Parliamo pure della vigilanza ma attenti alla concorrenza di Alfredo Recanatesi

Parliamo pure della vigilanza ma attenti alla concorrenza IL SISTEMA BANCARIO HA BISOGNO DI CONSOLIDARE GLI ASSETTI Parliamo pure della vigilanza ma attenti alla concorrenza Alfredo Recanatesi IL dibattito che si va accendendo sulla opportunità di affidare la vigilanza sulle aziende di credito ad una istituzione diversa dalla Banca d'Italia non è cosa riservata agli addetti ai lavori. Investe scelte che riguardano tutti noi in quanto tutti abbiamo a che fare con le banche, con la loro efficienza, con il costo dei loro servizi e, soprattutto, con la loro affidabilità. Per capire di cosa si sta parlando occorre fare un passo indietro e ricordare che fino a pochi anni fa - dieci-quindici, non di più - il sistema bancario italiano era composto prevalentemente da banche pubbliche. Tra di esse non c'era concorrenza quasi per definizione, ciascuna aveva giurisdizione su un territorio definito, non erano sottoposte all'ansia del profìtto che genera efficienza, ma può anche spingere a comportamenti scorretti. In quella situazione era pacifico che la Banca d'Italia esercitasse le funzioni di vigilanza poiché da vigilare c'era poco e le banche erano di fatto strumenti della politica monetaria della quale la Banca d'Italia era titolare. Poi, un po' perché il mondo va comunque avanti e perché l'armonizzazione europea si è fatta sempre più incisiva, le cose sono radicalmente cambiate: le banche sono state,, priviitizzate/'.sànlp^ate volate al profitto, opCTatóiwan mercato più ^BifS^lla concorrenza. Nello stesso tempo, con l'unione monetaria la politica monetaria fa capo al Sistema delle banche centrali europee del quale la Banca d'Italia è solo una delle dodici componenti. Che la vigilanza sulle banche debba rimanere affidata ad essa non è più una cosa scontata, per cui si è aperto uno spazio alle tesi che sostengono la soluzione diversa di affidarla ad un'altra istituzione nella quale accentrare la tutela del risparmio così evitando i condizionamenti che derivano da responsabilità in materia di politica monetaria. Occorre però chiarire i termini del problema. Dicendo in primo luogo che la stabilità del sistema bancario e la concorrenza al suo intemo sono obiettivi che possono entrare tra loro in conflitto e tra i quali, dunque, occorre scegliere quale mettere al primo posto e quale al secondo. L'esempio è dato proprio dai Paesi nei quali la concorrenza è privilegiata sulla stabilità e dove, di conseguenza, le crisi bancarie sono accettate come "prezzo" da pagare per ottenere la concorrenza massima possibile. Proprio i Paesi presi ad esempio dai fautori di una riforma gli Stati Uniti e la Gran Bretagna - sono stati teatro di crisi di una portata che l'Italia non ha mai conosciuto. E se questo esempio non bastasse, si può ricordare come in un assetto istituzionale diverso il problema dei banchi meridionali - il Banco di Napoli ed il Banco di Sicilia che erano virtualmente falliti - difficilmente avrebbe potuto evitare soluzioni traumatiche con le conseguenti ripercussioni negative per tutta l'economia meridionale. Questo per dire che Paesi come Stati Uniti o Inghilterra sono cosa diversa dall'Italia; un certo grado di instabilità se lo possono anche permettere. In Italia invece ci sono ragioni che consigliano cautela nell'immaginare riforme in quella direzione. Una è che il processo di privatizzazione è ancora ad uno stadio intermedio nel quale ad operare privatisticamente sono soprattutto soggetti come le fondazioni che sono pubblici e senza neppure la visibilità ed il controllo parlamentare ai quali erano sottoposte le banche quando erano pubbliche. È sempre incombente, di conseguenza, l'invadenza delle ragioni politiche nella gestione strategica delle banche, per cui rimane consigliabile che il controllo rimanga affidato ad un organo che è . parte integrante di una istitu. :; Sgónfi; eìtròpeà eia cui autoiq'^-', mia ;è 'garantita da norme, ifS^inéraTO^ifieiSmento dei vertici dà scadenze del mandato, sulle quali possono fare battute solo quanti ne ignorano la genesi e la storia. E c'è ancora una ragione, forse la più importante. L'Italia è un Paese con un capitalismo debole molto più dipendente che altrove dal credito bancario. Più che altrove, di conseguenza, è necessario che l'attività delle banche venga tenuta d'occhio anche per la possibilità di perniciose mescolanze tra ruolo dell'imprenditore e ruolo del finanziatore, tra investitore di rischio e depositante di banca e via di seguito fino alle possibili mescolanze tra valutazione del merito di credito e valutazione del merito socio-economico nell'impiego delle risorse affidate alle banche. Il nostro è un sistema bancario giovane, ancora in evoluzione, bisognoso di consohdare pratiche ed assetti; paragonarlo a sistemi ben più maturi e consolidati è improprio. È un sistema, dunque, nel quale la tutela della stabilità patrimoniale e della correttezza operativa delle banche ancora vale bene il prezzo di una concorrenza meno sviluppata che altrove.

Luoghi citati: Gran Bretagna, Inghilterra, Italia, Napoli, Stati Uniti