JAVLINSKIJ «La guerra fra Stato e oligarchi sta distruggendo la Russia»

 JAVLINSKIJ «La guerra fra Stato e oligarchi sta distruggendo la Russia» OMiSTA LEADER DELL'OPPOSIZIONE LIBERALE «JABLOKO» JAVLINSKIJ «La guerra fra Stato e oligarchi sta distruggendo la Russia» intervista AnnaZafesova MOSCA Leader dell'opposizione liberale «Jabloko», Grigorij Javlinskij non nasconde di essere stato finanziato dal magnate del petrolio Mikhail Khodorkovskij. Come non nasconde il suo scetticismo verso gli «oligarchi», gli uomini a capo dei più grandi gruppi privati russi. Appena qualche settimana fa l'economista, autore negli anni '90 del programma di riforma «500 giorni», ha pubbhcato un programma per smantellare il «capitalismo oligarchico». Ma la crisi giudiziaria che ha colpito il gigante petrolifero Yukos, la massima espressione deir«oligarchismo», lo preoccupa: «Non è uno smantellamento, è un atto di distruzione». Ed enumera gli effetti negativi: «La borsa è crollata, la Yukos ne detenninava per un terzo l'indice, gli investitori stanno facendo marcia indietro, il giro del mondo fatto negli ultimi anni da Putin per convincere a investire in Russia è in gran parte svalutato. La medicina si è rivelata più pericolosa della malattia». Allora non è l'inizio cura? «Semmai un monito alla compagnia che faceva da faro al resto dell'economia. Alla Yukos e attraverso la Yukos lo Stato fa capire che ogni tentativo di emanciparsi dal potere verrà punito». Si parla dì motivi politici? «Si potrebbe paragonare la situazione al 1929, quando Stalin stroncò la "nep" e avviò la collettivizzazione totale delle campagne. E' probabile che Mikhail Khodorkovskij avesse ambizioni politiche. Gli oligarchi credono che il potere è il migliore business. E i miliardari che vogliono fare politica sono considerati una minaccia allo Stato». Lo sono davvero? «Come ogni regime totalitario ambisce la bomba atomica, ogni oligarca desidera il potere. Non è un imprenditore qualunque: ha soldi, agganci con il potere, controllo dei media. Sono pochi: il 70 per cento del Pil è controllato da ima trentina di strutture, poche centinaia di uomini che dettano la strada al Paese. Sono giovani, ambiziosi, una generazione formata con l'idea che tutto si duo comprare con i soldi. Qualcuno i considera la locomotiva che porterà la Russia verso il futuro, a me sembrano piuttosto il prodotto del sistema del passato. Ma l'attacco frontale contro Khodorkovskij è un avvertimento all'intera società civile ancora embrionale». Quindi l'idea diffusa che gli oligarchi hanno privatizzato lo Stato è falsa? «Il potere e il business sono gemelli siamesi: il secondo non può realizzarsi senza l'aiuto del primo, che a sua volta mangia dalla mano degli imprenditori. Gli oligarchi usano il potere nella concorrenza e il potere li usa nella lotta per la sopravvivenza e l'arricchimento. La corruzione è istituzionalizzata, i gemelli vanno separati con cautela, senza repressioni, evitando ogni tentativo di rivedere la privatizzazione». Qualcuno vuole provarci? «Il popolo russo, per esempio: il 77 per cento sarebbe favorevole a una revisione completa o parziale. E' la reazione ai metodi bolscevichi con i quali è stata condotta la privatizzazione. Qualcuno potrebbe sfruttarla ipr fomentare ostilità nei confronti di tutti i nuovi imprenditori russi, senza eccezione». Per motivi ideologici? «No, non ci sarà nessuna nazionalizzazione. Il problema è che i riformatori degli anni '90 si dichiaravano anticomunisti, ma partivano da due presupposti fondamentalmente marxisti: uno, ogni accumulazione primigenia è criminale, due, l'economia creerà, in modo più o meno automatico, la nuova società. Questo ha generato un sistema perennemente tentato di avviare una ripartizione della ricchezza». Ma proprio la Yukos, trasparente e attenta all'immagine, sembrava uscire da un passato di scheletri nell'armadio? «Molti protagonisti dell'economia avvertono il bisogno di diventare puliti: per fare affari con l'Occidente, per entrare in politica dalla porta principale e non da dietro le quinte, perché infine ogni struttura cerca la stabilità. E' quello che ho proposto al presidente Putin nel mio "piano antioligarchico": legalizzazione dei capitali e un'amnistia fiscale e legale, esclusi reati contro la persona, omicidi o estorsione violenta». Per cominciare una nuova vita da lunedì prossimo? «Per avviare gradualmente una trasformazione profonda. Oggi abbiamo quello che io chiamo "capitalismo periferico": fortemente monopolizzato, regolato da rapporti informali e non dal diritto, senza garanzie, che mischia capitalismo e tradizione, diritto e violenza, repressione politica e impunità per i corrotti. Attenzione: non è un sistema marcio, possiede una logica, è perfino capace di modernizzarsi fino a un certo punto. Ma non può dare alla Russia un futuro». L'economia però è in crescita. «Sì, per la prima volta, il 19 per cento del Pil in tre anni. Ma è una ripresa fragile, dovuta agli effetti della svalutazione del rublo del 1998 e ai prezzi sul petrolio. Rimane un'economia deformata dove l'BO per cento è occupato dalle materie prime, un settore che si alimenta di risorse e infrastutture create all'epoca delTUrss. Un terzo dei russi vive in miseria, con la risorsa medievale dell'orto privato. La distanza tra rapporti trionfalistici e una crisi devastante può essere coperta in pochi mesi». Esiste ima via d'uscita? «In economia è impossibile fermarsi e ricominciare da zero. Dobbiamo riformare gradualmente il sistema che abbiamo, senza distruggere gli attuali meccanismi. Non si può uscire dal "capitalismo periferico" senza una riforma istituzionale fondamentale, che garantisca innanzitutto i diritti, incluso quello alla proprietà. E' necessaria una liberalizzazione della società, della giustizia, dei media, la trasparenza del business e della burocrazia, la giustizia non deve più venire usata come strumento di ricatto e pressione nell'economia e in pohtica». Chi compirebbe questa rivoluzione? Lei stesso dice che il sistema accontenta tutti, salvo oligarchi troppo ambiziosi? «Q questa spinta verrà dal basso, o dall'alto. La società civile è debole, quasiinesistente...» E Putin proprio nella vicenda Yukos è stato accusato, forse per la prima volta, di debolezza e impotenza. «Credo che il presidente sia al corrente di tutta la situazione. Che aerò potrebbe diventare incontrolabile». Il mito dello zar buono circondato da boiardi cattivi è antico, è desolante che si continui a ragionare in queste categorie, non trova? «In un certo senso ciò viene dettato dalla peculiarità del sistema di potere russo. D'altra parte, se noi come popolo ci rassegniamo alla corruzione, alle città rase al suolo nel Caucaso, alla xenofobia crescente, all'assenza di giustizia, un'alternativa allo zar buono non esiste». Non è troppo ingenuo? «C'è stato qualcuno simile 15 anni fa ed è successo l'impossibile: è crollato il sistema sovietico». Lo zar buono è Putin? «Giudicate voi: l'alternativa è continuare come adesso». «La borsa è crollata, gli investitori fanno marcia indietro, il giro del mondo fatto da Putin per attirare capitali è in gran parte svalutato La medicina si rivela più pericolosa della malattia» «Molti uomini d'affari vogliono diventare puliti per lavorare con l'Ovest. Occorre un'amnistia fiscale e legale che escluda i reati più gravi contro la persona» «Oggi da noi esiste un "capitalismo periferico" non regolato, che mischia il diritto e la violenza la repressione e l'impunità Non è un sistema marcio possiede una logica ma non può dare un futuro stabile al Paese» L'economista Grigorij Javlinskij L'attacco giudiziario che vede come bersaglio Mikhail Khodorkovskij, il giovane «oligarca» più ricco del Paese, non è un caso, ma un'offensiva su tutti i fronti

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