L'ambasciata italiana pensatoio sul Medio Oriente

L'ambasciata italiana pensatoio sul Medio Oriente L'ambasciata italiana pensatoio sul Medio Oriente Sergio Vento ha riunito a Villa Firenze diplomatici ed esperti americani ed europei CRAWFORD Pochi giorni prima del summit del ranch fra Bush e Berlusconi la residenza dell'ambasciatore italiano a Washington si è trasformata in un pensatoio euroamericano di politica mediorientale. Villa Firenze, sulla Albemarie Street, è considerata dagli esperti di architettura la più bella fra le residenze diplomatiche a Washington ed è noto non solo per le opere d'arte che ospita ma anche perché nel suo parco campeggia un mastodontico ciliegio sotto il quale più di un ministro itahano ha amato in passato farsi riprendere. E' in questa cornice di boschi del Maryland che l'ambasciatore italiano, Sergio Vento, alla vigilia del summit di Crawford è riuscito a mettere attorno ad un tavolo numerosi rappresentanti diplomatici dell'Unione Europea assieme a chi ha espresso in passato dubbi su un ruolo di alto profilo dell'Europa in Medio Oriente ovvero l'Aipac, l'organizzazione ebraica americana più ascoltata dal Congresso e dall'amministrazione. Gli ambasciatori di Irlanda, Grecia, Danimarca, Belgio, Polonia e Finlandia hanno intrecciato, grazie ai buoni uffici di Vento, un dialogo a tutto campo sulle prospettive della «Road Map» assieme ai vertici dell'Aipac, rappresentati da una delegazione guidata dalla presidente Bernice Manocherian e dal direttore Howard Kohr. Il confronto a più voci ha visto gli ambasciatori dei Paesi della trojka Uè (Italia, Grecia ed Irlanda) porre la necessità di un superamento delle incomprensioni fra Stati Uniti ed Unione Europea in Medio Oriente. «Bisogna lasciarsi alle spalle gli stereotipi secondo cui gli Stati Uniti sono a priori filoisraeliani e l'Europa è a priori filoaraba e filopalestinese» ha affermato l'ambasciatore belga Franciskus van Daele. La richiesta della presidente dell'Aipac è stata precisa: «Condividere la scelta dell'amministrazione Bush di troncare qualsiasi rapporto con Yasser Arafat, considerato il principale ostacolo alla pace perché compromesso con il terrorismo». Non sono mancati vivaci scambi di battute. «Continuare ad avere rapporti con Arafat è un grave errore perché indebolisce il premier Abu Mazen» ha affermato la Manocherian. «Se il nostro governo continua ad avere contatti con Arafat è anche perché Abu Mazen ce lo chiede» ha replicato l'ambasciatore irlandese Noel Fahey. A detta dei presenti una tavola rotonda di questo tipo a Washington non aveva precedenti ed ha confermato il ruolo dell'Italia come protagonista dèi dialogo fra l'Europa e le diverse realtà politiche americane che contribuiscono a for- ' mare la politica estera dell'amministrazione. L'altro tema del pranzo di lavoro è stato il pericolo-Iran. Howard Kohr, direttore esecutivo dell'Aipac, ha sottolineato con forza la necessità da parte dell'Unione Europea di «affrontarlo», per evitare che uno Stato considerato compromesso con organizzazioni terroristiche possa riuscire a dotarsi anche di armi di distruzione di massa. «L'amministrazione americana sta discutendo a fondo il pericolo-Iran e ci auguriamo che trovi nell'Europa un interlocutore capace non solo . di ascoltare ma di prendere comuni iniziative» ha aggiunto Kohr, trovando consensi. |m. ino.]