DIRITTO DI SBIRCIATINA di Elena Loewenthal
DIRITTO DI SBIRCIATINA SPIARE IL DIARIO DEL FIGLIO NON E UN REATO DIRITTO DI SBIRCIATINA Elena Loewenthal PROPRIO peccato non è. Eppure è ancora da inventare un nome congeniale a questa specie di reato veniale, perpetrato da sempre entro le mura di casa. Una sentenza del Tribunale di Milano ha appena affermato che sbirciare nel diario del proprio figlio minore comporta una teoria di violazioni del nostro codice che vanno dal «furto semplice» alla «violazione della legge sulla privacy» fino alla «rivelazione di documenti segreti». Imputazioni tutt'altro che trascurabili, ma con una postilla finale che presumibilmente riporta il sorriso sulle labbra dei milioni di genitori macchiatisi di questo peccato assai poco originale: che risulta infatti ammesso, sulla base di interessi da soppesare caso per caso, in nome di una generica «giusta causa». Se dunque per un verso la sentenza ribadisce fermamente il rispetto della riservatezza e l'intimità dei figli, l'indebita intrusione fra le pagine del diario può essere giustificata in nome di un programma educativo congegnato nell'interesse del minore. Quelle parole depositate a tu per tu con la pagina sono insomma uno specchio insostituibile della personalità e, sempre che sia a fin di bene, la loro «esplorazione» non è punibile. La sentenza è in un certo senso un circolo vizioso: negare la giusta causa in quell'ambito di affetti che lega un genitore a un figlio dovrebbe essere impresa ardua, pressoché impossibile. Anche se forse i sentimenti non sono sempre così puri. E inoltre, come si configura questo «furto semplice»? Rubare parole e pensieri non significa portarli via, ma soltanto condividerli. Senza contare un altro aspetto: sbirciare nel diario è soltanto una fra tante, piccole intromissioni all'ordine del giorno, in famiglia. Quale madre che si rispetti non ha mai ispezionato il bagno in cerca di oggetti scabrosi quali un prematuro tubetto di mascara (per non dire altro), non ha mai mobilitato le narici per frugare con il fiuto dentro la sua borsetta, in cerca di sentori di fumo negato? Fare il genitore significa sapere essere a un tempo un po' confidente e un po' detective, seguire l'esile, e sfilacciato capo di un filo dentro un labirinto di incertezze. È un mestiere che spiazza: da un giorno all'altro conoscenze apparentemente acquisite si ritrovano capovolte, ostacoli insormontabili si spianano di colpo. Sfogliare un diario segreto è, fra i tanti soprusi che si possono commettere allevando dei figli, certamente uno fra i più innocui. Sempre che l'affetto impedisca di usare come arma impropria quello che gli occhi hanno colto. Sempre che si sia disposti a leggere su se stessi cose che si sarebbe preferito non sapere. Sempre che, in un'era come la nostra di sms e prodigi telematici sia rimasto qualche adolescente grafomane impenitente che in nome di una coraggiosa resistenza civile è ancora capace di tenere un diario, a portata di parentali sbirciate. elena.loewenthal@lastampa.it
Luoghi citati: Milano
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