Una rappresaglia l'attacco afghano contro gli italiani di Vincenzo Tessandori
Una rappresaglia l'attacco afghano contro gli italiani Una rappresaglia l'attacco afghano contro gli italiani Vincenzo Tessandori Un motivo c'è sempre nelle cose, anche in un agguato. E, forse, quello che ha determinato l'attacco alla pattuglia italiana, domenica, nelle gole fra i monti che segnano il confine fra Afghanistan e Pakistan è la scoperta, un paio di settimane or sono, di ima santabarbara nell'area rovente dell'agguato. Quintali di proiettili, razzi, mine, insomma il necessario per la guerriglia individuati dai para della Folgore appoggiati dagli incursori del 9" Col Moschin e della Marina Militare. Anche gli americani hanno studiato quel materiale, poi è stato deciso di far saltare tutto in aria, considerato che la maggior parte degh ordigni erano innescati e dunque spostarh sarabbe stato inutilmente pericoloso. L'attacco come risposta e come risposta micidiale, nelle intenzipni dei talebani o di quelli di Al Qaeda, per far capire che il lavoro dei soldati italiani colpisce un po' troppo i loro piani. Ma è questo il lavoro e non è certo un rischio sfuggito per buona sorte che lo farà cambiare. Nessuno è intimorito, garantisce il generale Marco Bertolini, comandante dei para della Folgore a Khost. «Stiamo continuando a lavorare nella stessa maniera. Il fatto che sia stato fatto un attacco non vuol dire che si smetta, si fanno le stesse cose che si facevano prima, né c'è stato bisogno di alzare il livello di attenzione : era già elevato prima e, anzi, il fatto che fosse così elevato forse è il motivo per cui è andata bene». È andata bene, certo. Perché quella era una mina messa per uccidere e solo la precipitazione di chi impugnava il telecomando ha mandato in fumo il progetto: il fatto che l'esplosione sia avvenuta a neppure due metri dal mezzo itahano in movimento cancella altre ipotesi; non solo, ma c'è il particolare, raccontato dai paracadutisti, che almeno tre talebani sono usciti dal nascondiglio, armi in pugno, come decisi a finire chi fosse sopravvissuto: la reazione dei nostri quattro soldati li ha sorpresi e costretti a girare la schiena. Così, per fortuna, soltanto ferite assai bevi, con l'eccezione del caporal maggiore Gianpaolo Corbisiero: per una frattura al metatarso deve portare il gesso e ne avrà per 45 giorni, che passerà in famigha, anche se, pare, non apariva soddisfatto per dover sospendere la missione. La procura militare di Roma ha aperto un'inchiesta ma presto passerà mano a quella civile. Quella affidata ai soldati italiani è una zona ad alto rischio: certo, lo è tutto l'Afghanistan, ma si ha l'impressione che le ultime mani della grande partita a quattro fra occidentali, governo di Kabul, talebani e mihtanti di Al Qaeda, si giochino in queste gole nel Sud dove il confine col Pakistan spesso lo segnano montagne che paiono invalicabili e che, al contrario, vengono superate di continuo. Del resto, il bilancio degh ultimi quattro giorni è pesante e nella città di Spir Boldak c'è stata, secondo il portavoce dell'esercito, colonnello Rodney Davis, «lo scontro più duro degli ultimi due mesi»; 9 soldati feriti e 24 talebani uccisi, gente arrivata dal Pakistan, insistono a Kabul. Ma siccome la verità ha sempre due facce, quella mostrata dai ribelli è assai diversa: nessuna sconfitta, sostengono, loro avrebbero ucciso una ventina di soldati afghani. E anche questo lascia meditare, perché un motivo c'è sempre neUe cose.
Persone citate: Gianpaolo Corbisiero, Marco Bertolini, Moschin, Rodney Davis
Luoghi citati: Afghanistan, Kabul, Pakistan, Roma
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