Petrolio e omicidi, il giallo dì Mosca
Petrolio e omicidi, il giallo dì Mosca Petrolio e omicidi, il giallo di Mosca Il gigante Yukos sta crollando sotto il peso delle inchieste MOSCA Sono ormai sette le inchieste che la Procura generale ha avviato contro la Yukos, la maggiore compagnia russa, e non rimangono più dubbi: l'attacco giudiziario che vede come bersaglio Mikhail Khodorkovskij, il giovane «oligarca» più ricco del Paese non è un caso, ma un'offensiva su tutti i fronti. In un luglio politicamente bollente Mosca segue le vicende del colosso petrolifero commentando con terminologie da guerra, dove non si fanno prigionieri, una guerra la cui controparte viene sempre più spesso identificata non negli organi della giustizia, ma nel Cremlino. La più grande compagnia petrolifera (e non solo) della Russia è nel mirino dei magistrati per sette casi. Il presidente della Menatep, la finanziaria della società, Platon Lebedev è in carcere con accusa di privatizzazione illecita che ha provocato, secondo la Procura, danni allo Stato per «centinaia di milioni di dollari». Il capo della security della società Anatolij Pichiughin viene accusato di duplice omicidio. Un altro manager è latitante, accusato di truffa ai danni dello Stato, mentre si indaga anche su sospetta evasione fiscale della Yukos. E venerdì scorso dalla Procura è arrivato un attacco di artiglieria pesante: altre quattro inchieste, stavolta su omicidio o tentato omicidio. Le vittime sono il sindaco e un imprenditore della città petrolifera Neftejugansk, e due top manager di due società petrolifere, i mandanti, secondo la giustizia russa, siederebbero nel consiglio d'amministrazione della Yukos. Non che il business russo sia estraneo alla violenza, semmai il contrario. Ma la pesantezza dell'attacco della Procu- ra è impressionante e difficilmente può essere attribuita al caso, in un Paese dove il potere, a tutti i livelli, usa la giustizia come suo strumento e dove gli «oligarchi», i magnati che hanno costruito la loro fortuna a cavallo tra business e politica, sono considerati immuni. In questo caso invece vengono trattati nello stesso modo in cui gli organi repressivi in Russia trattano i comuni mortali: Lebedev è stato arrestato in ospedale e non riesce a incontrare i suoi avvocati, Piciughin lamenta di essere stato sottoposto a iniezioni di sostanze psicotropiche, ogni giorno dal fronte Yukos arrivano notizie di brutali perquisizioni e arresti, mentre alla Procura continuano a piovere interrogazioni parlamentari (di deputati vicini al Crei, ino) che chiedono di indagare su nuove malefatte di Khodorkovskij e soci. Difficile dubitare che si tratti di un attacco intenzionale, e molti danno credito all'ipotesi di una concorrenza sleale. Il presidente dell'Unione imprenditori e industriali Arkadij Volskij l'ha confermato: «Sì, ma non possiamo permettere che le forze dell'ordine si facciano usare dalla concorrenza». Chiunque siano questi «concorrenti», ci hanno rimesso anche loro: il mercato dei titoli è sceso al livello dell'aprile 1997, perdendo, secondo le stime degli esperti, circa 20 miliardi di dollari di capitalizzazione. E il danno all'immagine della Russia è ancora più pesante: Khodorkovskij - primo e forse unico tra gli oligarchi - aveva una contabilità trasparente, la sua società veniva considerata un esempio di business «pulito» emerso dal Far West degli anni '90, finanziava programmi di istruzione e beneficenza, era considerato un peso massimo a livello intemazionale. Ora i maggiori giornali finanziari intemazionali mettono in dubbio la stabilizzazione e la modernizzazione pubblicizzati dal Cremlino, mentre gli investitori stranieri congelano i loro progetti in Russia. E si parla del trionfo del clan del Kgb che circonda Putin, e che vorrebbe rimettere in gioco i risultati della privatizzazione: «Sarebbe la guerra civile»; ha commentato il consigliere economico del presidente Andrej Illarionov. La situazione ha allarmato ambienti pohtici ed economici, che si sono rivolti al presi¬ dente chiedendogli di fare da arbitro. Ma negli ambienti informati di Mosca circola - ed è considerata la più accreditata - anche un'interpretazione politica, e vengono ricordati i casi degli oligarchi Gussinskij e Berezovskij, demoliti dalla procura su ordine del Cremlino. Khodorkovskij finanziava apertamente l'opposizione, e non nascondeva ambizioni politiche, soprattutto in vista delle elezioni alla Duma di dicembre. E la Yukos era in espansione famehca: oltre a concentrare - per la prima volta in mani private - la maggior parte del petrolio russo, aveva industrie, commercio, comunicazioni, fino a conquistare un mese fa l'Università umanistica di Mosca, dove Leonid Nevzlin, vicepresidente della società e presidente del Congresso ebraico russo, è stato eletto rettore. Una struttura ormai troppo influente, uno stato dentro lo Stato. Si dice anche che Khodorkosvkij non abbia prestato ascolto ad «avvertimenti» dal Cremlino di contenersi e che ora per l'uomo più ricco della Russia stanno per scattare le manette. [a. z.] Sono sette i fascicoli aperti dalla procura generale. Il presidente della finanziaria del gruppo è isolato in carcere insieme con un top manager e con il capo della sicurezza La pesantezza dell'attacco è impressionante visto che la polizia molto difficilmente pesta i piedi a qualcuno potente. C'è chi dietro le indagini scorge l'ombra del Cremlino Alcuni giornali scrivono del «trionfo del clan del Kgb» che circonda il presidente russo Vladimir Putin
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