Nell'antro di Ermete

Nell'antro di Ermete STORÌA I LA NATURA TRA SCIENZA E MAGIA Nell'antro di Ermete LA DISCIPLINA DALLA QUALE SAREBBE NATA LA CHIMICA HA PORTATO FINO A NOI TERMINI DI PROVENIENZA ARABA: DALLASTESSAPAROLAALCHIMIAAD ALAMBICCO E AMALGAMA Alfredo Franceschini LA chimica è un po' l'erede dell'alchimia, quella sorta di arte magica che la precedette di oltre un millennio. Erede di tecniche, di strumenti, e anche di vocaboli: a cominciare proprio dal suo nome stesso: «chimica». Che appunto discende da «Alchimia», riproduzione fedele dell'arabo «Al-kimiya» (dove Al- è l'articolo, come in Almanacco, Alfiere, Algebra...). Sul suo etimo le ipotesi sono più di una. La più accreditata lo collega al greco tardo «Khyméia» = infusione: giacché in origine sarebbe stata l'arte di preparare succhi vegetali curativi. Altri pensano invece al nome copto dell'Egitto, «Khem» = Paese nero; l'Egitto, culla dell'alchimia, era infatti la Terra Nera per antonomasia, ogni anno ricoperta dallo scuro limo del NUo, a contrasto con le sabbie chiare circostanti. Comunque stiano le cose, l'alchimia per lungo tempo godette di diffuso prestigio; primi documenti risalgono al m secolo d.C., in Egitto appunto, e in special modo ad Alessandria, la capitale ellenistica. Antichi testi in greco erano attribuiti a Ermete Trismegisto (nome che significa «tre volte massimo»), mitico incrocio tra Toth, dio egizio della scrittura, e Hermes, dio greco protettore - fra l'altro deUe scienze (per inciso, «Antro di Ermete» si chiama il settore dedicato alla chimica della mostra sulla magia «Experimenta A te gh occhi» attualmente in corso a Torino). Personaggio storico fu invece Zosimo, filosofo egizio, primo a lasciarci scritti sulla trasmutazione dei metalli in oro. Agente di essa lo «Xerion» (dal greco «Xeròs» = secco), in origine un farmaco siccativo per le ferite; con gh arabi xerion divenne «Al-iksir», ed «Elisir» di Lunga Vita fu per gh alchimisti la forma liquida della Pietra Filosofale. Di tale Elisir si son perse le tracce: sopravvive invece, prosaico ma utile, il Bagno Maria, che si dice inventato da Maria Ebrea, favolosa alchimista del tempo. L'alchimia conobbe poi una seconda fioritura in Arabia, tra Vm e XI secolo: di qui, con le Crociate, passò in Europa, ove si diffuse tra XH e XVI secolo. Annoverò tra i suoi cultori (gh «Adepti») uomini della levatura, ad esempio, di Alberto Magno e Pico della Mirandola. La sua promessa di ottenere oro dal piombo o altri metalli «vili» sedusse pure qualche sovrano: da Carlo VI di Francia a Enrico IV d'Inghilterra e Emanuele Filiberto di Savoia; alchimisti di mezza Europa vennero alla corte di Rodolfo n di Asburgo, che presso il castello di Hradcany, a Praga, riservava loro la «Via dell'oro», meta obbhgata oggi dei turisti. Fulcro deh'arte alchemica era la «Grande Opera», che partiva da una «Materia Prima» scelta con cura e introdotta nell'«Uovo Filosofico»: un vaso con orifizio superiore, che andava chiuso con estrema diligenza (era il «Sigillo di Hermes», che inconsapevoli evochiamo quando parhamo di «chiusura ermetica»). Se l'adepto seguiva religiosamente i minuziosi dettami dell'Arte, giorno dopo giorno gh era dato assistere a una successione di colorazioni mirabili, e infine, dopo settimane di pazientissimo riscaldamento, alla nascita della magica «Pietra Filosofale». Pietra dalle virtù strabilianti: secondo l'alchimista Ortholain «può penetrare il mercurio e tutti i corpi duri o teneri e trasformarli in una sostanza atta a produrre l'oro». Secondo un altro celebre alchimista, Arnaldo da Villanova, «leva il veleno dal cuore... guarisce in un giorno un male che durerebbe un mese, in dodici giorni un male di un anno... rende al vecchio la giovinezza». Ovviamente questa scienza era manna per i ciarlatani: uno di questi fu probabilmente Faust, vissuto in Germania pare - ai primi del '500. Su di lui, nel 1587, uscì anonima la «Storia del dottor Johann Faust, deprecatissimo mago e negromante». Era nata la leggenda che attraverserà isecoh. Nel Sei-Settecento, infine, l'alchimia cederà lentamente il passo alla sua erede sperimentale e razionale, la chimica. E fra i vocaboli a lei trasmessi uno forse suggerisce, più di altri, l'immagine di fumosi laboratori alchemici medievali: 1'«Alambicco». Che banalmente, peraltro, discende dall'arabo «Àl-anbiq», a sua volta dal greco «A'mbix» = calice. Si rammenti, al proposito, che l'alambicco si differenzia dalla «storta» per un'apertura superiore, che serve a introdurre le sostanze da distillare. E' noto anche - per citare altri esempi - che l'alchimista credeva in arcane corrispondenze tra i metalli e i corpi celesti: oro/Sole, argento/Luna, ferro/Marte e così via; a Saturno associava il piombo, e ancora oggi noi chiamiamo «Saturnismo» Puitossicazione da piombo. Il pianeta Mercurio era invece collegato all'«Argentum vivum» (o «Hydrargyrum») dei Latini, talché dal '400 quel metallo verrà chiamato «Mercurio». Un altro lascito alchemico è ((Amalgama» (le amalgame sono le leghe del mercurio con gh altri metalli): l'arabo «Amal-algamaa» vale «Atto di unione», e per gh alchimisti indicava le (mozze» di Luna e Mercurio: nel loro linguaggio, la dissoluzione dell'argento ad opera del mercurio. In effetti l'amalgamazione è tuttora una tecnica usata per estrarre l'argento (e l'oro) dai suoi giacimenti. Un caso infine di falsa etimologia, che coinvolge un celebre adepto del XV secolo, Basilio Valentino. Di lui si sa poco; pare fosse monaco benedettino a Erfurt, in Germania. Si narra che, esperto di farmaci, avesse curato dei confratelli con unguenti a base di ((Antimonio», metallo assai tossico che avrebbe portato a morte i poveri monaci: di qui appunto ((Anti-monio». Ipotesi attraente, smentita purtroppo dal latino medievale «Antimoniuin», usato da Costantinus Africanus già quattro secoh prima. L'etimo vero, fra l'altro, è incerto: forse l'arabo «Al-ithmid», che designava il minerale Antimonite (solfuro di antimonio). TUTTO SUL PETROLIO m Un utilissimo «Glossario dell'industria petrolifera» è stato pubblicato a cura di Giuseppe Bolondi con la collaborazione di Eni Corporate University e della Scuola Enrico Mattel. Le discipline toccate nelle 714 pagine dell'esauriente volume spaziano dall'ecologia alla geofisica, dai marketing dei prodotti petroliferi alla chimica (gran parte della quale si occupa proprio della utilizzazione di prodotti derivati dal petrolio), dalle ' unità di misu ra alle questioni energetiche. Una curiosità da sottolineare: tra le voci è presente anche il «Club di Roma», l'organizzazione non-prof it costituita nel 1968 cui si deve il famoso «Rapporto sui limiti dello sviluppo» dove, tra l'altro, si prevedeva l'esaurimento del petrolio entro l'inizio del 2000. Benché questa e altre previsioni non si siano realizzate, il glossario dell'Eni riconosce che quel lavoro rappresentò senza alcun dubbio «un punto férmo importante, perché momento di consapevolezza della necessita di uno sviluppo sostenibile».