L'Iran: «Arrestati capi di Al Qaeda»

L'Iran: «Arrestati capi di Al Qaeda» L'Iran: «Arrestati capi di Al Qaeda» TEHERAN Il presidente Kh«Le minacce del presidente americano stanno evidentemente diventando un'abitudine per lui e ci meravigliamo soltanto quando non ci sono». Questa era stata la prima reazione del presidente iraniano Mohamed Khatami all'ennesimo monito di Bush, che lunedì scorso, durante la conferenza stampa congiunta con il premier italiano Silvio Berlusconi, aveva accusato l'Iran e la Siria di offrire rifugio ai terroristi, ostacolando la stabilizzazione del Medio Oriente. Ma ieri il governo della Repubblica islamica ha ritenuto di dover infine fornire qualche chiarimento in più, sia pure parco e molto polemico, sul suo apporto alla lotta al terrorismo e in particolare sulla presenza, già ammessa a giugno, sul suo territorio di un cospicuo numero di militanti di Al Qaeda e sul loro destino. «Dopo il crollo del regime dei Taleban abbiamo arrestato un gran numero di membri di Al Qaeda, alcuni dei quali sono stati espulsi o consegnati ai loro Paesi di origine», ha detto il ministro dei servizi segreti Ah Yunessi, durante una conferenza stampa a Teheran. «Molti però ha aggiunto - sono ancora nelle nostre mani e fra loro vi sono esponenti di primo piano e altri meno importanti». «E' nostro rt'«vere nazionale lottare contro Al Gaeda, non un favore che facciamo a questo o a quell'altro stato», ha aggiunto polemicamente, con un'evidente allusione alle ripetute pressioni intemazionali. Yunessi si è tuttavia nuovamente rifiutato di rivelare l'identità dei detenuti: «I nomi saranno resi noti quando riterremmo più opportuno e certamente non nel corso di una conferenza stampa». In seguito, il ministro dell'Intemo Abdolvahed Mussavi Lari, citato dall'agenzia ufficiale Irna, ha precisato che l'Iran sta prendendo accordi con i Paesi d'origine per l'estradizione di alcuni dei detenuti, che molti altri sono già stati riconsegnati mentre altri ancora «saranno giudicati da tribunali iraniani». «I nomi desaranno requando lopiù oppor atami l catturati si noti riterremo tuno» assicurando che lo stesso avverrà per tutti i sospetti appartenenti al gruppo terroristico che in futuro dovessero essere scoperti nel Paese. Ma è appunto l'identità degli arrestati il punto cruciale. Dopo la caduta dei Taleban in Afghanistan, in Iran avrebbero trovato rifugio una grande quantità di combattenti di Al Qaeda e secondo fonti diplomatiche e alcuni organi di stampa arabi, nonché secondo l'intelligence statunitense, tra questi ci sarebbe stato il gotha dell'organizzazione. Ricercati a livello intemazionale come il figlio maggiore di bùi Laden, Saad; il braccio destro di Osama bin Laden, l'egiziano AymanAlZawahiri; il portavoce del gruppo, il kuwaitiano Suleiman Abu Ghaith; il capo della sicurezza di Osama, Saif alAdil, collegato agli attentati contro obiettivi occidentali del 12 maggio a Riad, il giordano Abu MusabZarqawi^ccusato dagli Usa di essere stato il collegamento con il regime di Saddam Hussein e Abu Mohamed al-Masri, presunto responsabile dell'attacco dinamitardo del 1998 a un' ambasciata Usa nell'Africa meridionale. Fra l'altro il figlio di bin Laden, saudita e il kuwaitiano Abu Ghaith, sono stati da tempo privati della loro cittadinanza (è proprio il Kuwait a dare per certo che il suo ex cittadino si trovi in Iran) e quindi risulterebbe difficile una loro estradizione e giudizio nei Paesi d'origine. La Casa Bianca ha accolto con estremo scetticismo le dichiarazioni iraniane. «Non sono sicuro di cosa significhi esattamente il termine in custodia», ha detto il portavoce della Casa Bianca, Scott McClellan. «Quel che è certo - ha aggiunto - è che questa è una conferma di ciò che diciamo da tempo sull'esistenza di una significativa presenza di esponenti di Al Qaeda in Iran». McClellan ha detto di non avere informazioni sufficienti per poter confermare la veridicità delle rivelazioni di Teheran ma ha aggiunto che se davvero l'Iran detiene terroristi ricercati dagli Usa, dovrebbe consegnarli. [e. st.] «I nomi del catturati saranno resi noti quando lo riterremo più opportuno» Il presidente Khatami