Dai linfociti il il segnale d'allarme per prevenire il diabete giovanile

Dai linfociti il il segnale d'allarme per prevenire il diabete giovanile PROBLEMA SOCIALE IN ITALIA 50 NUOVI CASI ALL'ANNO PER MILIONE Di ABITANTI Dai linfociti il il segnale d'allarme per prevenire il diabete giovanile LA DIAGNOSI PRECOCE DEVE AVVENIRE PRIMA CHE VENGANO DISTRUTTE LE BETA-CELLULE PANCREATICHE. «TETRAMERI», EFFICACI ESCHE MOLECOLARI E' il pancreas con l'insulina prodotta dalle «isole del Langerhans» a regolare gli equilibri zuccherini del sangue Roberto Mallone (*) Paolo Cavallo-Perin (*) L diabete giovanile (o diabete tipo 1, in contrapposizione al diabete tipo 2 dell'anziano) colpisce prevalentemente bambini e adolescenti, con una frequenza in Italia di 50 nuovi casi ogni milione di abitanti all'anno. Fa eccezione la Sardegna, dove il numero di casi annui è 6 volte maggiore rispetto alla media nazionale, simile a quello di altri paesi ad elevata incidenza, come la Finlandia. Nei bambini diabetici, le betacellule del pancreas che normalmente producono l'insulina vengono distrutte dal loro stesso sistema immunitario. Questo processo viene avviato da cellule del sangue chiamate linfociti T. I linfociti T normalmente difendono il nostro corpo attaccando invasori esterni quali virus e batteri, ma talora fanno lo stesso con i nostri stessi tessuti. Questo auto-attacco (detto anche autoimmunità) causa la distruzione delle beta-cellule del pancreas deputate alla produzione di insulina, per cui viene a mancare l'ormone che normalmente controlla la quantità di glucosio presente nel sangue. Il glucosio non più' controllato dall'insulina sale vertiginosamente, in particolare dopo i pasti, provocando "ipei^ghcemìa . I linfociti T distruggono erroneamente le beta-cellule del pancreas perché frammenti proteici di questo tessuto vengono impropriamente riconosciuti e scambiati per invasori estemi. In seguito a tale riconoscimento, i linfociti T si attivano, ovvero iniziano a distruggere i tessuti da cui questi frammenti derivano ed istruiscono altre cellule del sistema immunitario a fare altrettanto. Alcuni individui sono più predisposti a sviluppare il diabete giovanile perché i loro linfociti T sono geneticamente più suscettibili all'errore nel riconoscimento. Essendo la suscettibilità ereditata per via genetica, parenti di individui diabetici sono essi stessi soggetti a rischio per diabete giovanile. Tali soggetti a rischio possono essere identificati con test genetici ed altri esami, ma questa informazione è di limitata utihtà. Solo una piccola percentuale di soggetti a rischio finisce infatti per sviluppare il diabete e, nel momento in cui questo può essere diagno¬ sticato con certezza, la distruzione delle beta-cellule pancreatiche è ormai completa. A questo stadio, si può ormai soltanto somministrare l'insulina mancante sotto forma di ripetute iniezioni quotidiane. Sarebbe invece molto più soddisfacente poter arrivare prima alla diagnosi, in modo da preservare le beta-cellule ed evitare la dipendenza dall'insulina che caratterizza il diabete giovanile. A tale scopo, nuove molecole sintetiche chiamate "tetrameri MHC di Classe E" sono state sviluppate al Benaroya Research Institute di Seattle e potrebbero in futuro permettere una diagnosi più precoce identificando chi, tra i soggetti a rischio, svilupperà il diabete. I tetrameri sono esche molecolari che riconoscono selettivamente quella piccola frazione di linfociti T autoreattivi responsabili del diabete. Si tratta di molecole sintetizzate in laboratorio che riproducono il frammento di proteina del pancreas riconosciuto dai linfociti autolesivi. Tale frammento è inserito in un'altra molecola detta MHC di Classe H, la "cornice di lettura" specifica per ogni individuo nel contesto della quale il frammento viene riconosciuto. Con i tetrameri, è possibile controllare periodicamente i soggetti a rischio e, in base al numero e/o alle caratteristiche dei loro linfociti T, predire se e quando l'attacco contro le beta-cellule pancreatiche avrà luogo. Quando i linfociti T riconoscono erroneamente i frammenti di pancreas, essi iniziano a moltiplicarsi e ad attivarsi, distruggendo le betacellule. Pertanto, quando il nu- mero o lo stato di attivazione dei linfociti T riconosciuti dai tetrameri aumenta, è possibile prevedere che la battaglia contro le beta-cellule è imminente. Questa previsione è molto importante in quanto indica il momento migliore per intervenire, tentando di fermare i linfociti T anomah. Si tratta di far riguadagnare a tah linfociti la cosiddetta "toUeranza immunologica" perduta, ovvero indurli nuovamente a non attaccare i tessuti propri deU'individuo, ma a convivere pacificamente con essi. Uno degh approcci più promettenti a questo scopo è somministrare, sotto forma di vaccino, versioni lievemente modificate degh stessi frammenti proteici derivati dal pancreas. Tah frammenti modificati "ingannano" i linfociti, venendo riconosciuti ugualmente ma inducendo in essi uno stato di riposo piuttosto che di attivazione. Bloccare l'attacco al pancreas dall'inizio potrebbe potenzialmente curare la malattia. Grandi speranze sono riposte in questa nuova tecnologia. L'Istituto Superiore di Sanità' americano (NIH), ha finanziato un importante progetto di ricerca collaborativo chiamato Immune Tolerance Network, della durata di 7 anni e con 15 sperimentazioni cliniche attualmente in corso. Nell'ambito di questo progetto, giovani già diabetici o a rischio vengono identificati, vaccinati periodicamente con frammenti proteici del pancreas e seguiti nel tempo con i tetrameri per valutare il loro rischio iniziale e la successiva risposta al vaccino. I risultati raccolti nei prossimi anni consentiranno di chiarire molti dei meccanismi alla base dell'autoimmunità nel diabete e di generare nuovi strumenti per una diagnosi più precoce, creando le premesse per una terapia più efficace. (*) Benaroya Research Institute, Seattle (Usa) e Università di Torino

Persone citate: Classe, Classe H, Paolo Cavallo, Perin, Roberto Mallone

Luoghi citati: Finlandia, Italia, Sardegna, Seattle, Torino, Usa