in vario modo dalla circolazione». E conta ben poco che una via di Buenos Aires sia dedicata a Namuncurà, morto pressoché centenario e padre di un convertito, Ceferino, divenuto salesiano e morto, seminarista a Roma, di tubercolosi, nel 1905. Esploratori, navigatori, corsari, avevano forse individuato questa regione australe già nel Quattrocento, con Vespucci, e poi nel Cinquecento era sopraggiunlo Magellano, ma per tre secoh l'interno rimase inesplorato, terra dei Patagones, così chiamati con parola dello spagnolo d'America per indicare le grandi orme che gli indigeni lasciavano con le loro calzature di pelle. La vera conquista, e la distruzione degli indios, così, si reahzzò in pochi decenni dell'Ottocento, e il territorio fu spartito tra Argentina e Cile. La memoria negata segue, capitolo dopo capitolo, le vicende dell'intera America australe. Ecco la prima fondazione di Buenos Aires, la sua distrazione e la seconda fondazione. Poi la penetrazione nel «mare d'erba» della pampa: i mapuche a cavallo diventano, appunto, i Pampa, stirpe araucano-auca. Sopravvengono i missionari, i viaggiatori europei, i contrabbandieri; infine, la spinta conquistatrice delle forze argentine. La quarta e la quinta parte del volume, forse le più appassionanti, raccontano del progetto ciclopico e a suo modo folle dello scavo della zanja, un fossato di 610 chilometri destinato ad attraversare tutta la Patagonia, per arginare le scorrerie dei Pampa; poi, lo scatenarsi della guerra di conquista senza esclusione di colpi. I fucili Remington degli argentini resero inutili le astute tattiche di guerra dei Pampa. Era la fine, sino alla furibonda battaglia del dicembre 1875. Calfucurà e Namuncurà sopravvissero, ormai neutralizzati, ombre di se stessi. Il vincitore delle ultime battaglie, generale Julio Argentino Roca, divenne addirittura presidente dell'Argentina. L'autrice rammenta opportunamente gli echi, di seconda mano, di vicende dei pampa nei Figli del capitano Grant di Jules Veme e nel sorprendente La Stella dell'Araucania di Emilio Salgari, ma va da sé che una data cruciale è il 1977 con In Patagonia di Brace Chatwin, questa specie di Or. the Road australe, breviario di un'intera generazione. Né ignora Patagonia express di Luis Sepùlveda. Molto a proposito, però, mentre addita una nuova moda che sta ormai dilagando anche sul piano del turismo di massa, Italia compresa, conclude mahneonicamente constatando che degh indigeni spazzati via senza quasi lasciare traccia rimane a stento un esile, approssimativo ricordo. LA MEMORIA NEGATA i Gli ìmlios australi l mism .t^Sit-i Sonia Piloto di Castri La memoria negata Gli indios australi 1535-1885 Edizioni Angolo Manzoni pp. 262, 616

Persone citate: Chatwin, Emilio Salgari, Grant Di Jules Veme, Julio Argentino Roca, Luis Sepùlveda, Remington, Vespucci

Luoghi citati: America, Argentina, Buenos Aires, Cile, Italia, Roma