I bianconeri a Ground Zero
I bianconeri a Ground Zero EMOZIONI SUI LUOGHI TEATRO DEGLI ATTENTATI DELL'11 SETTEMBRE I bianconeri a Ground Zero TT , TTT. Del Piero: come un gigante senza testa reportage Fabio Vetgnano inviato a NEW YORK JUVENTUS alla conquista deh' America. L'arrivo degli americani della Nike come sponsor tecnico ha aperto nuove frontiere, ha allargato gli orizzonti sportivi e commerciali del club bianconero che per la prima volta nella sua storia assume un'importanza mondiale. La trasferta americana sarà soltanto la prima di una serie di impegni organizzati per dilatare ulteriormente la fama della Juve in questo continente. Il club ha un contratto di 12 anni con la Nike e riceverà duecento milioni di euro. Un impegno gigantesco quello dei manager di Portland da cui la società riceverà indubbi benefici anche di immagine. Così appena sbarcata negli States la Juve è diventata il simbolo del soccer, ha alternato gli allenamenti con una serie di impegni che l'hanno portata a contatto con la gente. Il tour propagandistico è iniziato a Providence nel Rhode Island dove Del Piero e compagni hanno visitato scuole e grandi empori commerciah autografando le maglie bianconere indossate da torme di ragazzini. Ma anche a New York non sono mancate scene di delirio. La Nike ha curato tutto nei dettagli, dalla visita alla Grande Mela agli spot riservati ai giocatori che hanno la multinazionale dello sport come sponsor personale. Lunedì pomeriggio Davids, storico testimonial della Nike, è andato ad Harlem dove ha girato un nuovo filmato pubbhcitario insieme a ragazzi di colore. Lo vedremo presto anche in Italia, ma è dedicato soprattutto al mercato americano, a un mondo ancora tutto calcisticamente da scoprire, dopo il tentativo fallito con il Mondiale. A ricorda che non si vive di solo baseball sta provando Charlie Stillitano, l'italo americano che presiede la ChampionsworId e che ha portato negli Usa anche Milan, Barcellona e Manchester. Un'impresa titanica. Sempre lunedì i bianconeri sono andati in pellegrinaggio a Ground Zero in quella fetta di Manhattan decapitata dei suoi simboli l'I! settembre. Lasciatala campagna del New Jersey dove sono in ritiro, Del Piero e compagni hanno avuto un trattamento privilegiato rispetto alle migliaia di turisti che ogni giorno scendono da Wall Street verso il grande cratere e si fermano attoniti dietro le recinzioni che circondano la zona dell'attentato. Aggirato il posto di blocco della polizia, il bus juventino si è fermato a pochi metri dal cantiere in cui fervono i lavori per ricostruire. Non c'è stato alcun contatto con la gente, la polizia ha impedito anche ai giornalisti di avvicmare la squadra che era stata raggiunta anche da Moggi. Inutili le trattative di Ben Ferrara, presidente dello Juventus club New York che ha tentato un ricongiungimento con il gruppo juventino. Dieci minuti in tutto e il pullman era già in movimento. Soltan¬ to dopo le proteste di Stefano Coscia, responsabile delle relazioni esterne della Juventus, gli inflessibili agenti della sicurezza hanno consentito a Del Piero di avvicinarsi alle robuste recinzioni, mentre gli altri bianconeri restano segregati sul bus. Noi da una parte della grata, il capitano dall'altra come nel carcere di Alcatraz. Alex ritornava per la prima volta a New York dopo l'I! settembre. Sconvolgente pure per lui il primo impatto: «Vista da lontano la città non è più quella di prima. Privata delle torri gemelle sembra un gigante senza testa, non è più Manhattan, ma una città come tante degli Stati Uniti. Ero stato qui in vacanza due mesi prima dell'attentato, ritornarci mi ha fatto una forte impressione, il colpo d'occhio è spaventoso. E lo stesso sentimento l'hanno provato tutti i compagni. Soltanto Di Vaio era già stato a Ground Zero». Dietro di noi un grattacielo ancora bruciacclùato dal fuoco coperto da grandi teli neri che danno un aspetto ancora più lugubre. Su un grande muro una scritta: «Lo spirito umano non è misurabile dalla dimensione della azioni, ma dalla dimensione del cuore». Del Piero legge e commenta: «Parole che fanno riflettere. Non resta che sperare che questa zona ritomi a vivere al più presto e mi piace pensare che si stia lavorando per qualcosa di meglio».
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