«Signore, concedici la pioggia»

«Signore, concedici la pioggia» SI TORNA A PREGARE. UN'ANTICATRADIZIONE CHE VANTA NUMEROSI SUCCESSI «Signore, concedici la pioggia» Carlo Pettini IN tali tempi di siccità non si sa più che fare. Non piove, fiumi magri, laghi bassi, zolle impenetrabili e infeconde. La disperazione non stenta a far capolino neh'animo di tanti agricoltori, che vedono le loro coltivazioni al limite della resistenza, se non già largamente compromesse. H cittadmo, che non vive queste calamità direttamente sulla propria pelle, forse non sa più cogliere in pieno la portata drammatica di queste situazioni: si lamenta dell'afa, del caldo, compra un condizionatore, scappa, va al fresco e al massimo impreca, se aumentano i prezzi di frutta e verdura. H contadino soffre, invece. E quando si soffre «non si sa più a che santo rivolgersi». Sicuramente abbiamo tutti un ricordo di qualche film western in cui i nativi americani freneticamente danzano per invocare la pioggia. Non è difficile aver sentito parlare di strani rituali propiziatori in Africa. Chissà quanti cittadini e quanti giovani, invece, conservano ancora il ricordo delle «roga- zioni» in campagna: preghiere (dal latino rogare), antiche espressioni della fede popolare per rivolgersi a Dio e chiamare a raccolta tutti i santi, perché intercedano davanti ai pericoli che incombono. Sembra che le rogazioni abbiano origine pagana -le Ambarvaha, processioni che si snodavano nelle campagne per propiziare buoni raccolti e siano in seguito state codificate dalla Chiesa. Ci sono rogazioni maggiori, generalmente il 25 aprile, a carattere propiziatorio, e rogazioni minori, sorte nelle parrocchie rurah di Francia verso il VI secolo per «difendere la vita degh uomini dall'ira di un Dio che c'impaurisce in ogni luogo». Con il tempo questa connotazione di im Dio «dispettoso» è stata accantonata e, fino agh Anni '60 del secolo scorso, regolarmente, nei tre giorni che precedono l'Assunzione, si sono tenute queste processioni per tenere lontane le disgrazie. Oggi sono sporadiche nelle nostre campagne, ma ci sono preti, come il mio amico Beppe Bongiovanni, parroco di Paroldo nel Monregalese, che le hanno reintrodotte. Nella forma classica si compivano così: al mattino presto, prima che sorgesse il sole, sacerdoti e fedeh si radunavano in chiesa e iniziava la processione con il canto dell'antifona «Exurge, Domine». Il canto deUe litanie dei santi era un elenco di nomi famosi e familiari e poi s'invocava la misericordia di Dio e la sua liberazione dalle calamità più disparate : terremoti, fulmini, tempeste. I libri di preghiere contenevano anche formulari di ((imprecazioni», cioè preghiere contro gh insetti infestanti, o i vermi, i bruchi, i topi che insidiavano i raccolti. Classica era la lichiesta di pioggia nei periodi di siccità, la preghiera «ad petendam pluviam». La processione si snodava per le campagne con percorsi molto lunghi per toccare il numero maggiore possibile di campi, cappeUe e piloni votivi. Non erano infrequenti le hti e i malumori, perché tutti avrebbero voluto che la processione si fermasse presso il proprio possedimento. ((A Monteossolano (vicino a Domodossola), la processione deUe rogazioni era di smodata lunghezza, dato che si compiva in non meno di sette ore e vi era sempre dissenso sul giro da compiersi». In effetti, potrebbe sembrare un modo di pregare un po' utilitaristico: forse per questo motivo non è rientrato nei recenti appelli alla preghiera per la pioggia da parte di diverse autorità ecclesiastiche. Eppure questi riti sembra funzionino. Racconta un parroco trentino: «Nel '44 nel mio paese ci fu una grande siccità, così si fece un pelle grinaggio al santuario della Madonna delle Zenge. Due ore di cammino con gh ombrelli aperti. All'andata servirono per ripararsi dal sole, al ritorno per tenere via l'acqua. Bisogna credere. Senza fede, dove si va?». Però succede anche che a troppa fede - e a troppo spirito di inziativa - corrisponda troppa grazia. Una leggenda della Valtelhna parla di un rito presso l'antico borgo di San Salvatore di Albosaggia, relativo a «lavaggi di teschi» presi da un ossario sacro: «Durante im'estate particolarmente secca erano state fatte le rogazioni, ma tutto fu mutile, il sole continuava a splendere, della pioggia nemmeno l'ombra. Una vecchia contadina pensò allora, come estremo rimedio, a quei teschi miracolosi. Ne prese imo bello grosso e andò a lavarlo, sicura di ottenere l'effetto desiderato da tutti. Ah'improwiso il cielo si oscurò e cominciò a cadere la pioggia. Tutti furono presi da un'improvvisa allegria, ma presto la pioggia si trasformò in uragano e in un nubifragio che imperversò per giorni e giorni». Megho forse quando la preghiera «ad petendam pluviam» era ordinata dal vescovo e la cosa non era facoltativa. A quei tempi, generalmente veniva esaudita. L'Invocazione speciale «ad petendam pluviam» doveva essere ordinata dal vescovo: in questi casi veniva quasi sempre esaudita

Persone citate: Beppe Bongiovanni, Domine

Luoghi citati: Africa, Albosaggia, Domodossola, Francia, Monteossolano, Paroldo