L'eterna precarietà degli enti previdenziali di Roberto Giovannini

L'eterna precarietà degli enti previdenziali GLI EQUILIBRI ALL'INTERNO DEI VARI GOVERNI HANNO SPESSO IMPEDITO LE NOMINE DEI DIRIGENTI L'eterna precarietà degli enti previdenziali Tutti i principali sono commissariati anche da più di un anno L'Inail vide la caduta dei vertici per lo scandalo degli immobili retroscena Roberto Giovannini ROMA NON c'è pace, per gh enti previdenziali pubblici. Tutti quelli importanti sono commissariati, in alcuni casi da oltre un anno, con governo e maggioranza che non sembrano in grado in tempi brevi di trovare difficili quadrature e nominare i nuovi vertici. E adesso, a complicare le cose, anche l'indagine della magistratura, che ipotizzando un concorso truccato, ha mandato avvisi di garanzia ai membri del vertice Inps dell'epoca e a quasi 1.700 vincitori del concorso. In casa Inps non si guarda con eccessiva preoccupazione alla vicenda giudiziaria. Primo, perché la stessa dimensione colossale dell'indagine fa pensare che molto difficilmente quasi duemila attuali dipendenti dell'Inps (ed ex-Lsu) risultati vincitori del concorso contestato possano perdere il posto che è loro dal 2001. Secondo, perché l'intera vicenda fu seguita e debitamente approvata dai ministeri vigilanti, ovvero Lavoro e Tesoro. Terzo, perché la storia fa parte di un (triste) capitolo della storia recente del paese: il capitolo dei Lavori Socialmente Utili. Era l'Italia del 1996. L'Ulivo aveva appena vinto le elezioni, e si accingeva a varare la maxi manovra che avrebbe permesso di centrare l'obiettivo dell'euro. Un mix di misure impopolari, la pressione di Rifondazione comunista che chiedeva un'attenzione al «sociale», la protesta latente (talvolta esplosiva) di decine di mighaia di persone in cassa integrazione o in mobilità. Nel «Pacchetto Treu» sul lavoro, varato nel '97, venne dunque inserita una norma che puntava a inserire questi ex-lavoratori in progetti «socialmente utili» o di «pubblica utilità» delle amministrazioni, in cambio di un'indennità. Bella idea, ma di difficile reahzzazione: alla fine il governo si accorse che questi «LSU» erano diventati decine di mighaia; che spesso non svolgevano alcuna attività «utile»; oppure, che finivano per svolgere in enti e amministrazioni il lavoro del personale regolare. Una bomba che il governo D'Alema cercò di disinnescare, affidando alla società Itaha Lavoro il compito di «piazzare» gh Lsu in imprese, e chiedendo agh enti di «fare il possibile». È quello che accadde (tra l'altro; anche all'Inps, dove da circa due anni lavoravano già quasi 2.000 persone «socialmente utili». La strada scelta fu quella tipicamente italiana, ovvero la prassi normale seguita per assegnare una cattedra universitaria o un posto da usciere: si varò un bando di concorso costruito su misura per facilitare il successo dei candidati già impiegati nell'ente. E non casualmente gh allora vertici dell'Inps per ben tre volte chiesero direttive e chiarimenti agh allora ministri di Lavoro e Tesoro, Cesare Salvi e Giuliano Amato. Stessa cosa è avvenuta e avviene ogni giomo in questa problematica (nel 2002 erano ancora quasi 40.000) opera di «stabilizzazione» degh Lsu. Certo è che allora come oggi gli Enti previdenziali sono centri di grande potere concreto, e per questo oggetto delle attenzione e degh appetiti dei partiti. Il guaio è che oggi i partiti al governo sono quattro, e gh enti che contano sono tre: l'Inps (pensioni dei privati), l'Inpdap (pensioni dei pubbhci) e l'Inail (infortuni). Un'equazione che non è facile risolvere senza scontentare qualcuno. E non è un caso che oggi questi enti siano tutti e tre retti da un Commissario Straordinario. Si è cominciato nel 2002 con l'Inail, il cui vertice venne decapitato a seguito dell'inchiesta in Basilicata sugh immobili. Commissario è l'ex parlamentare socialista Vincenzo Mungari, ora in quota Forza Itaha e sponsorizzato da Gianni Letta. Seguì l'Inps: all'indomani della scomparsa del presidente Fabio Trizzino, Roberto Maroni nominò commissario il suo consulente giuridico (e carissimo amico), Gianpaolo Sassi. Poi è toccato all'Inali, dove nonostante le assicurazioni il presidente Rocco Familiari (in quota Udc, componen- te D'Antoni) è stato sostituito dall'ex Cda Rai Marco Staderini (Udc, componente Casini-Follini). A nulla è servito che Familiari agevolasse la cospicua cartolarizzazione della «cessione del quinto» dei pubbhci. A fame le spese è Alleanza Nazionale, che manifesta un crescente malumore. Maroni e Tre- monti hanno tentato di accontentare An promettendo due cose: la guida dell'Ipsema (il piccolo ente dei marittimi, del quale l'attuale presidente Gian Maria Fara ha sensibilmente migliorato i conti) che spetterà ah'ex deputato Antonio Parlato; la direzione generale dell'Inps, nella persona del direttore generale del disastratissimo Inpdai, Giovanni Sapia. Serviranno ancora diversi mesi, si dice. Anche perché prima di tutto bisognerà che il Carroccio risolva i suoi problemi intemi. Uno dei candidati al vertice Inps infatti è Alberto Brambilla, sottosegretario al Welfare e a suo tempo consighere d'amministrazione dell'ente. Una sede dell'istituto di previdenza

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