A che GULAG giochiamo pa Occidentale governata da signori vestiti con cappotti rossi e collari bianchi che possiedono lavoratori, pagati assai male». Piccoli e deboli, appena varcato il cancello i minori diventavano preda dei criminali reclutati dal parti

A che GULAG giochiamo pa Occidentale governata da signori vestiti con cappotti rossi e collari bianchi che possiedono lavoratori, pagati assai male». Piccoli e deboli, appena varcato il cancello i minori diventavano preda dei criminali reclutati dal partiI BAMBINI E I LAGER SOVIETICI: IL LIBRO-INCHIESTA DI UNA GIORNALISTA DI WASHINGTON SOLLEVA IL VELO SU UNA REALTÀ AGGHIACCIANTEI A che GULAG giochiamo pa Occidentale governata da signori vestiti con cappotti rossi e collari bianchi che possiedono lavoratori, pagati assai male». Piccoli e deboli, appena varcato il cancello i minori diventavano preda dei criminali reclutati dal partito comunista per terro Maurizio Molinari corrispondente da NEW YORK LA vita nell'arcipelago Gulag era assai peggio di come la descrisse Alexander Solzenicyn, ma quei crimini nel dopo-Guerra Fredda sono stati dimenticati da un Occidente che considera l'emblema della falce e martello un' elegante reliquia politica, senza il disprezzo che conserva per la svastica nazista. E sono ignorati dalla Russia post-comunista, che non ha neanche un museo per ricordare cosa avvenne a milioni e milioni di vittime. Il duro atto d'accusa è contenuto nelle 678 pagine disseminate di fatti, nomi e numeri frutto di un'inchiesta di cinque anni negli archivi dell'ex Urss condotta da Anne Applebaum, giomahsta del Washington Post. Gulag - A History (Gulag, una storia) edito negli Stati Uniti da Random House è un racconto dettagliato nell'universo concentrazionario attraverso il quale passarono 18 milioni di persone fra il 1923, quando aprì il primo campo sull'isola Solovetsky, ed il 1953, anno della morte di Stalin, ed altri milioni fino all'amnistia generale proclamata da Mikhail Gorbaciov nel 1986 (sebbene gli ultimi arresti avvennero da parte del Kgb nel 1989). Fra le storie meno note che emergono pagina dopo pagina, c'è quella di milioni di bambini imprigionati da soli o con le loro madri, nati nei gulag, strappati alle madri per essere sorvegliati in gruppo da brutali baby-sitter che per punirli di notte gli toghevano i pigiami lavandoli nell'acqua ghiacciata a temperature polari. Così l'ex dissidente Hava Volovich ricorda la sua piccola Eleonora: «Aveva solo 15 mesi quando me la levarono, si accorse presto che le sue richieste di "casa" con quella baby-sitter erano vane, imparò a non gettarsi verso di me quando andavo a trovarla per allattarla, nel suo ultimo giorno di vita picchiava con il suo piccolo pugno su di me, ritrovai il corpicino nudo nell'obitorio assieme a quelli di altri adulti». Disseminati lungo i 12 fusi orari del territorio dell'ex Urss vi erano circa 500 campi destinati a prigionieri di tipo diverso - condannati ai lavori forzati, catturati in guerra, kulaki, esiliati, per motivi politici - dei quali l'amministrazione sovietica tenne una documentazione così dettagliata da sfidare ciò che in genere si pensa dell'efficienza russa: l'appendice al libro contiene, gulag per gulag, numeri di presenze, decessi, arrivi e (poche) partenze. Anche i «Gulag per bambini» furono ben documentati: i primi vennero creati negli anni Trenta. All'inizio la maggioranza dei prigionieri erano adolescenti di strada e orfani causati da carestia. collettivizzazione, arresti di massa e guerra civile seguiti alla rivoluzione bolscevica. Una legge approvata nel 1935 consentiva di punire un dodicenne come un adulto e la polizia fu in grado di arrestare ogni bambino che rubava per mangiare. I documenti trovati negli archivi della pohzia segreta indicano in 52.830 il numero di bambini inviati nelle «colonie di lavoro ed educazione» solo nel periodo 1943-45. Una volta nei campi, i bambini venivano rinchiusi in celle collettive ed interrogati come adulti. Il quattordicenne Pyotr Yakir, figlio di un generale dell'Armata Rossa, venne accusato di organizzare la «cavalleria anarchica» portando come prova il fatto che sapeva andare a cavallo. Il polacco Jerzy Kmiecik, 16 anni, catturato nel 1939 al confine sovieticoungherese dopo la spartizione del suo Paese fra Hitler e Stalin, venne accusato di essere una spia inglese. L'ufficiale che lo interrogava gli chiese «quanti soldi ti ha dato Churchill?» ed il verbale attesta che Jerzy rispondeva chiedendo chi fosse Churchill. Una volta intemati, i bambini non erano esonerati dai lavori forzati: un loro campo negli anni Quaranta venne creato a Norilsk, dentro il circolo polare artico dove le temperature possono scendere in inverno a 30-40 gradi sottozero. Il gulag conteneva migliaia di prigionieri e circa mille erano bambini che avevano due occupazioni: lavorare in una fabbrica di mattoni e spalare la neve. I regolamenti della polizia segreta prevedevano che i bambini fra i 12 e 16 anni alternassero 4 ore di lavoro e 4 di scuola ma in posti come Norilsk non c'era nessuna scuola. A Kmiecik le lezioni invece si tenevano e si insegnava, ad esempio, che «l'Inghilterra è un'isola nell'Euro¬ pa Occidentale governata da signori vestiti con cappotti rossi e collari bianchi che possiedono lavoratori, pagati assai male». Piccoli e deboli, appena varcato il cancello i minori diventavano preda dei criminali reclutati dal partito comunista per terrorizzare i prigionieri pohtici. «I criminali avevano trasformato questi ragazzi in servi, schiavi muti e, in alcuni casi, inprostituti e prostitute - racconta l'ex prigioniero Lev Razgon - ed il risultato fu che questi bambini manifestarono presto un disprezzo assoluto della vita, crudeltà e ferocia senza freni nei confronti di chiunque e di se stessi, c'erano bambini che uccidevano per una razione di pane o perché la vittima aveva perso al gioco la propria vita e c'erano bambine orgogliose di poter soddisfare da sole una intera squadra di taghaboschi, non era rimasta in loro una briciola di umanità». A differenza dei lager nazisti, i gulag non erano stati pensati per sterminare in massa ma per terrorizzare la popolazione. Uno degli effetti fu che i detenuti definivano il mondo fuori dal recinto con il termine «Bolshaya Zona» - zona estema - perché oramai consideravano l'intera Urss un immenso campo di concentramento, avevano perso anche l'idea della libertà. Per sottolineare l'impatto dell'arcipelago concentrazionario sulla psicologia russa l'ex dissidente Natan Sharansky racconta quanto avvenne all'estone Harold Kivilio: liberato dopo 25 anni, venne affidato a sua sorella, unica parente ancora in vita, che lo andò a prendere in macchina all'uscita e per prima cosa gli chiese di non parlare a nessuno dell'esperienza passata, Kivilio fermò l'auto e se ne andò via, non vedendola mai più. Per descrivere la vita nel gulag la Applebaum ricorre al suo vocabolario: le donne incinte erano «libri» e quelle con bambine «ricevute», gli esiliati «spazzatura» e quelli sotto inchiesta «buste», le zone del campo «fabbriche». Un gergo che nascondeva la realtà ed entrava, in alcuni casi, nel linguaggio quotidiano di molti russi. A Alcuni ragazzi fra le baracche dei lavoratori addetti alla costruzione di un bacino artificiale sul fiume Dnepr. Furono 52.830 i bambini inviati nelle «colonie di lavoro» tra il 1943 e il '45

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