Com'era rossa a mia MONTAGNA

Com'era rossa a mia MONTAGNA IL «SERGENTE NELLA NEVE» SUL COL DI LANA, LA CIMA DELLE DOLOMITI PIÙ INSANGUINATA DALLA GRANDE GUERRA. SPLENDORE DEL PAESAGGIO E RICORDI BELLICI Com'era rossa a mia MONTAGNA Mario Rigoni Stern COL DI UNA (Dolomiti) ARRIVARE lassù una mattina d'estate dopo che un temporale notturno ha lavato il cielo e la terra, fermarsi in silenzio e guardare attomo è restare immagati perché tale è la bellezza che ti circonda che il tuo sguardo non sa dove posarsi e quasi ti dimentichi di respirare, fi Col di Lana è proprio un balcone sulle Dolomiti e anche se è alto appena 2464 metri ha tanto spazio che la visuale si allarga per 360" e staresti lì per ore e rimirare tutt'intorno dal Pelmo alla Civetta, dalla Marmolada al Gran Vemel; e poi il Sasso Becce e il Sass Ciapel, il Piz Boè... ma ancora le Odle e lo slargo, dove l'occhio arriva alle bianche vette del Gran Pilastro e delle Vedrette di Ries. Ancora l'Alpe di Fanes, il Settsass e il Sass di Stria, il Lagazuoi... Restare qui fino al tramonto, ascoltando in silenzio le montagne che raccontano leggende, storie di ascensioni, di guerra. Al tramonto aspettare il miracolo dell'enrosadira che illumina di rosa e di violetto le pareti e i campanili; e ancora nel cielo le costellazioni che segnano lo scorrere del tempo; la luna calante che tramonta dietro il Sella finché ritoma l'alba per vedere un cervo che rientra nel bosco e un camoscio che esce al pascolo e il giorno che lentamente scende fino alla valle del Cordevole, dove passano rombando colonne di motociclisti e pullman di turisti frettolosi. Qui, sul Col di Lana dove ora si percepisce una pace sensibile, in quella lontana estate del 1915 e fino all'autunno del 1917 infuriavano battaglie: gli Austriaci per difenderlo e gli Italiani per conquistarlo. Lo spirito di quei caduti protegga sempre nella pace questa vecchia Europa che incomincia a manifestarsi come confederazione di popoli e che queste montagne non siano di divisione ma unione nel reciproco rispetto. Allora il fronte dolomitico, dal Passo Cereda al Peralba, era tenuto dalla IV Armata comandata dal generale Luigi Nava, un torinese di sohda tradizione militare; il Col di Lana, perno centra¬ le di quel fronte, era importante come osservatorio su tutta la valle del Cordevole ma non strategico perché, in zona alpina, come scrive Aldo Valori, non può essere attribuita funzione fondamentale a una montagna isolata. Gli Austriaci però lo avevano benissimo fortificato con trincee, reticolati, caverne, bocche di lupo, mine. Gli Italiani lo attaccarono la prima volta nel luglio 1915 con i reggimenti 81 e 82 della Brigata Torino^il 52" della Brigata Alpi e 59" della Brigata Calabria. Furono combattimenti molto sanguinosi che si protrassero senza portare a nessun risultato positivo. Alla fine di quell'estate giunsero su quel fronte anche i fratelli Garibaldi, figli di Ricciotti, ultimo figlio di Anita, e il generale Carpi che comandava la 18a divisione h assegnò alla Brigata Alpi: erano Peppino, Ricciotti junior. Sante e Ezio. Peppino, il più alto in grado, venne messo a comandare il II battaglione del 520 fanteria. Si racconta che sotto il grigioverde portassero la camicia rossa e Peppino, per apparire degno nipote del nonno Giuseppe, davanti alle trincee del suo battaglione non volle reticolati a difesa perché, diceva, gh impedivano le manovre d'attacco! Invece la conquista di quel monte fu operazione lunga e paziente perché si avanzava scavando tortuosi camminamenti, sottraendo all'avversario pezzi di montagna, e gli attacchi erano condotti dopo prolungati bombardamenti assaltando ridotte e pezzi di trincea. Il 7 dicembre con ultimo sfor- zo i nostri raggiunsero la vetta, un contrattacco austriaco venne respinto ma in seguito la vetta dovette essere abbandonata e i nostri si trincerarono a breve distanza. Il generale Nava viene sostituito dal generale de Robilant. La neve si accumula sulle vette e le slavine scendono per i canaloni; nelle baracche e nei ricoveri le notti sono lunghissime. Il 16 dicembre gli alpini del Belluno e Val Cordevole fanno ancora un inutile attacco e subiscono molte perdite. Sarà l'inverno a imporre una tregua; le feste di Natale e di Capodanno passano in pace e i soldati amici-avversari si affacciano a scambiarsi gli auguri come su una piazza di paese. Fu in questa atmosfera invernale che il sottotenente del I reggimento genio zappatori, Galesio Caetani duca di Sermoneta, visti inutili tutti i tentativi per conquistare quel monte, che per i generah era diventato un'ossessione, meditò di scavare una galleria per farlo saltare in aria. Una sera parlando di uno scavo per una postazione di mitragliatrici alle spalle delle trincee austriache disse: «Piuttosto faccio una galleria sotto il culo degli austriaci e li faccio saltare in aria». Era un'idea che da tempo rimuginava e già aveva eseguito dei rilievi dove poter scavare la galleria per la camera da mina. Il generale Annichini che comandava la 18a divisione accettò la proposta e il sottotenente Caetani, con un gruppo di minatori sardi, verso la fine di gennaio del 1916, diede l'avvio all'ope¬ ra. Si cercò di lavorare in segreto e in silenzio, due minatori idearono una specie di trivella a elica e si mascheravano le mine con contemporanei tiri di artiglieria. Dagli osservatori sopra Arabba vennero notati i detriti che uscivano dalla galleria e nacque il sospetto che qualcosa si stesse preparando. Il 2 febbraio gli Austriaci tentarono un colpo di mano per catturare qualche prigioniero per avere notizie, ma faUirono; con strumenti di ascolto e osservazioni da lontano apparve a loro chiaro il progetto dei nostri. Incominciarono uno scavo di contromina. Ma onnai era tardi perché i minatori sardi erano avanzati con celerità. Il giomo 17 aprile il maggiore Mazzetti scrisse un biglietto al sottotenente Caetani. «La S.V. farà saltare la mina alle ore 23,i5». Trentacinque quintali di gelatina erano pronti nel fornello di destra, altri venti in quello di sinistra. Quella notte il Col di Lana cambiò il suo profilo e i suoi occupanti. La contesa montagna rimase in nostra mano fino ai primi di novembre del 1917 quando, per gli eventi ci Caporetto, la nostra linea venne arretrata sul Piave. Nel settore dolomitico fu la cima più bagnata di sangue; si legge che circa diecimila furono i caduti italiani e austriaci. Ora è silenzio e solamente rari escursionisti salgono lassù perché molto più «appariscenti» sono le montagne intomo. A distanza di oltre ottant'anni gli uomini che quassù combatterono, e che le due patrie onorano perché furono dei bravi cittadini, sono qui a dirci che attraverso impossibili confini i popoli d'Europa hanno finalmente imparato a parlarsi, a comprendersi, a tollerarsi. Durante la Grande Guerra la gente che abitava in questa bellissima e alta valle delle Alpi, dove si parlava una antica lingua ladina, venne in parte internata in Boemia e in parte nell'Italia Centrale; le loro case furono incendiate e bombardate, i loro prati e i loro boschi devastati. Nel 1914 tutti gli uomini validi tra i 17 e i 55 anni furono mobilitati nell'esercito austroungarico; portati a combattere in Galizia e nei Carpazi e molti finirono prigionieri in Siberia. Prigionieri russi furono costretti a lavorare sulle Dolomiti. Fame e sofferenze dall'una e dall'altra parte. Molti bambini «sgomberati» dai villaggi del Livinallongo furono tolti alla vita dalla febbre spagnola e dalla fame. NEI LUOGHI DEI SOLDATI MUSIL E GADDA Il Col di Lana (metri 2464) si vede molto bene guardando verso levante dal Passo Pordoi: la montagna si alza un po' tozza fra Livinallongo e il Falzarego, sullo sfondo massiccio delle Tofane e quello ardito delle 5 Torri; oltre si apre la riposante conca di Cortina d'Ampezzo. La cima è costituita da un ampio cocuzzolo, donde si diramano quattro costoni. Le due fotografie di guerra dolomitica, con cui è illustrato l'articolo, sono tratte dal bel volume 1915-1918. La guerra sugli altipiani (Neri Pozza, 660 pagine, 30,99 euro), una raccolta di testimonianze di soldati coinvolti nelle battaglie che insanguinarono quelle montagna, pubblicata nel 2000, a cura di Mario Rigoni Stern con prefazione di Carlo Azeglio Ciampi. Fra gli altri, vi figurano, con brevi scritti, Robert Musil, Giani Stuparich, Emilio Lussu, Piero Jahier, Carlo Emi io Gadda e lo stesso Rigoni Stern. Come ha scritto Ciampi, tanti giovani percorrono oggi in vacanza questi sentieri e erode dove i loro nonni si batterono in cruenti scontri. Acolfosco j Pralongià S Lagazuoi ,^'" Bersaglieri in armi in una trincea costruita sulla Cima Echat, anno 1918.1 resti dei baraccamenti militari su pareti e punte dolomitiche sono oggi mete di escursioni