E impossibile essere liberi se mancano le virtù civiche

E impossibile essere liberi se mancano le virtù civiche E impossibile essere liberi se mancano le virtù civiche N Oltre il nulla Franco Cassano presenta un Leopardi che riflette sul declino della virtù civile nel mondo moderno. Sul medesimo tema insiste anche un altro testo da poco pubblicato, il dialogo De Libertate scritto dall'umanista fiorentino Alamanno Rinuccini nel 1479, quando Lorenzo de' Medici aveva ormai consolidato il suo regime all'ombra delle istituzioni repubblicane. Chi abbia voglia di legger l'uno dopo l'altro questi due piccoli libri può capire perché è sempre stato tanto difficile, per noi italiani, vivere liberi. Nel suo saggio Cassano si allontana dalla tesi del Leopardi progressivo che si ritrae dalla politica perché deluso dal moderatismo dei suoi tempi. Sottolinea che quel suo ritrarsi nasceva dalla convinzione disincantata che la filosofia dominante aveva reso la virtù politica ridicola. «Non fa molto onore - scrive Leopardi nei Pensieri -, non so s'io dica agli uomini o alla virtù, vedere che in tutte le lingue civili, antiche e moderne, le medesime voci significano bontà e sciocchezza». A l'uria di disingannare, atterrare, toghere, spogharsi, criticare, incalza Leopardi, la ragione moderna ha distrutto quelle illusioni antiche che erano la radice della RECENMaV virtù civile: «ne' miei scritti io non lascio [...]di deplorare, sconsigliare e riprendere lo studio di quel misero e freddo vero, la cognizione del quale è fonte di noncuranza e infingardaggine, o di bassezza d'animo, iniquità e disonestà di azioni e perversità di costumi: laddove, per lo contrario, lodo ed esalto quelle opinioni, benché false, che generano atti e pensieri nobili, forti, magnanimi, virtuosi ed utili al ben comune o privato». Leopardi non difende l'amore degli antichi per la grandezza e la gloria in nome del risentimsnto aristocratico contro l'uguaglianza, come farà Nietzsche, ma in nome della libertà e dell'uguaglianza: «quando le virtù civi- IONE lio li che mancano o sono poco diffuse allora non è più possibile "mantenere relativamente e generalmente lo stato uguale e libero di un popolo", ed ogni cittadino non sarà più capace di governarsi con gli altri ma soltanto di sceghere di "servire o regnare"». Mentre riconosce il nesso necessario fra libertà politica e virtù, Leopardi mette in risalto anche il legame «intimo e profondo» fra virtù e ostilità. Seguendo Montesquieu, Leopardi osserva che la virtù e la grandezza antiche nascevano dall'amore della patria; ma sottolinea del pari che l'amore della patria spingeva a guardare lo straniero «come se fosse di altra razza d'uomini», e per questa ragione «un popolo libero al di dentro era sempre tiranno al di fuori». Scritto quasi quattro secoli prima, quando moriva la libertà politica a Firenze, il dialogo De libertate - curato da Giuseppe Civati - dimostra che i pensieri di Leopardi sulla virtù e la libertà avevano radiciforti nel pensiero politico repubblicano italiano. Alamanno Rinuccini mette infatti in rilievo che il regime mediceo si era potuto affermare in Firenze per 1' "ignavia" del popolo che aveva perso l'attenzione e la preoccupazione "nei confronti della libertà" e accettava di essere sottoposto all'arbitrio altrui. Fin quando a Firenze brillava l'acutezza d'ingegno, l'eloquenza e il patriottismo dei cittadini, «uomini nobili disputavano liberamente prò o contro le decisioni da assumere, in modo tale che si percepiva cosa vi fosse di vero nelle diverse opinioni», e di conseguenza i consigli sovrani deliberavano per il bene pubblico. Indebolita la virtù, la via dei pubblici onori si è aperta agli arroganti e ai loro strumenti, gli uomini «che possono umilmente servire in ogni ambito». Leopardi guarda alle repubbliche antiche quah esempi di virtù civile; Rinuccini cita quah esempi gli antenati che sapevano prendersi cura della libertà e difendere gelosamente l'uguaglianza politica e civile cacciando, se necessario, quei cittadini potenti che volevano farsi signori della città. Il primo parla della virtù politica come di una realtà (o di un mito) lontanissimo nel tempo; il secondo come un ricordo ancora ben vivo. Ma tanto Leopardi quanto Rinuccini ritengono che l'unica possibilità, di fronte al trionfo dell'egoismo, della meschinità e dell'ignavia, è distaccarsi dalla pohtica e volgere i propri pensieri alla saggezza. Diverso il linguaggio, diversi i presupposti culturali, medesima conclusione: senza virtù civile l'unica libertà che resta è quella della mente, non più quella di vivere da cittadino. Franco Cassano rimprovera gli studiosi del repubblicanesimo e delle virtù civili in Italia, fra i quah anche chi scrive, di non aver prestato attenzione alle riflessioni di Leopardi, «la cui complessità sembra invece poter contribuire alla ricostruzione delle linee di una "tradizione itahana"». Ha perfettamente ragione. L'ATTUALITÀ DEL PENSIERO DI LEOPARDI IN UN SAGGIO DI CASSANO, A CONFRONTO CON UN DIALOGO DEL RINUCCINI NELLA FIRENZE DI LORENZO DEI MEDICI RECENSIONE Maurilio Viroli Franco Cassano Oltre il nulla. Studio su Leopardi Laterza, pp. 96, C 5 Alamanno Rinuccini Dialogus De libertate Vittorie Ed., pp. 157,610 SAGGI Particolare dalle «Allegorie ed effetti del Buono e del Cattivo Governo» dipinte nel Palazzo Pubblico di Siena da Ambrogio Lorenzetti

Luoghi citati: Firenze, Italia, Siena