Ridateci quella generalista, però buona di Alessandra Comazzi

Ridateci quella generalista, però buona RICCA E TEMATICA, POVERA E PER TUTTI: UN CONFRONTO CHE NON SEMBRA OPPORTUNO Ridateci quella generalista, però buona Alessandra Comazzi SOLTANTO adesso la chiamiamo tv «generalista», fino a Dochi anni fa era la televisione e Dasta: lo spettatore la accendeva e guardava quello che altri avevano deciso che lui guardasse. L'unica risposta a disposizione del pubblico era, ai vecchi tempi del monopolio Rai, spegnere l'apparecchio; dopo la nascita delle altre emittenti e l'invenzione del telecomando, si poteva anche cambiare canale, sempre gustandosi quello che i palinsesti di sette, otto reti offrivano. Altro che «tv on demand», «palinsesto personale», guardi quello che paghi e cose così. Guardi quello che c'è e stai zitto. Oppure ti lamenti, ma subisci lo stesso. La tv generalista ha la pretesa di rivolgersi a tutto il potenziale pubblico, che viene giornalmente, minuziosamente quantificato attraverso la misurazione dell' ascolto. I telespettatori stessi sono considerati, nella loro globalità, come un insieme di clien¬ ti cui vendere i prodotti degli spot pubblicitari: questo trasforma la programmazione in una gigantesca televendita, un immenso supermercato in cui i programmi si considerano vetrine per l'esposizione e lo smercio dei più svariati prodotti. Eppure, adesso che arrivano tutti questi canali, più forti e più potenti che pria, tutti insieme, i RaiSat e gli ex Telepiù e gli ex Stream, e tutti le reti della natura, dei cartoni, dei telefilm, dei gay, dei pescatori, degli esploratori, dei banditori, dei cuochi, dell'informazione continua; adesso che si può scegliere, e si può pagare a fasce, e si può cambiare, e saltabeccare, e portare lo zapping a livelli parossistici; adesso che la possibilità di realizzare il proprio palinsesto personale, croce e delizia degli ultimi anni, si sta realizzando, dallo spettatore comune arriva un grido: ridateci una buona tv generalista. Quella in cui «la gente» si possa riconoscere, che faccia divertire, che insegni qual- cosa, che raccolga le famiglie intorno al piccolo schermo, ideale caminetto contemporaneo. La tv del «Medico in famiglia», per dime una, così piena di buoni sentimenti e di «messaggi positivi», una tv condivisa che riesca a mettere d'accordo pubblico «al¬ to» e pubblico «basso», presentando la sua brava stratificazione interpretativa. Ridateci un televisore che sia facile da manovrare: lo acquisti, lo piazzi, attacchi l'antenna, e lo guardi, schiacciando un po' di bottoni ma non troppi, non esa¬ geriamo con la scelta. Perché la scelta, quando è eccessiva, non è più democratica, presupponendo l'uso di mezzi anche scorretti per farsi scegliere. Per non parlare dello stress da tecnologia. Inoltre, a ben guardare, sto benedetto palinsesto personale, uno se lo può fare, ma fino a un certo punto: c'è sempre un'«industria dei contenuti» che decide per te. Non fateci sentire che la tv dei mille canali è dei ricchi e quell'altra è dei poveri: ridateci una tv generalista con dei bei film, non solo quelli vecchi. Ormai, i bei film non li dava nemmeno più Telepiù, chissà se adesso le cose cambieranno. Ridateci una tv generalista che non nasconda, per la paura di perdere ascolti, i programmi buoni nel cuore della notte: questa è una cosa che fa imbufalire gli spettatori e non fa bene a nessuno. Ridateci ima tv generalista ma diversificata: non sette reti tutte uguali, ma diverse per scopo istituzionale e pubblico di destinazione. Una volta era così. sia nel blocco Rai, sia nel blocco Mediaset, poi le differenze sono andate via via annacquandosi, confondendosi. Ridateci una tv generalista divertente: prime serate più corte, soprattutto con i varietà. Quelli rimasti mitici nella storia della televisione italiana, gli «Studio Uno» con Mina, per esempio, duravano a stento un' ora: e venivano provati per tutta la settimana; per forza poi che piacevano. Adesso sono cambiati i tempi, i metodi e i soldi, però gli spettatori «generalisti» uno sforzo lo meriterebbero. Non si metteranno tutti davanti allo stesso programma come ai tempi, per dire, di «Portobello» (25 milioni di spettatori di fronte a Enzo Tortora e alle sue idee dalle quali sarebbe germinata tanta televisione futura), ma ritorneranno ad affezionarsi. Chissà che effetto farebbe vedere «Adesso sposami» sul satelhte e il «David Letterman Show» su Raiuno: sarebbe una vera scossa, generalista. «Medlco in famiglia», una tv che mette d'accordo pubblico «alto» e pubblico «basso»

Persone citate: David Letterman, Enzo Tortora