«Quanti tulipani?» «Duemila»

«Quanti tulipani?» «Duemila» «Quanti tulipani?» «Duemila» Nelle telefonate in codice intercettate anche mazzi di rose e penne, soldi mai ROMA «Quanti tulipani devo portare?». «Duemila tulipani, come d'accordo». E' il passaggio centrale di una delle conversazioni telefoniche registrate dagli uomini del Nas dei carabinieri. I «tulipani» in questione, in realtà sono euro. Altre volte la contrattazione avveniva parlando di ((mazzi di rose» o di ((penne». I soldi, o meglio il prezzò per acquistare l'esame, non risulta mai in modo esplicito nelle intercettazioni in mano agli inquirenti. Sebbene in modo artigianale, corrotti e corruttori dello scandalo che sta scuotendo la facoltà di Giurisprudenza della Sapienza, avevano architettato un linguaggio in codice. Del resto, dicono le accuse, il meccanismo era ben collaudato e la compravendita andava avanti da almeno un paio d'anni. Secondo gh investigatori, a contrattare il prezzo dell'esame da comprare sarebbero state tre persone. Tre impiegati della facoltà. Due donne e un uomo. Sono Nicola Circosta, Matilde Mariani e Civita Ribaudi di Gaeta, ma residente da anni a Roma. Tutti e tre sopra i cinquant'anni. Una vita passata negli uffici amministrativi della Sapienza. Uffici che sarebbero diventati la centrale di smistamento della compravendita di esami. Gh investigatori, infatti, atiribuiscono agli impiegati un ruolo centrale nella vicenda. Sarebbero stati loro, stando alle intercettazioni telefoniche in mano al magistrato Vicenzo Barba, a fare da tramite tra i ragazzi e un manipolo di assistenti, compreso il professore associato Michele Gerardi, disponibili a promuovere studenti impreparati in cambio di denaro. Gh universitari che venivano contattati dai tre impiegati del¬ l'amministrazione, dovevano avere tutti una caratteristica precisa: appartenere a famighe facoltose. Uno di questi, è figlio ai un imprenditore della capitale proprietario di numerosi appartamenti in Costa Smeralda e, tra l'altro, di un jet privato. IL meccanismo con cui i ragazzi venivano agganciati resta uno degli aspetti da chiarire nell'inchiesta e sarà al centro degli interrogatori che si svolgeranno nei prossimi giorni. L'ipotesi è che la compravendita sia iniziata in sordina. Qualche caso isolato. Ma poi, visto che tutto filava liscio, i tre impiegati -accusati di associazione a delinquere avrebbero allargato il giro a numerosi studenti pronti a sborsare migliaia di euro per ottenere un «trenta» senza aver mai aperto libro. Dalle intercettazioni in possesso agli inquirenti, emeigerebbe che alcuni esami sono stati pagati anche cinquemila euro. Gh assistenti, da parte loro, avrebbero alzato i prèzzi, in divèisi casi, adducendo la scusa che serviva una ((mazzetta» ulteriore jier ungere anche i professori, titolari di cattedra. «Allo stato - dice un investigatore - non abbiano alcuna prova che i soldi finissero anche ai professori. Piuttosto, siamo propensi a ritenere che fosse un modo per estorcere una cifra di denaro più alta di quella inizialmente pattuita con lo studente». Intanto nei corridoi della facoltà, gh altri studenti, quelli esclusi dal (market» sussurrano le prime accuse. Un ragazzo che vuole restare anonimo rivela: «In molti, qua dentro, si erano accorti che tra il personale non docente c'erano alcuni che conducevano uno stile di vita di gran lunga al di sopra delle disponibilità economiche consentite dal modesto stipendio di assistente», [m.mon.]

Persone citate: Barba, Civita Ribaudi, Matilde Mariani, Michele Gerardi, Nicola Circosta

Luoghi citati: Roma