Il diavolo di Teheran tenta Bush con uno scambio di Maurizio Molinari

Il diavolo di Teheran tenta Bush con uno scambio UNA PARTE DELL'AMMINISTRAZIONE E' CONTRARIA MA SI TRATTA IN SVIZZERA Il diavolo di Teheran tenta Bush con uno scambio capi di Al Qaeda per i Mojaheddin del popolo Maurizio Molinari corrispondente da NEW YORK Sarà l'Iran a tenere banco durante le vacanze texane del presidente George Bush, da ieri sera in ritiro nel ranch di Crawford. La decisione più imminente che è chiamato a prendere riguarda il baratto proposto da Teheran di cui ha dato notizia per prima la tv Nbc: consegna di numerosi leader di Al Qaeda in cambio dei «Mojahedin del Popolo», l'opposizione iraniana che aveva le basi militari nell'Iraq di Saddam. Nelle mani dei servizi di Teheran vi sarebbero numerosi militanti inclusi tre pesci grossi: Saad Bin Ladeu, figlio ed erede di Osama alla guida di Al Qaeda, il portavoce Abu Gheit e Abu Mussab al-Zarqawi, l'uomo di collegamento con l'ex regime di Saddam. Durante i contatti avvenuti nelle ultime tre settimane - in Svizzera ed anche negli Stati Uniti - rappresentanti iraniani avrebbero proposto il grande scambio per neutralizzare i «Mojaheddin del Popolo», i cui combattenti si trovano in Iraq sotto controllo americano mentre i leader si sono rifugiati in Francia. Nella conferenza stampa di mercoledì Bush ha chiesto che i leader di Al Qaeda vengano consegnati «ai loro Paesi di provenienza». Parole ferme, dietro le quali c'è il messaggio consegnato dal Dipartimento di Stato: sappiamo chi avete in mano, consegnateli in base alle risoluzioni Onu sulla lotta al terrorismo votate dopo TU settembre. Ma dietro le quinte i contatti continuano serrati. «Si potrebbero scrivere libri interi sulle relazioni fra Stati Uniti ed Iran, che ufficialmente non esistono» assicura Giandomenico Picco, stretto collaboratore dell'ex Segretario generale dell' Onu Perez de Cuellar nel negoziato sugli ostaggi occidentali che erano detenuti in Libano negli anni Ottanta. Entrambe le parti vogliono arrivare ad una veloce conclusione della vicenda: gli americani per catturare i vertici della nuova Al Qaeda, gli iraniani perché temono di subire da Al Qaeda attacchi di ritorsione. Il nodo da sciogliere per Bush è politico: accettare condizioni significa riconoscere come interlocutore uno Stato incluso neIT«Asse del Male» e potrebbe essere interpretato dal pubblico americano come un cedimento al fronte terrorista. Dentro l'amministrazione esistono posizioni differenti sull'Iran. Il vicepresidente Dick Cheney ed il Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld sono favorevoli a sfidare apertamente Teheran ritenendo che l'obiettivo ultimo della lotta al terrorismo è il rovesciamento degli ayatollah eredi di Khomeini; la cui salita al potere nel 1979 sprigionò il messaggio della Jihad fondamentalista anti-occidentale. «La guerra al terrorismo è un conflitto regionale e l'Iran ne è l'epicentro - dice Michael Ledeen, anahsta di affari iraniani al centro studi conservatore "American Enterprise Institute" - sono contrario a qualsiasi decisione che possa riconoscere, favorire, legittimare quel regime». Il Segretario di Stato, Colin Powell è favorevole ad una strategia di progressivo isolamento diplomatico tesa a far «crollare dall'interno» il regime degli ayatollah, come già riuscito con l'Urss, usando Iraq ed Afghanistan come cunei al pari di quanto avvenne con la Polonia di Solidamosc negli anni Ottanta. A pesare sulla scelta di Bush sarà anche la questione del nucleare. In settembre è atteso il verdetto dell'Agenzia intemazionale per l'energia atomica, presieduta dall'egiziano Mohammed El Baradei, che ha già fatto trapelare dub- bi sugli usi civili dei quattro impianti nucleari in via di costruzione in Iran. Se TAiea dovesse attestare la violazione da parte dì Teheran dell'accordo contro la proliferazione nucleare Washington potrebbe iniziare un'offensiva diplomatica in grande stile, arrivando a proporre sanzioni e una strategia intemazionale di isolamento simile a quella adottata nei confronti della Corea del Nord. Il tema è stato affrontato du¬ rante i colloqui a Crawford con Silvio Berlusconi, presidente di tumo dell'Unione Europea, e negli ambienti del Palazzo di Vetro si ritiene che sul nucleare Usa e Uè potrebbero assumere posizioni comuni, ponendo a Teheran una serie di condizioni, a cominciare dalla firma dei protocolli aggiuntivi del 1993 al Trattato di non proliferazione, che prevedono ispezioni più rigide. Dalla trattativa sui capi di Al Qaeda alla questione del nucleare Bush è di fronte alla decisione di come gestire il braccio di ferro con gli ayatollah nell'anno che si concluderà con le elezioni per la Casa Bianca. Con 200 mila uomini schierati sul terreno fra Baghdad e Kabul nessuno dentro l'amministrazione ipotizza nuove iniziative militari in Medio Oriente. A fare la differenza saranno le caratteristiche dell'offensiva diplomatica che si prepara. II presidente iraniano Mohammad Khatami